Diciotto anni dopo la strage di Via D’Amelio, la Procura di Caltanissetta ha riaperto le indagini sui mandanti occulti anche della strage Falcone. Si ipotizza che Borsellino sia stato ucciso perché si oppose a una trattativa tra lo Stato e Cosa nostra. E un sacco di gente sembra avere ritrovato la memoria, ricordando episodi e fatti che Mutolo aveva narrato quasi vent’anni fa. Si va alla ricerca di quel “quasi nessuno” che sapeva e che di fatto fece da trait d’union tra la mafia e lo Stato. Di lui ha parlato nell’ultimo anno Massimo Ciancimino, chiamandolo “signor Franco” (o signor Carlo), un uomo appartenente ai servizi segreti sempre presente accanto a suo padre quanto l’ingegner Lo Verde, noto al resto del mondo come Bernardo Provenzano, era libero di muoversi per la Capitale, andando a casa di Ciancimino. Si sa però ora, ormai quasi con certezza, che i boss pentiti non avevano mentito quando non avevano riconosciuto il “collaboratore ” Vincenzo Scarantino, il cui racconto aveva portato alla ricostruzione dell’attentato e del gruppo di fuoco che costò la vita a Borsellino. La tesi, dopo le dichiarazioni di un vero killer di Cosa nostra, e cioè Gaspare Spatuzza, è che qualcuno abbia imboccato Scarantino con una falsa verità