Della filosofia analitica, una delle tradizioni filosofiche più diffuse nel mondo occidentale, il volume ricostruisce la storia complessiva, dalle origini più remote fino ai giorni nostri. Il racconto inizia con un prologo, in cui vengono presentati alcuni episodi significativi della "preistoria" della filosofia analitica: episodi accaduti nel corso dell'Ottocento quando, a partire dal confronto con l'eredità di Leibniz e sotto il segno di una parziale presa di distanza da Kant, una logica matematica e non psicologica prese corpo e si sviluppò, seguendo un itinerario non lineare che ebbe le sue tappe principali nell'impero austriaco, in Germania e in Gran Bretagna. Da queste vicende ottocentesche della logica è nata la filosofia analitica, la cui storia vera e propria - iniziata in Europa, estesasi negli Stati Uniti d'America e, più di recente, diventata globale - in questo volume viene suddivisa e raccontata in tre fasi principali: una fase delle origini, rivoluzionaria, pionieristica e ottimistica (1899-1936); una fase di maggiore scetticismo ma anche di normalizzazione, intesa come il processo di "fissazione" di un paradigma scientifico (1936-1973); e una fase caratterizzata dall'adesione a un "canone" largamente condiviso, e dalla tendenza allo specialismo e alla frammentazione (1973-2014).
Quando, nel 1953, vennero pubblicate le "Ricerche filosofiche", Oxford e Cambridge erano la Mecca della filosofia analitica, e Ludwig Wittgenstein ne era il campione indiscusso. Il suo impatto sulla cultura filosofica del tempo indusse molti a ritenere che quel modo di pensare avrebbe conquistato anche il resto del mondo filosofico anglosassone. Fu una previsione sbagliata, come si può constatare osservando il quadro teorico di riferimento attualmente in auge nei dipartimenti di filosofia inglesi e statunitensi. La tradizione che risale a Wittgenstein non ha ottenuto negli Stati Uniti il prestigio atteso e in Gran Bretagna ha perso la centralità che pure aveva. Il volume documenta come ciò sia accaduto, raccontando il declino di quella illustre tradizione: la tendenza elei filosofi americani a recepire la filosofia "linguistica" con la mediazione di Carnap, ora dimenticando, ora fraintendendo Wittgenstein; e la resa di alcuni discepoli di Wittgenstein, sfidati dai mostri sacri della filosofia analitica (da Quine a Davidson, da Fodor a Putnam e Kripke) e incapaci di allearsi con i grandi wittgensteiniani eterodossi come Sellars, Strawson, Dummett e McDowell.