
In queste conversazioni con Adriano Moraglio, Marco Boglione, fondatore di BasicNet, proprietaria dei marchi Kappa, Robe di Kappa, Superga, Jesus Jeans e K-Way, racconta la sua avventura umana e imprenditoriale. Avvincente come un romanzo perché imprenditore è bello.
Questo libro racconta la vera storie Daniele Bogiatto, l'unico esperto italiano di web coaching, che, partendo da eBay, ha costruito un business di successo fondato sui valori della famiglia e dell'amicizia. Attraverso la sua vicenda, umana e professionale, un intero universo si spalanca di fronte agli occhi del lettore, un universo ricchissimo di possibilità inedite - ancora lontane dall'essere sfruttate - a disposizione di chiunque le sappia cogliere con umiltà, coraggio, apertura mentale. Per Bogiatto, siamo all'inizio di un nuovo Rinascimento e, grazie alle caratteristiche del web, esso riguarderà indifferentemente i grandi e i piccoli, premiando sempre i migliori. La Rete, infatti, si sta sviluppando e strutturando secondo modalità impensabili fino a pochi anni fa, che mettono al centro di tutto i rapporti personali, i valori e la qualità degli individui. Chi oggi non interagisce col web si preclude il successo. Non solo: le realtà aziendali, commerciali e professionali che non troveranno il giusto posto sulla Rete saranno con buona probabilità destinate alla chiusura. La lettura di queste pagine rappresenta un'importante opportunità per chiunque senta il bisogno di migliorare la propria vita e la propria posizione professionale: in esse troverà il giusto stimolo, molte idee immediatamente realizzabili e una esaltante visione del futuro che ci attende.
Lasciare il proprio paese in cerca di una realtà migliore. Questo è emigrare. Sotto il cielo di Roma si intrecciano otto storie di imprenditori venuti da lontano: Roman, parrucchiere ucraino, ha aperto un salone; Kader, tuareg algerino, vende kebab e granite in un grazioso locale; Pilar impreziosisce party, feste e celebrazioni di ogni genere con l'ausilio di fantasiosi e coloratissimi palloncini; Ana è titolare di un'agenzia di franchising; Weldu ha un ristorante eritreo; Marcela ora coltiva un podere alle porte di Roma; Sonia, venuta dalla Cina, conduce uno dei migliori ristoranti in città; Bebot, filippina, è riuscita ad aprire una pasticceria tutta sua. Roma. Una narrazione di tipo giornalistico e fotografico che non mancherà di affascinare molti lettori coi colori, sapori e profumi di terre lontane a noi vicine.
Che cosa ci fanno centinaia di operai edili cinesi ammassati in cantieri-dormitorio organizzati come piccole Chinatown nel bel mezzo del deserto della Dancalia in Etiopia? E perché diventa sempre più frequente incrociare lo sciamare ordinato di funzionari di Pechino e businessmen di Shanghai negli hotel di Lagos o sulle rotte per Luanda? Il governo di Pechino sta estendendo la sua influenza nei paesi in via di sviluppo, esportando un modello organizzativo, sociale ed economico alternativo a quello dei paesi occidentali proprio a partire dal Continente Nero. Negli ultimi dieci anni l'Africa è diventata l'obiettivo strategico primario di Pechino e il vero banco di prova della capacità cinese di esportare, adattare e ripensare continuamente il proprio modello di sviluppo. Attraverso un percorso che si snoda sulle piste sabbiose del continente dal sottosuolo più ricco di materie prime, in questo libro viene analizzato in tutte le sue straordinarie contraddizioni l'impatto di un paradigma economico-sociale con il quale tutti sono chiamati a confrontarsi: il "Beijing Consensus".
Il "Libro bianco sulla creatività" è il risultato del lavoro svolto dalla Commissione di studio ministeriale, incaricata di elaborare un Rapporto sulla creatività e produzione di cultura in Italia, che ne stimasse, tra l'altro, il valore economico. Il libro si propone due obiettivi. In primo luogo, delineare il profilo essenziale di un modello italiano di creatività e di produzione culturale, nella convinzione che si debba ritrovare appunto la creatività, per aiutare lo sviluppo del paese. In secondo luogo, offrire un contributo alla conoscenza e alla definizione del macrosettore delle industrie culturali, che per diffusione, trasversalità e immaterialità di molte sue componenti non ha nel nostro paese un'identità statistica chiara e ben percepita. Per contribuire al successo dell'industria culturale italiana il "Libro bianco" traccia, inoltre, alcune strategie di azione coordinate per i diversi settori: le città creative, il design e la cultura materiale, la moda, l'architettura, l'economia della conoscenza, la pubblicità, il cinema, la tv, la radio, l'editoria, l'industria del gusto, l'arte contemporanea, la musica e il patrimonio culturale.
"Questo libro raccoglie stralci di editoriali, dichiarazioni e interviste dei più importanti economisti italiani apparsi sui maggiori quotidiani, contiene un'impressionante sequela di clamorosi errori di valutazione dei migliori cervelli italiani. E proprio per questo è la dimostrazione del bluff di questa disciplina di studio e delle sue formule matematiche. È evidente, leggendo gli articoli scritti prima e durante lo scoppio della crisi, quanto le teorie abbiano azzerato la capacità di un'intera classe di studiosi di elaborare i dati che la realtà metteva a loro disposizione. Non li capivano? Li sottovalutavano? Oppure, semplicemente, era meglio non approfondirli?" Marco Cobianchi
Alcuni sostengono che il capitalismo avrebbe imboccato una strada di autodistruzione di cui si può prevedere il necessario percorso e la sua inevitabile fine. Per Giorgio Ruffolo non è vero. Non c'era niente, nel passato del capitalismo, che fosse necessario e inevitabile. E non c'è niente di simile nel suo futuro. Perché le origini del capitalismo possono essere rintracciate ben prima della nostra epoca, prima dell'emersione del volto potente e inquietante dell'impresa contemporanea. Perché già l'antichità dell'Occidente, tra Grecia e Roma, conteneva in sé i segni di quella attrazione verso il denaro e verso la produzione di valore che costituisce l'essenza della produzione e dello scambio capitalistico. Il passato del capitalismo gode quindi una durata straordinariamente lunga, e questo spinge Ruffolo a guardare al futuro nella certezza che il capitalismo non avrà vita troppo breve. Perché esso ha dentro di sé la capacità di adattarsi ai tempi più diversi, l'elasticità necessaria a catturare l'immaginazione degli uomini di qualsiasi epoca, gli strumenti indispensabili per continuare a essere lo scenario economico del futuro.
Affronta la composita ma estremamente preziosa dimensione della solidarietà in Italia. Tre milioni di volontari, oltre 30mila organizzazioni non profit, 700mila dipendenti: sono questi i numeri del terzo settore italiano, ovvero il variegato mondo, fatto di solidarietà, volontariato, partecipazione civica ed economia sociale che non è «né Stato né mercato». Un mondo fatto di persone, giovani e meno giovani, impegnate per un ideale di giustizia e orientate dal valore della sussidiarietà, che negli ultimi vent'anni nel nostro Paese è costantemente cresciuto fino a diventare interlocutore irrinunciabile delle istituzioni ed elemento portante anche del sistema economico.
Luigi Bobba, oggi deputato, ma per anni dirigente e poi presidente nazionale delle Acli, è un testimone privilegiato di questa evoluzione e un osservatore attento delle dinamiche sociali che caratterizzano il mondo dell'impegno volontario, oltre che un protagonista dell'associazionismo italiano. La guida ideale, dunque, per conoscere il non profit italiano e capire quali sfide lo attendono oggi, tra crisi economica, globalizzazione, povertà emergenti e bisogni sociali a cui né Stato né mercato, da soli, riescono più a rispondere.
Gli autori.
Luigi Bobba è giornalista pubblicista, ricercatore sociale e autore di numerose pubblicazioni sui temi del lavoro, del welfare e della formazione. Già presidente nazionale delle Acli ed esponente di spicco del mondo cattolico, senatore nella XV Legislatura. Dal 2008 è deputato e vice presidente della Commissione Lavoro della Camera.
Gabriella Meroni è giornalista, caposervizio del settimanale "Vita". Scrive di economia sociale, non profit, tematiche fiscali. Dal 1999 al 2003 ha condotto la trasmissione radiofonica “Senza fine di lucro” su Radio24-Il Sole24Ore.
Una massa di risparmio equivalente al Pil del mondo viene gestita, a loro esclusiva discrezione, da enti finanziari quali fondi pensione, fondi di investimento, assicurazioni e vari tipi di fondi speculativi. La maggior parte è controllata da grandi banche. Il loro mestiere consiste nell'investire quotidianamente soldi degli altri: per questo sono chiamati investitori istituzionali. In appena vent'anni il peso di questo "capitalismo per procura" nell'economia mondiale è diventato formidabile: gli investitori istituzionali hanno oggi in portafoglio oltre la metà del capitale delle imprese quotate. Nel tutelare gli interessi dei risparmiatori, sono in genere indifferenti alle conseguenze sociali degli investimenti che effettuano. Il loro unico criterio guida è la massimizzazione a breve termine del rendimento finanziario. Dalla crisi esplosa nel 2008, che ha coinvolto in diversi modi anche gli investitori istituzionali, si potrà stabilmente uscire soltanto con nuove forme di regolazione dell'economia. Posto che controllano la metà di essa, le riforme dovranno necessariamente coinvolgere anche questi enti: se i loro capitali fossero investiti in infrastrutture, scuole, trasporti, ambiente, l'economia del mondo ne trarrebbe sicuro vantaggio. A tale scopo occorrerebbe anche ridare voce, nelle loro strategie di investimento, ai milioni di persone che a essi affidano i loro soldi.
"L'impresa irresponsabile" non è un titolo metaforico. Se l'intervista a Gallino che aveva per tema la concezione dell'impresa di Adriano Olivetti si intitolava "L'impresa responsabile", questo graffiante libro sul capitalismo deregolato dei nostri anni non poteva che ribaltare il precedente titolo. Perché per l'autore un'azienda diventa irresponsabile quando non risponde ad alcuna autorità pubblica o privata e soprattutto quando si afferma una concezione dell'impresa fondata sulla massimizzazione del suo valore in borsa, a qualunque costo e a breve termine. Dietro i principali scandali finanziari del nuovo secolo, non c'è infatti tanto la disonestà del singolo, quanto l'esito di un governo d'impresa che ha preso sempre più piede.