Sembra che il mantra del 'non c'è alternativa' sia destinato a dominare i nostri modi di pensare. Non c'è alternativa alle politiche di austerità, al giudizio dei mercati, alla resa al capitale finanziario globale, alla crescita delle ineguaglianze. Non c'è alternativa alla dissipazione dei nostri diritti e delle nostre opportunità di cittadinanza democratica. In nome di un realismo ipocrita, la dittatura del presente scippa il senso della possibilità e riduce lo spazio dell'immaginazione politica e morale. L'esito è un impressionante aumento della sofferenza sociale. Abbiamo un disperato bisogno di idee nuove e audaci, che siano frutto dell'immaginazione politica e morale. Che non siano confinate allo spazio dei mezzi e chiamino in causa i nostri fini.
Fra i molti effetti che ha prodotto, la globalizzazione ha anche moltiplicato e intensificato le domande sociali di identità rivolte al sistema politico democratico. Da più parti all'autorità politica si chiedono oggi comunità morali omogenee, immuni dalla diversità e dal pluralismo degli stili di vita. Questo ha finito con il mettere sotto pressione il carattere laico o neutrale delle istituzioni e delle norme pubbliche. Contro questo stato di cose prende adesso posizione Salvatore Veca, che pronuncia una difesa lucida e appassionata della laicità come virtù assoluta delle istituzioni e delle scelte pubbliche.
Quali possono essere i frutti dell'immaginazione filosofica nel mondo globalizzato, meticcio e inquieto? Per scoprirlo questo volume saggia in dodici capitoli molteplici percorsi di ricerca, problematiche ed esperienze. Nel ripercorrere idealmente gli snodi fondamentali della propria ricerca, Salvatore Veca fa emergere dalla varietà delle questioni affrontate, come filo conduttore, il passaggio dalla meditazione sull'incertezza alla base delle domande di teoria all'idea dell'incompletezza delle risposte cui le congetture filosofiche possono giungere. La riflessione spazia così in temi e ambiti di natura variegata, passando dalle ragioni della scarsità di scrittura aforismatica in filosofia al pensiero di uno dei massimi filosofi della seconda metà del Novecento, quale è Bernard Williams, a una rilettura dell'eredità del pensiero marxiano e delle certezze dell'ideologia marxista, sino al gioco dei perché fatto con i bambini che costituisce un'introduzione al piacere dell'indagine. Veca si sofferma poi sul ruolo della cultura, concepita in una prospettiva illuministica e democratica, e indica alcuni potenziali modelli di libertà intellettuale e di rigore scientifico. A tenere assieme le varie tessere del discorso è la concezione che Veca ha della ricerca filosofica, dell'azione politica, della giustizia e del ruolo che l'intellettuale può svolgere nella continua metamorfosi della società contemporanea, travolta da radicali mutamenti nel panorama sociale e politico.
Salvatore Veca affida a questo libro, L'idea di incompletezza, gli esiti di una lunga ricerca filosofica che prende le mosse dal suo volume più importante, Dell'incertezza. In Dell'incertezza la questione centrale coincideva con l'esame delle differenti circostanze in cui si formulano per noi domande di teoria: nello spazio dell'impresa scientifica, dell'indagine etica e politica, nell'ambito delle questioni d'identità. Le lezioni sull'idea di incompletezza esplorano ora la natura delle risposte che noi diamo, in una varietà di circostanze, a quelle domande di teoria. Insieme, incertezza e incompletezza diventano dunque le due modalità fondamentali di un pensiero filosofico che coerentemente non si ritira di fronte ai limiti della conoscenza e neppure si erge a suo arbitro: l'incertezza della teoria non ci deve fare arretrare, e l'incompletezza delle risposte è specularmente l'opportunità, e forse il motore, che ci consente l'aggiustamento teorico.
Nelle prime due lezioni Veca si interroga sull'incompletezza delle nostre teorie etiche e politiche e dei nostri impegni per giustificare, criticare o difendere princìpi e valori. Nella terza lezione l'analisi si concentra sull'incompletezza dell'interpretazione, entrando nel vivo e prendendo posizione in uno dei dibattiti più "caldi" degli ultimi anni. Infine, nell'ultima lezione, la ricerca di Veca si mette alla prova con i celebri teoremi di incompletezza di Kurt Gödel nell'ambito delle teorie della dimostrazione, evidenziando le analogie e le differenze cui, in distinti contesti, va incontro l'idea di incompletezza. La convinzione che emerge da queste pagine, ricche di riferimenti alla storia delle idee, alla letteratura, all'arte, alla scienza e alla religione, è che l'incompletezza si addica perfettamente alla filosofia stessa. L'incompletezza ci induce a esplorare lo spazio delle possibilità e delle alternative. Uno spazio in cui i confini fra i saperi si fanno porosi, e la cui fisionomia è esposta incessantemente alla sorte del mutamento e della metamorfosi.
"Che questa, alla fine,
è la nostra biblioteca
di sarabanda di giustizia
per il mondo ingiusto.
Tanti libri, tante vite.
Tante storie, tante vite.
Tante vite, tante pagine.
Molte scritture del sogno
di una cosa."
Una carretta sul mare, piena di umanità che fugge dalla guerra, dalla fame, dalla persecuzione, dalla tirannia, con il sogno di un altrove. Fra loro, c'è un vecchio. Una specie di saggio o di sciamano che ha vissuto, in tempi diversi, molte vite in molti luoghi del mondo. Assumendo via via le sue mutevoli identità, risponde alle domande dei migranti. Salvatore Veca affida al suo vecchio, carico di anni, di sapere, di scritture, il compito di guardare dentro il nostro destino, il destino di un Occidente che, una volta di più, si sporge sulla catastrofe possibile. La voce del vecchio è la voce di una cultura che, per segmenti, per lacerti luminosi, è tutta chiamata a raccolta, prima del silenzio, e contro il silenzio.
Benessere, capacità, diritti, pluralismo e giustizia globale. Una guida alla filosofia politica contemporanea, in questa edizione con un nuovo approfondimento sulla legittimità e l'autorità delle istituzioni internazionali.
In breve
Dieci lezioni e tre addenda che ruotano attorno al problema principale della filosofia politica oggi: una teoria della giustizia senza frontiere che mira a saggiare lo spazio delle possibilità politiche ai tempi della globalizzazione. Una dichiarazione di fedeltà alla limpidezza del pensiero e alla volontà di combattere le oppressioni del mondo. Edizione ampliata.
Il libro
“Le dieci lezioni sull’idea di giustizia, i miei prolegomena a una teoria della giustizia senza frontiere, mirano a saggiare lo spazio delle possibilità politiche ai tempi della globalizzazione. I limitati poteri della filosofia non esimono dalla responsabilità intellettuale di rispondere al fatto della globalizzazione tracciando i primi lineamenti di una teoria della giustizia. Sappiamo quanto severi siano i vincoli dello spazio che il mondo ci concede e conosciamo bene, in questi tempi difficili, quanto sia stretto il tracciato percorribile fuori dell’ambito della dura necessità pratica, quell’ambito in cui non c’è più margine per biasimo o lode. Ma non possiamo accettare che il fatto dell’oppressione, della crudeltà e dell’ingiustizia della terra riducano e mettano cinicamente o desolatamente a tacere il senso vivo della possibilità. Per quanto difficile possa essere, dobbiamo mantenere la promessa della duplice fedeltà di Camus. Alla bellezza e agli oppressi.”
(dall’Introduzione)
Una delle accuse di decadenza alla filosofia, giustificata o meno che sia, è di occuparsi di astrattezze, di autoreferenzialità: di essersi allontanata dalla sua origine, mentre Platone e Aristotele affrontavano l'esistenza reale, quotidiana. Salvatore Veca, uno dei più autorevoli filosofi italiani, inverte il corso di questa deriva specialistica e rarefatta assunta dalla filosofia e torna a utilizzare il pensiero per affrontare e interpretare i problemi centrali dell'esistenza. Per recuperare questa concretezza che non può lasciare indifferenti, poiché tocca tutti nella sua immediatezza e nella sua specificità, Veca presenta ritratti di filosofi (colti nella loro riflessione, ma anche nei loro tic e abitudini quotidiane) che non hanno mai abbandonato la radice più autentica della filosofia, che è di pensare lo stare nel mondo, e allestisce una galleria in cui, da Enzo Paci a Norberto Bobbio, da John Rawls a Robert Nozick, viene finalmente a riemergere la capacità filosofica di occuparsi del senso dell'abitare, dell'invecchiamento, dell'attesa d'amore, dei volti del dolore, di memoria, solitudine, felicità, giustizia privata e globale.
Il libro è articolato in tre parti, nella prima sono affrontate questioni di verità e di significato a proposito dei nostri modi di dire ciò che vi è nel mondo e quindi l'importanza del linguaggio, della traduzione, dell'interpretazione e della comunicazione. La seconda parte tratta questioni di giustizia e quindi il valore della libertà, del liberalismo politico, della tolleranza. Nella terza vengono esaminate questioni di identità, di qualità e significato della vita per essere umani quali siamo noi e quindi il peso che hanno ragione, emozioni, desideri e capacità per esistenze destinate a finire, come le nostre.
In questo libro si trovano raccolti e rielaborati nove brevi saggi, scritti nel corso degli ultimi tre anni. Anni in cui la filosofia, e quella politica in particolare, è stata chiamata a confrontarsi con eventi drammatici, quali la guerra, il diritto di intervento, l'idea di democrazia, lo statuto di verità della scienza e l'impatto della tecnica e dell'innovazione. Temi fondamentali, che hanno in comune la tensione tra il piano teorico dell'analisi e le ricadute nella vita pratica. Le riflessioni di Veca si muovono appunto tra questi due piani: procedono nell'analisi filosofica, e quindi logica e consequenziale dei concetti in gioco, ma sono costantemente riportate alla concretezza del vivere e del convivere.