Una mattina, leggendo il giornale, Tanizaki è colpito dalla foto di un attore seduto su una veranda nei panni di un samurai. Osservandolo meglio, scopre che con impercettibili accorgimenti e controllando la respirazione è riuscito a produrre una forma circolare, che parte dal collo e dalle spalle e prosegue lungo le maniche: "Sembrava che se ne stesse seduto lì per caso, e invece obbediva alle regole del kabuki, sicché persino le pieghe del suo kimono si distinguevano le une dalle altre in maniera del tutto naturale". Solo la maestria - una perizia tecnica che si acquisisce grazie a un lungo, arduo tirocinio - può condurre a esiti di così sublime eleganza. Arte come sacrificio e dedizione, dunque, come opera "ben fatta", per il puro piacere della perfezione. In un gioco di contrasti e dissolvenze fra mondo passato e moderno, orientale e occidentale, Tanizaki ci offre un'inedita visione di pittura, letteratura, teatro e cinema e - in un dialogo intessuto di rimandi e corrispondenze fra continenti, epoche e stili - evoca un'arte universale, capace di coinvolgere l'anima e il corpo e non solo l'intelletto. Nel contempo, ci svela la sua poetica: l'ammirato tributo ai valori dell'umiltà e della perseveranza con cui gli orientali percorrono la via dell'arte affinando tecnica e talento, la commossa evocazione dell'antica poesia giapponese, l'entusiasmo per la forza espressiva del cinema tedesco e l'analisi del genio smart di Chaplin, la passione per Goethe e Schnitzler e le riserve su Balzac.
Tanizaki (1886-1965) fu esponente di una cultura letteraria orientale aperta agli influssi occidentali, senza però mai dimenticare le tradizioni specificamente giapponesi, come risulta dal suo famoso "Linea d'ombra". Oscillando tra sensualità morbosa (intrisa di masochismo, di idealizzazione della donna-crudele, della donna-vampiro) e minuziosa analisi dei movimenti psichici, questo narratore ci offre storie ambigue e struggenti come "L'amore di uno sciocco", "La chiave", "Diario di un vecchio pazzo".
"Fra i sensi l'Occidente ha privilegiato la vista, da cui è partito per la sua geometrizzazione dell'esperienza, e ha così svalutato altre sensazioni (auditive, olfattive, tattili, eccetera). E' contro tale guasto, o squilibrio, nell'ecologia della sensibilità, che Tanizaki reagisce in "Libro d'ombra"...Leggendo questo saggio ci si rende conto di come tutta la nostra civiltà, tutta la nostra vita quotidiana, e dunque anche l'idea che ci facciamo del piacere, siano fondate sull'irritazione di alcuni sensi e sull'atrofizzazione di altri, mai su un tentativo di armonizzazione". Dalla nota di Giovanni Mariotti.