«Potrebbe essere accolto tra gli eterni soltanto per una riga lasciata in uno dei suoi libri o semplicemente affidata a una lettera. Che cosa ha di magico la sua scrittura, sovente non curata, il più delle volte vergata in fretta per il disperato bisogno di denaro?». A questa domanda risponde Armando Torno con un suggestivo percorso trasversale tra i capolavori di Dostoevskij, dai Fratelli Karamazov ai Demoni, dal Diario di uno scrittore all'Idiota, opere che hanno interrogato con insuperata profondità i temi fondamentali della nostra esistenza: Dio e il male, la libertà e gli abissi dell'anima, le leggi che regolano la storia. Da questo profilo emerge uno scrittore incessantemente assetato di Dio.
Stalin andava quasi ogni sera al Bolscioi, percorrendo un corridoio sotterraneo segreto. Spesso gli artisti ricambiavano la cortesia e si recavano al Cremlino. Tra essi, una donna ebbe un rapporto privilegiato con il dittatore: Olga Lepeshinskaya, prima ballerina a Mosca dal 1933 al 1963. Stalin le portava delle rose in camerino, poi cenava con lei e le chiedeva di danzare. Dopo la fine della guerra fredda e la dissoluzione dell'Unione Sovietica, dagli archivi, dalle biblioteche, ma soprattutto dalle confidenze personali di molti protagonisti della storia russa emergono racconti sorprendenti.
Sommario
Prefatio dolorosa. 1. Il catalogo di Voltaire e la volpe russa. 2. Le tesi di Lenin sono nel menù . 3. Un pinguino per Eisenhower. 4. Tolstoj sul divano verde . 5. Il pendolo di Jasnaja Poljana . 6. Segreti della Stalinka. 7. «Non uccidete lo Zar». 8. Le rose di Stalin. 9. Pasternak e Togliatti. 10. Simenon: l’indizio è in una pipa. 11. Chruščëv e il falso della scarpa. 12. Una lettera per il Papa. 13. Il modesto comò del dottor Čechov. 14. Una beauty farm nel bunker. 15. Leggere De Amicis nella dacia di Gorki. 16. La notte in cui l’Urss si fermò per Glenn Gould. 17. Cervelli da clonare. 18. Quando Dostoevskij dormiva nel baule. 19. Il mistero delle dodici stazioni. 20. Una lunga scia di fuoco. 21. Le spie in cantina. 22. Come i cosacchi inventarono il bistrò
Note sull'autore
Armando Torno è stato fondatore e responsabile del supplemento culturale “Domenica” de Il Sole 24 Ore e responsabile delle pagine culturali del Corriere della Sera. Ha frequentato la Russia per oltre un decennio ed è stato l'unico giornalista italiano ad accedere alla biblioteca di Stalin. I suoi libri sono stati tradotti in francese, inglese, tedesco, russo, svedese, sloveno e portoghese.
Alla vigilia del bicentenario della nascita, il maestro Riccardo Muti dedica a Verdi questo libro che è insieme un omaggio appassionato al compositore e un viaggio nelle sue opere. Ed è anche un tentativo - da parte del suo massimo interprete assieme a Toscanini - di fargli riconoscere nella storia della musica l'importanza che merita. Se infatti Mozart o Wagner sono indiscutibilmente considerati giganti nei loro Paesi d'origine e nel mondo intero, da noi Verdi è spesso stato presentato come il compositore dei motivetti facili e orecchiabili ed è stato in molti casi eseguito senza rispetto filologico, come se le sue partiture potessero essere modificate e adattate a piacimento. Ma Verdi - argomenta Muti - è un genio assoluto, è il patriarca della musica italiana e, se pure mette in scena le grandi passioni umane, lo fa sempre nella cornice di una straordinaria raffinatezza e nobiltà delle espressioni. Nelle pagine di "Verdi, l'italiano", i lettori vengono quindi accompagnati a scoprire il vero fascino di questo musicista, scandagliando il perfetto accordo tra parole e note che fa di ogni sua opera un capolavoro di teatro. Ma la grandezza di Verdi sta anche nella tragedia dell'uomo moderno davanti a Dio come resa nel Requiem, nell'interpretazione dello spirito italiano che lo fece addirittura assurgere a bandiera del Risorgimento e in opere assolute quali Otello e Falstaff, frutti di una finissima consapevolezza dell'incedere verso il tramonto della vita.
"Questo libro non è una vera e propria apologia dell'egoismo, ma un invito a pensare di più a se stessi. O se volete: a non farsi male ogni giorno più di quanto ce ne fanno gli altri. In un mondo dove lo Stato ormai rapina i contribuenti con le tasse e non restituisce i servizi che i politici promettono durante le campagne elettorali (l'Italia insegna) e in cui le religioni predicano cose tanto belle ma non offrono esempi edificanti, vale la pena riscoprire l'amor proprio. O, quanto meno, arrangiarsi per sopravvivere. Insomma, non lasciamoci schiacciare da questo o quello, perché nessuno alla fine ci ringrazierà. Le opere buone, dopo aver dato agli altri quel che ci è possibile, è giunto il tempo di compierle anche e soprattutto per noi. I periodi di crisi inducono alla legittima difesa. Poi penseremo meglio anche al prossimo. Come? Con filosofia o con qualcosa che le assomiglia." (Armando Torno).
Gli ultimi anni hanno visto il ritorno silenzioso dello spirito conservatore: non solo in politica, ma anche nella vita quotidiana gli uomini dell'Occidente sembrano dividersi in due categorie: i conservatori e quelli che si apprestano a diventarlo. Tutti cercano di conservare quello che hanno: la propria bellezza, il proprio corpo, la propria prestanza, il proprio status. Il tempo è il nemico per eccellenza ed è sempre più diffusa una passione nostalgica che ci fa idealizzare quel che apparteneva al passato, nel più sentito scetticismo per il futuro e spesso nella delusione per il presente. Non tutto è male, però, in questa tendenza conservativa, anzi: il passato è da sempre un bene prezioso e forse il '900 ci aveva fatto trascurare le nostre origini e la nostra storia.
Un'esistenza straordinaria e al tempo stesso semplicissima, nella quale il Vangelo è stato punto di riferimento indiscusso: ecco la biografia di Chiara Lubich che si dipana in queste pagine. Un racconto cronologico che non vuol essere agiografico né confondere la figura della fondatrice con la sua opera. Chiara, insomma, con la fede e la volontà, le sue opere e i riconoscimenti; ma anche con i dubbi e i dolori che ognuno di noi incontra.
DESCRIZIONE: Se c'è un pianista, nel Novecento, al quale si possa applicare la categoria di «aura» questi è certamente Arturo Benedetti Michelangeli. Un suono, il suo, nel quale si univano unicità e trascendenza. Partendo da alcuni incontri, avvenuti tra il 1994 e il 1995, l’autore ritrae il maestro nel suo ritiro a Pura, vicino a Lugano. Emerge il profilo di un uomo dai tratti francescani: l’ascetismo s’era fatto forma di vita, in una circolarità tra arte ed esistenza. Come se l’interpretazione musicale facesse tutt’uno con un’etica di rara intransigenza. Sono pagine che non descrivono Michelangeli, ma con accenni - alcuni dialoghi, i gesti, i silenzi, le collere - cercano di trasmettere al lettore quell’indefinibile tonalità che l’ha reso un classico.
COMMENTO: Un ritratto a tutto tondo del celebre musicista, uno dei più grandi pianisti del '900, che ridà il senso della sua avventura intellettuale.
ARMANDO TORNO (Milano 1953) è editorialista del «Corriere della Sera». Tra i suoi scritti, pubblicati da Mondadori, ricordiamo: Quel che resta di Dio; Mozart a Milano; La moralità della violenza; Le virtù dell'ozio; La truffa del tempo.