
Il Presidente degli Stati Uniti che firmò l'ordine di usare la bomba atomica si macchiò le mani di sangue o soltanto d'inchiostro? Vi sono casi in cui una guerra è giusta? In tali casi, ogni azione bellica è giustificabile? Porre fine alla vita di un malato terminale è cosa diversa dall'omicidio? Abbiamo bisogno del consenso sulla definizione dell'embrione come "persona" per decidere se qualche azione su di esso è vietata? È giustificata la proibizione della contraccezione anche se è del tutto legittimo programmare le nascite? Anscombe, riprendendo Wittgenstein, Aristotele e Tommaso d'Aquino, elabora una teoria dell'azione che pone al centro l'"intenzione", alternativa alla concezione dell'azione dominante da Cartesio in poi. Su questa base conduce una requisitoria contro la superficialità della filosofia morale moderna, accomunando i filosofi di Oxford, l'utilitarismo e l'etica kantiana. E infine mette al lavoro la sua etica delle virtù sui problemi di etica applicata: nel campo dell'etica pubblica la guerra giusta, nel campo della bioetica le questioni di fine vita e inizio vita. Questo libro, curato da Sergio Cremaschi, raccoglie i contributi di Anscombe su temi di etica, permettendo per la prima volta uno sguardo complessivo su questa figura decisiva della filosofia del Novecento.
Machiavelli, a partire dai testi fondativi della moderna arte politica come "Il Principe" o "I Discorsi", fino alla caustica corrosività della "Mandragola" o dell'"Asino", continua a parlare al lettore contemporaneo in un modo inquietante e ansioso: gli eventi ora liberatori ora tragici ora imprevedibili degli ultimi anni e degli ultimissimi tempi, lungi dal farci collocare definitivamente in soffitta il "Segretario" fiorentino, ci spingono ancora a interrogarlo e a ritrovare nelle sue pagine la lucida analisi e l'appassionata frequentazione di alcuni dei grandi temi della nostra società e dei suoi travagli. Per Machiavelli l'uomo è impastato e condizionato da bisogni istintivi così radicali che la sua origine va collocata nell'egoismo e nella ferocia. Di qui la necessità di "leggi" e di "savi datori di leggi" capaci di trasformare questa linfa istintuale ricchissima ma anche distruttiva in energia positiva per il dominio di sé e del mondo, per l'equilibrato crescere delle società e degli Stati, per un più armonico rapporto tra governanti e governati.
In edizione economica, la traduzione italiana dell'opera più importante di sant'Anselmo d'Aosta. Cur Deus homo ("Perché Dio [si è fatto] uomo", o "Perché un Dio uomo") è il titolo di un saggio di teologia che il monaco e filosofo Anselmo scrisse nel 1098. Il testo è considerato da alcuni addirittura il più importante e impegnativo sul piano dottrinale della produzione di Anselmo. Redatto in forma dialogica (tra Anselmo e Bosone) e articolato in due libri di diversa lunghezza, il Cur Deus homo è storicamente legato alla dottrina della sostituzione o soddisfazione vicaria: la salvezza dell'umanità è resa possibile dall'offerta libera che il Cristo, Dio-uomo, fa di se stesso al Padre per pagare il debito contratto dall'uomo con il peccato d'origine.
È stata la Grecia a passare all'Europa l'idea di razionalità come discussione critica. Per questo, se è nel giusto P.B. Shelley a dire che «noi tutti siamo greci», ha però altrettanto ragione B. Croce a sostenere che «non possiamo non dirci cristiani». L'Europa, infatti, come ha scritto S. de Madariaga, «È socratica nella sua mente e cristiana nella sua volontà». Di qui l'ammonimento di T.S. Eliot: «Se il cristianesimo se ne va, se ne va tutta la nostra cultura; e allora si dovranno attraversare molti secoli di barbarie».
La "grande domanda" sul senso della vita di ogni uomo e di ogni donna, della storia umana e dell'universo intero è ineludibile e interseca quella sull'esistenza di Dio di fronte allo scandalo del male innocente. Siamo "assediati" dall'esigenza di rispondervi, «il che spiega - scrive Norberto Bobbio - la forza della religione». Lo hanno fatto grandi autori classici e contemporanei - da Pascal a Kant, da Kierkegaard a Wittgenstein - e queste pagine sono una più estesa articolazione delle loro riflessioni. Sulle "cose più alte" la scienza tace e la filosofia pone solo domande, senza risposte ultime. Siamo quindi costretti a scegliere tra l'assurdo e la speranza. È in questo preciso senso che siamo tutti fideisti.
Il manifesto teorico di uno dei più importanti filosofi italiani dimostra - a partire dal confronto tra il metodo popperiano per trial and error e il "circolo ermeneutico" di Gadamer e al di là delle contrapposizioni tra scienze naturali e scienze storico-sociali e tra epistemologia ed ermeneutica - come il metodo del sapere sia unico, fatto di problemi, ipotesi e critica. La postfazione di Giuseppe Franco ricostruisce lo scenario e i protagonisti di una riflessione centrale nella cultura contemporanea. «Esiste, dunque, un solo metodo nella ricerca scientifica, diverse sono piuttosto le metodiche, cioè le tecniche di prova. Ricerca scientifica non significa, e non può significare, altro che tentativi di soluzione di problemi. E a tal fine sono necessarie menti creative di ipotesi - ipotesi che vanno sottoposte ai più severi e rigorosi controlli sulle loro conseguenze [...]. Ma ciò nella consapevolezza che anche la teoria meglio consolidata resta sempre sotto assedio». Dario Antiseri, uno dei più conosciuti filosofi italiani contemporanei, nel 2002 è stato insignito, insieme a Giovanni Reale, di una laurea honoris causa presso l'Università Statale di Mosca. Per ELS La Scuola sono apparsi: Come si ragiona in filosofia (2011); Dalla parte degli insegnanti (2013). Con G. Reale: Il pensiero occidentale, in tre volumi (2013) e Cento anni di filosofia, in due tomi (2015).
Una lucida biografia teologica del teologo statunitense.
Kierkegaard (1813-1855), solitario pensatore cristiano e padre dell'esistenzialismo, è un filosofo di prima grandezza per due motivi: da cristiano credente ha approfondito il senso della fede come "salto esistenziale" che solo dona un senso alla vita e fa uscire l'uomo dall'angoscia e dalla disperazione; come filosofo della modernità e critico dell'idealismo tedesco ha portato in primo piano il concetto dell'uomo come "singolo", creando quella figura teoretica da cui è nato il pensiero esistenzialistico. Non si comprende la filosofia moderna prescindendo da questo originale pensatore danese, che costituisce un unicum nel suo genere.
"Ha frequentato il mondo, la corte e i salotti di provincia; si è applicato alle scienze di osservazione e alle scienze astratte, avvicinandosi ora a Gassendi, ora a Descartes, emulo di Galilei e di Torricelli; la sua anima fu una delle più religiose che si siano mai conosciute. La sua vita riproduce tutta la vita religiosa e morale del suo tempo. Questo testimone unico è Blaise Pascal". Questo scrive F. Strowski, il noto interprete del pensiero di Pascal Di Pascal scienziato, filosofo e uomo di fede, Dario Antiseri ricostruisce quelle argomentazioni che lo hanno reso un "classico" del pensiero occidentale.