Che cosa sono le potenze dell'anima? A questa domanda che suonò alquanto peregrina nell'atmosfera tumultuosa degli anni intorno al 1968 Elémire Zolla, allora quarantaduenne e al suo quarto libro del ciclo di critica sociale, si cimentò a rispondere per un'esigenza anzitutto personale: esplorare le falde del mondo interiore, lo si chiami anima, psiche, coscienza, sé, intelletto o spirito e lì dentro, nel groviglio di un sentire comunemente tormentato e diviso, cogliere la radice dell'infelicità, del disincanto, dell'indifferenza dell'uomo contemporaneo, anche però una via all'emancipazione, al risveglio di energie salutari esplorate nelle tradizioni del pensiero profondo in Oriente e Occidente. Nella Parte prima Zolla scruta la 'prigione' di un'esistenza del tutto esteriorizzata e appiattita, con enorme anticipo sulle avvenute dipendenze dalle tecnologie digitali; ricostruisce le antiche e dimenticate terapie della malattia psichica, dal dionisismo all'incubazione onirica, all'eros sublimato nella poesia stilnovistica. Scandaglia la topografia dell'interiorità nella raggiera di metafore che a essa alludono giacché «quando si vuole nominare una realtà invisibile bisogna obbedire alle leggi dell'analogia»: il vento, l'ombra, il custode, il soffio, il nagual. Nella Parte seconda Zolla ricostruisce la tassonomia delle facoltà dell'uomo interiore nei repertori delle antiche civiltà, dall'Egitto a Israele, al Tibet, all'India, alla Cina taoista, ai mondi greco, romano e cristiano. Un libro antesignano, come i tanti di Zolla sul contrasto insanabile tra i 'poteri' dominanti secondo la logica mondana e le 'potenze' interiori ribelli alla sottomissione.
Negli anni ottanta del Novecento e nel decennio successivo Elémire Zolla esponeva in queste edizioni la sintesi di uno "sguardo" da dentro e dall'alto, da vicino e da lontano sugli scenari della realtà: la cinghia degli archetipi che regge il carro della storia; i "climi" tiepidi, gelidi o infuocati del paesaggio esterno e interiore; i piccoli e grandi misteri che la mente contemplativa riconosce come "verità" fino a quando la mente calcolante non li falsifica. Tutto questo era consegnato in Archetipi, Aure e Verità segrete esposte in evidenza, i tre libri che ora rivedono la luce con l'aggiunta di un testo formidabile sul tema di Dioniso errante, quel dio dell'ebbrezza, spirito di-vino e divino il cui omor de la vite cola, parafrasando Dante nel canto XXV, 76 del Purgatorio. Se l'esperienza della vita è realisticamente intermedia tra inferno e paradiso, Zolla in queste pagine ritrovate offre una zattera cui aggrapparsi, un farmaco che disintossica. Con un saggio introduttivo di Grazia Marchianò.
Questo quinto titolo dell'Opera omnia conduce il lettore in uno stupefacente itinerario nella foresta palpitante della mente zolliana, guidato da una lucina nel bosco, come accadeva nelle fiabe di un tempo. Lo stupore infantile, che intitola il libro, è una vertigine che i cuccioli umani, lasciati a se stessi, assaporano naturalmente, trastullandosi in giochi il cui fondo simbolico Zolla scrutava in certe noterelle inedite riportate alla luce qui per la prima volta. Dal saggio di apertura su "L'infanzia assassinata" si dipana un corale di temi scottanti: sulle migrazioni dei popoli, sull'inganno e la truffa consustanziali all'esercizio del potere politico, su apocalissi e genesi, sul matriarcato, sul "Parsifal" e il "Flauto magico" letti come opere-specchio della storia dell'Occidente. Nella tela tessuta da Zolla come un tantra moderno, incappiamo nell'iki, la grazia giapponese secondo Kuki Shuzo, nel poemetto "The Rose" di William Butler Yeats, nell'idea dionisiaca di natura al centro dell'opera di Karl Kerényi, e sulla "conoscenza senza dualità", propria dell'infante-sapiente, il cerchio di un pensiero attratto alle vette si chiude.
Questo libro accoglie in un volume unico due opere contigue di Zolla che videro la luce negli anni novanta del secolo scorso: "La nube del telaio. Ragione e irrazionalità tra Oriente e Occidente" (1996) e "La filosofia perenne. L'incontro fra le tradizioni d'Oriente e Occidente" (1999). I due testi accostati nella loro sequenza originale gettano piena luce sulla visione filosofica maturata da Zolla nell'ultima fase della vita, dopo aver esplorato ne "La nube del telaio" il vario peso che la dicotomia "ragione" e "irrazionalità" hanno avuto nella storia delle idee filosofiche e religiose fino al XX secolo. Il salto da una ragione calcolante ostaggio del cozzo fra gli opposti, a una mente capace di riconoscersi nell'unità profonda di "io" e "universo", è l'approdo cui Zolla giungeva ne "La filosofia perenne", additando una visione della realtà in cui fisica e metafisica sono congiunte. Nella parte III, un formidabile cambio di registro ci fa partecipi degli incontri "fatali" di Zolla con un terzetto irresistibile di personaggi dell'altro ieri e di ieri: il Marchese di Sade, di cui da giovane curò le Opere, la scrittrice statunitense Djuna Barnes che incontrò al Greenwich Village nel 1968, e il geniale storico delle religioni I. P. Culianu assassinato a Chicago nel 1991. Zolla che gli fu amico, ne traccia un ritratto memorabile.
'Raccontare' la vita di un uomo di conoscenza dei più noti ma meno compresi della letteratura del secondo Novecento, comporta l'espediente alchemico di estrarre l'anima del suo pensiero dalla materia biografica, alleggerendo anche quest'ultima per dare colmo risalto a ciò che di lui sopravvive negli scritti estemporanei e sistematici di quattro stagioni. Tali furono i periodi attraversati da Elémire Zolla tra l'anno di nascita in pieno regime fascista, il 1926, e il 29 maggio 2002, quando i suoi occhi si chiusero dinanzi al nitido presagio di un'epoca senza quasi contatto con l'ambigua grevezza del Novecento. Il conoscitore di segreti si compone di una prima parte biografica e di una seconda parte antologica, che raduna un'accorta scelta di testi zolliani introdotti dall'autrice. Come le valve di una conchiglia, le due parti compongono un vibrante e unitario dittico della memoria da parte di chi ha condiviso per un quarto di secolo la vicenda esaltante di un maestro del pensiero accidentalmente italiano.
Affidare a un libro come se fosse un confidente speciale la parte più arcana di ciò che uno scrittore ha compreso di sé e dell'esistenza attraversando il Novecento come un viandante privo di patria e colmo di meraviglia ogni volta che incontrava uomini straordinari, è quanto ha fatto Elémire Zolla in Uscite dal mondo (1992), ripubblicato nel primo decennale della morte con una penetrante introduzione di Grazia Marchianò. I tempi e gli spazi più distanti, dai primordi a un futuro alle soglie, si intrecciano sul filo di una narrazione che, al modo caratteristico di Zolla, è insieme storica, filosofica, poetica e estatica di una realtà cangiante a molte dimensioni.
Una morfologia delle civiltà indiane d'America è assai più di una mera registrazione storica della conquista coloniale di quel continente negli ultimi cinque secoli, del tentativo sistematico da parte bianca di ripulsa e oblio dei forzieri di una sapienza atavica, che nessuna indagine etnologica aveva mai colto nel profondo né voluto immettere nei repertori della cultura dominante. Nel lontano 1969 Elémire Zolla ricostruiva ne "I letterati e lo sciamano" la tregenda subita dagli Indiani ma anche la sfaccettata ricchezza simbolica e metafisica di una vita tradizionale inscritta sciamanicamente tra la terra e il cielo. Lo fece esumando per la prima volta testimonianze e scritti, talvolta eccelsi, degli stessi Indiani, che negli ultimi cento anni si sono conquistati un posto di assoluta eminenza nella letteratura americana. Questa ristampa dell'opera, salutata al tempo in Nord-America come una rivelazione, è arricchita da una congerie di scritti zolliani del ventennio 1968-1988 dove spicca la trascinante vicenda del narratore antropologo Carlos Castañeda alle prese con il maestro yaqui che lo inizia al potere magico nei deserti del Nuovo Messico.
Gli elzeviri che Elémire Zolla pubblicò sul "Corriere della Sera" e altre testate nazionali tra gli anni Sessanta e la fine del Novecento, oggi selezionati da Grazia Marchiano e raccolti per la prima volta in volume, fanno rivivere le conoscenze e le intuizioni geniali di un maestro del nostro tempo e offrono una chiave attualissima d'ingresso dietro le quinte della commedia umana. Miti fasulli, inganni e mistificazioni dei quali il potere costituito si nutre divorando se stesso e le sue prede. Zolla lacera la superficie della realtà visibile - vicende storielle, intrecci mitici, dogmi e credenze di Occidente e Oriente - e ne mette a nudo i veri despoti e registi, gli arcani del potere.
Trasversale a tutte le culture e a tutte le religioni, la dimensione spirituale è una componente essenziale e distintiva dell'animo umano. Percorrendo la civiltà classica, ebraica, egiziana, indiana, buddista e cristiana alla luce del loro peculiare approccio alle "potenze dell'anima", Elémire Zolla tratteggia un vasto affresco antropologico, in cui si alternano suggestioni sulla letteratura, la storia della cultura, la filosofia, e la teologia.