Un sorriso enigmatico che «non passa drento» accompagna sempre Machiavelli da quando, giovanissimo, ascolta le prediche del «profeta disarmato» Savonarola e assiste alla cacciata dei Medici da Firenze, a quando diventa integerrimo segretario della Repubblica di Soderini. Quel sorriso che non si spegne né a seguito del ritorno al potere dei Medici, che lo destituiscono da ogni incarico pubblico e lo rinchiudono nelle carceri del Bargello, né quando, dopo aver quasi perso la vita, si ritira nelle campagne fiorentine e si dedica alla scrittura dei suoi capolavori della politica. I suoi consigli restano inascoltati e, ironia della sorte, la morte lo coglie mentre gli eserciti stranieri saccheggiano quella patria che ha amato più della sua anima. Questa storia di Machiavelli racconta i suoi incontri con i potenti, le amicizie e gli amori, i viaggi, i successi e le sconfitte e getta luce sulla Firenze dei Medici, sul gioco politico degli Stati italiani del Cinquecento e sui profondi mutamenti dell'Europa all'inizio dell'età moderna. Un'edizione completamente rivista e aggiornata di quella che è divenuta ormai una biografia classica di Machiavelli, tradotta in dodici lingue.
Il nazionalismo va combattuto con intransigenza perché esalta l'omogeneità culturale ed etnica, giustifica il disprezzo per chi non appartiene alla nostra nazione e, come ha già fatto in passato, può distruggere i regimi democratici e aprire la strada al totalitarismo. Se vuole porre freno al nazionalismo, la sinistra democratica deve in primo luogo rispondere al bisogno di identità nazionale, di cui ha sempre lasciato il monopolio alla destra. Per farlo, deve apprezzare la cultura nazionale e i legittimi interessi di ciascun cittadino ma anche elevare l'una e gli altri agli ideali del vivere libero e civile: è il patriottismo repubblicano, che tiene unite nazione, libertà politica e giustizia sociale.
Nella storia d'Italia, i profeti hanno ispirato le lotte per l'emancipazione sociale e politica; esortato uomini e donne a non affidarsi al destino o al fato e ad assumersi la responsabilità della scelta morale; li hanno incoraggiati a liberarsi dalla servitù; hanno sofferto per le ingiustizie del loro tempo e dato un senso alla sofferenza con l'annuncio del riscatto. Agli albori dell'età moderna, la poesia di Dante e di Petrarca, le prediche di Savonarola, la prosa di Machiavelli hanno chiamato gli italiani a lottare per la libertà. L'ultima Repubblica Fiorentina (1527-1530) è stata una 'repubblica profetica'. Nei secoli della decadenza e della servitù politica, i profeti di emancipazione non riuscirono a muovere le coscienze degli italiani. Prevalsero i profeti che predicavano la rassegnazione e i filosofi che accusavano i profeti di essere impostori. La rinascita della profezia redentrice - nella poesia di Alfieri, Foscolo, Manzoni, nell'insegnamento civile di Mazzini, nella musica di Verdi - contribuì al Risorgimento nazionale. Le pagine profetiche di Benedetto Croce sostennero la resistenza al totalitarismo fascista. L'ultima voce profetica è stata quella di Pierpaolo Pasolini. Con il tramonto della profezia sono tramontate anche le visioni e le speranze di emancipazione sociale.
La parola patria, con poche eccezioni, è stata pronunciata con ironia o con disprezzo. Oggi si avverte negli italiani un desiderio nuovo di affermare la propria appartenenza ad una patria comune.
Per contrastare efficacemente il nazionalismo, dobbiamo riscoprire il patriottismo repubblicano che apprezza la cultura nazionale e i legittimi interessi dei cittadini, ma eleva l’una e gli altri agli ideali del vivere libero e civile.
Il nazionalismo va combattuto con intransigenza perché esalta l’omogeneità culturale ed etnica, giustifica il disprezzo per chi non appartiene alla nostra nazione e, come ha già fatto in passato, può distruggere i regimi democratici e aprire la strada al totalitarismo. Se vuole porre freno al nazionalismo, la sinistra democratica deve in primo luogo rispondere al bisogno di identità nazionale, di cui ha sempre lasciato il monopolio alla destra. Per farlo, deve apprezzare la cultura nazionale e i legittimi interessi di ciascun cittadino ma anche elevare l’una e gli altri agli ideali del vivere libero e civile: è il patriottismo repubblicano, che tiene unite nazione, libertà politica e giustizia sociale.
A settant'anni dalla nascita, la nostra Repubblica sembra vivere il tempo malinconico dell'autunno. Maurizio Viroli legge le tappe fondamentali della storia d'Italia, dalla discesa in campo di Berlusconi fino alle riforme renziane, individuando un filo conduttore rappresentato dal progressivo sfaldamento delle istituzioni repubblicane. Cosa può fare chi non vuole arrendersi? Attraverso un itinerario di storia e memoria, l'autore ci invita a riprendere la via dell'impegno e a ritrovare il vero spirito repubblicano.
Per un alfiere del repubblicanesimo come Viroli, la diagnosi sull'attuale politica italiana è scontata. Meno ovvio, invece, è il richiamo a un autore come Machiavelli per trovare soluzioni ad alcuni problemi che affliggono la democrazia contemporanea. In quest'ottica il volume, ricco di consigli concreti per la formazione di un consapevole e maturo giudizio politico, costituisce un breviario per i cittadini di fronte alla crisi del sistema rappresentativo e alla degenerazione dei partiti.
Niccolò Machiavelli è uno dei padri del pensiero politico moderno e i suoi libri – da Il Principe ai Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio alle Istorie fiorentine – continuano ad essere letti, studiati e discussi. Persiste ancora tuttavia il luogo comune di un Machiavelli cattivo maestro, teorizzatore dell’opportunismo politico, pronto a giustificare l’amoralità del potere e di chi lo esercita. Maurizio Viroli, uno dei maggiori esperti del filosofo italiano, dimostra in questo libro agile e denso quanto questa idea sia sbagliata. Il pensiero di Machiavelli è infatti ispirato a un sincero amore per la libertà repubblicana, vive di un confronto intenso con i classici dell’antichità, appare complesso e articolato perché si confronta costantemente con la realtà dei fatti, con l’azione politica.
Viroli ci introduce così, senza pregiudizi, alla lettura di Machiavelli, restituendoci l’immagine di un autore mosso da profonde passioni e, soprattutto, ancora necessario per interpretare il nostro presente.
«Viroli riesce a offrirci un ritratto affascinante, un necessario antidoto ai cliché di opportunismo disonesto per i quali Machiavelli è largamente conosciuto» The New New York Times Book Review
Attraverso l'intreccio delle alterne vicende personali di Niccolò Machiavelli con la storia del suo tempo, Maurizio Viroli restituisce al lettore un'immagine inedita, complessa e inquieta dell'autore del Principe. Gli incontri con i potenti, le amicizie e gli amori, i viaggi, i successi e le sconfitte - ricostruiti anche attraverso gli studi più recenti - gettano luce sulla Firenze dei Medici, sul gioco politico degli Stati italiani del Cinquecento e sui profondi mutamenti dell'Europa all'inizio dell'età moderna. Un sorriso enigmatico "che non passa drento" accompagna sempre Machiavelli, da quando giovanissimo ascolta le prediche del "profeta disarmato" Savonarola e assiste alla cacciata dei Medici da Firenze, a quando diventa integerrimo e raffinato Segretario della Repubblica di Soderini. Quel sorriso che non si spegne né a seguito del ritorno al potere dei Medici, che destituiscono Machiavelli da ogni incarico pubblico e lo rinchiudono nelle carceri del Bargello, né quando, dopo aver quasi perso la vita, si ritira nelle campagne fiorentine e si dedica alla scrittura dei suoi capolavori della politica. I suoi consigli restano inascoltati e, ironia della sorte, la morte lo coglie mentre gli eserciti stranieri saccheggiano quella patria che ha amato più dell'anima. "Il sorriso di Niccolò" si rivela un gioco di specchi capace di illuminare, machiavellianamente, anche il nostro presente.
«E veramente nelle città di Italia tutto quello che può essere corrotto e che può corrompere altri si raccozza: i giovani sono oziosi, i vecchi lascivi, e ogni sesso e ogni età è piena di brutti costumi; a che le leggi buone, per essere da le cattive usanze guaste, non rimediano. Di qui nasce quella avarizia che si vede ne’ cittadini, e quello appetito, non di vera gloria, ma di vituperosi onori, dal quale dependono gli odi, le nimicizie, i dispareri, le sette; dalle quali nasce morti, esili, afflizioni de’ buoni, esaltazioni de’ tristi.»
Niccolò Machiavelli, Il Principe
Non sappiamo cosa fare alle prossime elezioni?
Non c’è nessun candidato che ci convince del tutto o almeno in buona misura?
Perché devo andare a votare?
Chiediamo un consiglio all’autorevole Machiavelli. Ascoltiamo questo consigliere d’eccezione che offre la sua saggezza senza chiedere nulla in cambio.
Andiamo a votare o no? E se andiamo a votare, come scegliamo i rappresentanti che avranno il potere di fare le leggi e di governarci? Per aiutarci a rispondere a queste domande possiamo avvalerci di un insolito esperto, Niccolò Machiavelli, che cinquecento anni fa esatti ha scritto Il Principe, e conosceva e capiva la politica come pochi altri. È vero che alcuni suoi contemporanei, come il grande Francesco Guicciardini, ritenevano che talune sue idee fossero troppo audaci per i tempi e le circostanze. Ma nessuno ha mai dubitato del suo ingegno per le questioni di stato.
Era poi d’impeccabile onestà, virtù essenziale per un buon consigliere. Ne dà prova la sua povertà. Dopo aver servito il governo popolare di Firenze guidato da Pier Soderini per quattordici anni, e aver maneggiato enormi somme di denaro, si ritrovò, quando perse il suo incarico, più povero di prima. Aveva la virtù di esprimere schiettamente i propri giudizi politici. Sappiamo poi per certo che amava la patria con tutto se stesso, e che per tutta la vita dedicò le sue migliori energie a difendere la libertà della sua Firenze e dell’Italia. Se sappiamo rivolgergli le domande giuste, e riflettere bene sulle sue parole, possiamo evitare errori che poi rimpiangeremo amaramente, come tante altre volte è avvenuto in passato, tipo votare per uomini potenti e ricchi; votare per chi fa favori; votare per chi cambia facilmente partito; votare per chi è da tanti anni al potere; votare per chi fa grandi promesse.