La vicenda di Max e Helen è una struggente storia d'amore realmente accaduta. Nata nei terribili anni della guerra e segnata dalla deportazione nazista nei campi di concentramento, è diventata per Simon Wiesenthal, il cacciatore di nazisti per antonomasia, il simbolo di ciò che la Storia di quel periodo ha significato per i destini delle singole persone, travolti dall'onda della morte e della distruzione. Wiesenthal è a un passo dall'incastrare Schulze, oggi un rispettabile dirigente d'azienda di Karlsruhe, che si è macchiato di orribili delitti sul fronte orientale durante la seconda guerra mondiale. Ha solo bisogno di un testimone per corroborare il suo impianto accusatorio. Per questo rintraccia Max. Lui sa, lui ha visto di cosa è stato capace Schulze, spietato e sadico aguzzino. Ma non può testimoniare contro di lui. Nonostante tutto, non dirà una sola parola per inchiodarlo alle proprie responsabilità. Perché quella che narra Max, ora medico a Parigi, è anche la sua grande storia d'amore con Helen. Al momento del loro arresto erano fidanzati. Furono poi deportati nel lager di Zalesie, nei pressi di Lublino. Finita la guerra, Max l'aveva cercata disperatamente quando, nel '58, era riuscito a tornare in Polonia. E tuttavia, ritrovandola, l'aveva perduta per sempre.
Nel 1942, a Leopoli, una SS morente chiede ad un ebreo il perdono per i crimini che ha commesso. A rifiutare questa grazia al giovane nazista è Simon Wiesenthal, che dopo la guerra diventerà l'implacabile "cacciatore dei nazisti" . A distanza di tempo quel rifiuto continua a turbare Wiesenthal: ne discute con gli amici, va a visitare l'anziana madre della SS, infine decide di raccontare quella vicenda per chiedere e sé stesso e ad altri testimoni e intellettuali se ha commesso un errore, negando il perdono.