L’ultimo Marx, confrontandosi con i populisti russi e la questione agraria, propone di leggere la storia non secondo la consueta visione unilineare e a stadi, ma secondo l’immagine delle stratificazioni geologiche. Questo libro riprende l’intuizione marxiana per decostruire la filosofia della storia con la quale viene abitualmente identificato il ‘materialismo storico’. Tale termine, mai impiegato da Marx, che utilizza invece le espressioni «materialista pratico» e «materialista comunista», non costituisce un passepartout per la comprensione della storia, ma è piuttosto una modalità pratica di intervento nella storia.
Nelle due sezioni di questo libro viene mostrato come la riflessione sulla storia sia strettamente intrecciata attorno a due nodi: comprensione della crisi e intervento politico. Solo quando l’ipotesi della crisi come anticamera del crollo viene abbandonata, Marx inizia a riflettere sulla connessione tra ‘centro’ e ‘periferia’, tra produzione ad alta tecnologia e forme di lavoro ad alto sfruttamento assoluto. Proprio questa riflessione, iniziata da Marx a partire dagli anni Sessanta, si rivela particolarmente fruttuosa oggi per comprendere fino a che punto, nel mercato globalizzato, Silicon Valley si combina con vecchie e nuove forme di lavoro schiavistico nelle più disparate parti del mondo. Ma questo intreccio può essere colto solo in forza di una diversa concezione della storia, che accantoni la consueta immagine storicistica della locomotiva del progresso che si lascia alle spalle forme arretrate o residuali.
Le due appendici, sul 18 brumaio e sull’accumulazione capitalistica, costituiscono due tentativi di confronto con la storiografia marxiana. Viene qui mostrata la potenzialità di una lettura della pluralità dei tempi storici, dei loro attriti e delle possibilità di riattivare un’alternativa al corso della modernizzazione capitalistica.