This book sets out to philosophically explore the following questions: What is compassion? What does it tell us about the relationship between the rational and irrational in man? What role does it have in the flourishing life? To answer, it begins by discussing Aristotle’s account of compassion, followed by Thomas Aquinas, Martha Nussbaum, Kristján Kristjánsson, and Diana Fritz Cates. The wide range of authors and the focus on emotion and virtue allows one to build a solid picture of compassion as perfective of the human person, as the good response to suffering, and as certainly key in human flourishing.
The presentation of each author features a thorough discussion of each one’s notion of emotion and virtue, highlighting similarities, differences, strengths and weaknesses vis-à-vis the others. Each philosophical anthropological framework is in turn used to understand each author’s take on compassion and the ethical potential envisioned for it. The choice of classical and contemporary accounts allows one to grasp the shift from compassion as a noteworthy “good emotion” (as per the original Aristotelian account) to compassion as an important virtue for relational moral excellence. Choosing to be compassionate disposes us to help other individuals flourish in a truly human way, and also enables us to take steps towards a society and culture where all—even the weakest—can flourish. This book will be of interest to academics from both philosophy and psychology, compassion researchers and trainers, and character educators.
Pia K. Garcia is a Philosophy professor at the University of Asia and the Pacific, Pasig City, Philippines. Born in Manila, she graduated AB Interdisciplinary Studies (minor in Literature) from the Ateneo de Manila University (2010). She worked for a year at Punlaan School—where she taught computer—and for three at PAREF Southcrest School, Inc., where she taught English, Literature, Religion and Philosophy across year levels. She then went on to do her postgraduate studies in Rome, and earned her Ph.D. in Philosophy from the Pontifical University of the Holy Cross (2021). In general, her research explores the relationships between reason, desires, emotions and virtues: specifically, she has written about compassion as a virtuous response to human suffering and key to the good life. Her interest in human flourishing goes beyond the theoretical: she has always been involved in the personal mentoring programs, service projects and outreach activities of the institutions she has worked in.
Nella tradizione culturale europea, la pazienza è una virtù fondamentale, anche se minore, che i Greci accostavano al coraggio e il pensiero cristiano alla speranza e alla carità. Oggi, quello che già Georg Simmel chiamava il «ritmo impaziente della vita moderna» sembra farne una nozione del tutto inattuale. Tuttavia, essa può rivelarsi una risorsa quanto mai preziosa, come emerge dalla riflessione sul rapporto dell'essere umano con il tempo e con l'attesa che Andrea Tagliapietra conduce in queste pagine. La pazienza s'inscrive nel tempo del corpo, fatto di lentezza, vulnerabilità e mortalità. Essa fa emergere il significato del corpo come fondo biologico dell'uomo nel suo essere animale. Allora, accanto al discorso «umano, troppo umano» della filosofia, ecco l'urgenza di guardare allo specchio del mondo animale e di prendere in considerazione quelle «icone del pensiero» che, nell'arte, esprimono la metafora animale in continuità con il genere umano. Si scopre così che, nella pittura europea, l'immagine della pazienza è stata spesso affidata a una specie animale che da sempre accorda i propri passi a quelli dell'uomo. Nell'arte i cani fanno la loro comparsa come silenziosi dettagli. Di essi quasi non ci si accorge, tanto la loro presenza risulta consueta e comune. Eppure spesso sono proprio loro a scandire il tempo della scena. Fondendo l'analisi filosofica e l'osservazione di oltre cento opere d'arte, l'autore rivela l'attualità non antropocentrica della pazienza, intesa come strada per giungere a una piena responsabilità nei confronti del tempo vissuto, fondamento della relazione ospitale con gli altri esseri e presupposto indispensabile per abitare il mondo avendone finalmente cura. Da Dürer a Goya, da Bassano a Leonardo fino a Marc, Balla e Warhol, i cani del tempo ci conducono all'antidoto della più pura forma di pazienza, quella dell'attenzione per ciò che semplicemente accade, che è anche la più difficile da conservare nell'epoca impaziente e distratta in cui viviamo.
Il volume ha la struttura di un dizionario tematico, con circa 300 voci. Il taglio è filosofico, ma tutti gli aspetti dell'antropologia sono comunque presentati. L'ambiente in cui nasce questo dizionario è di matrice cattolica, ma l'impostazione tecnica delle voci è rigorosa ed esclude quindi visioni di parte. Lo stile, come d'uso per questo autore che ha già pubblicato diverse opere con Diogene Multimedia, è brillante e soprattutto molto chiaro. L'opera non prevede conoscenze specifiche preliminari ed è fruibile da qualsiasi persona interessata e mediamente colta (compresi gli studenti universitari, anche se non si tratta di un'opera in prima istanza rivolta alla scuola).
Tenuto nel 1932 e dedicato all'interpretazione di Anassimandro e Parmenide - insieme a Eraclito i «pensatori iniziali» della filosofia occidentale -, questo corso universitario rappresenta una vera e propria cesura nel percorso di Heidegger dopo Essere e tempo, e si inserisce nella celebre «svolta» inaugurata dal saggio del 1930 sull'Essenza della verità. Compito della filosofia è ormai per Heidegger, impegnato nella ricerca di tale essenza, quello di rievocare la forza delle parole più elementari del pensiero delle origini - phy?sis, alétheia, noûs, lógos - mediante una comprensione prefilosofica, cioè preplatonica e prearistotelica, del fenomeno della verità. Si tratta cioè di compiere quel passo indietro che permette di ripensare in modo ancora più iniziale l'inizio del pensiero occidentale, prima della soglia che dà accesso alla storia della metafisica: non già per operare una ricostruzione filologica e storiografica, ma nella prospettiva che tale «inizio più iniziale» possa essere «ripetuto» e, soprattutto, trasformato in un nuovo inizio, promosso da un'umanità futura in modo ancora più originario. Sicché, conclude Heidegger, «l'inizio non sta più dietro di noi, alle nostre spalle, bensì sta davanti a noi in quanto compito essenziale della nostra più propria essenza».
La filosofia «serve» a qualcosa? Quali esperienze umane propiziano l'atteggiamento filosofico di fronte alla realtà? Che differenza c'è tra la filosofia e le scienze particolari? Filosofia e poesia hanno qualcosa in comune? È possibile una filosofia cristiana? Sono alcuni degli interrogativi più caldi ai quali Josef Pieper risponde dialogando socraticamente con il lettore, indovinando tutte le sue possibili obiezioni, rispondendo a tutte le domande e suscitandone delle nuove, fino a guidarlo alla comprensione più intima di ciò che è la filosofia e facendogli trovare da solo le risposte più soddisfacenti.
"Non sappiamo che cosa ci sta accadendo, ed è precisamente questo che ci sta accadendo." La celebre frase di José Ortega y Gasset, posta da Edgar Morin a epigrafe di questo pamphlet, vale a maggior ragione per il nostro tempo. La nostra miopia nella comprensione del presente dipende da una crisi del pensiero? O da una sorta di sonnambulismo generalizzato? In questo nuovo saggio, il grande filosofo francese sottolinea la necessità di trovare una bussola per orientarsi nell'oceano dell'incertezza in cui siamo dispersi. Una bussola che ci aiuti a comprendere la storia che stiamo vivendo, dalla marea di estrema destra dilagante in Europa alla crisi economica, fino al degrado ambientale del nostro pianeta. Grazie alle riflessioni del filosofo planetario, incalzati dalle sue domande possiamo tentare di comprendere come il mondo si sta trasformando e accogliere la sfida senza precedenti che siamo chiamati ad affrontare. Dunque... svegliamoci!
L'idea di una rigenerazione del tempo, strettamente legata a una rinascita individuale e collettiva, costituisce il fondamento della Svolta cui fa riferimento il titolo. Questi tempi, in cui tutti facciamo esperienza di un ciclo epocale giunto al suo compimento, portano con sé il movimento salvifico di una Svolta, cui l'essere umano è chiamato a corrispondere con una rivoluzione radicale dell'intero orientamento conoscitivo, emotivo e pratico dell'esistenza. Alla luce di queste convinzioni viene preso in considerazione il pensiero di alcuni autori che ne sono stati in un certo senso gli anticipatori, tra i quali Martin Heidegger, Paul Celan, Arthur Rimbaud.
Il presente volume affronta i limiti antropologici intrinseci alla visione della mente tipica della scienza cognitiva classica, sia nella sua versione funzionalista che in quella connessionista. Equiparare la mente umana ad un congegno di calcolo logico, infatti, non permette di cogliere il lavoro della mente umana nella sua complessità, poiché la mente viene sganciata sia dalla sua base biologico-corporea, sia dall'universo culturale in cui essa prende forma e si muove. Lo sforzo dell'autore è stato quello di liberare la visione della mente da questi limiti, per ritrovare - secondo l'esperienza che effettivamente ne abbiamo - una mente che vive di significati; una mente non solo cognitiva, ma anche emotiva e volitiva; una mente vincolata alla sua base neurologica; una mente incarnata in un corpo e collocata in un mondo; una mente cosciente delle proprie scelte libere. La conclusione radicale di questo percorso è quello di mettere da parte il concetto cosale di mente, di eredità cartesiana, per ritrovare il volume integrale del soggetto che viene fuori da questa critica, la persona umana.
Abraham Maslow (1908-1970) y Carl Rogers (1902-1987) insuflaron un espíritu renovador a la psicología del siglo XX. Su apertura a cuestiones de tipo filosófico y la profundización en el sentido de la vida humana los llevaron a ser protagonistas de la llamada “tercera fuerza” de investigación en psicología, es decir, la psicología humanista, cuando se abría una brecha importante en el debate dominado por el conductismo y el psicoanálisis. En sus escritos y en la manera de difundir sus ideas en distintos ambientes profesionales –docencia universitaria, colaboración con agencias gubernamentales, redes empresariales, instituciones educativas y religiosas– se desvelaba una psicología cercana a las inquietudes personales y una confianza inédita en las capacidades de los seres humanos normales. Una psicología al servicio de la potenciación de los individuos estándar, con un fuerte énfasis en la responsabilidad personal, contrastaba con la tradición de una psicología terapéutica o centrada en el estudio de comportamientos estereotipados, donde contaba más con la ciencia del especialista que los recursos de la persona. Las preguntas radicales sobre el sentido de la vida humana adquirieron matices particulares después de los dos grandes conflictos mundiales del siglo pasado. Rogers y Maslow interceptaron las ideas de los intelectuales de las dos costas del Atlántico Norte de ese periodo para ampliar el radio de influencia de la psicología, entrando en la arena moral y filosófica. La influencia que han tenido en vastos planes de investigación y en la puesta en marcha de programas formativos de distintos niveles hace que sigan siendo punto de referencia en las ciencias del comportamiento. En este breve estudio trato de resaltar la influencia de su labor y abrir una amplia ventana a las raíces filosóficas de su pensamiento.
Juan Andrés Mercado (Ciudad de México, 1967) es catedrático de Ética aplicada de la Universidad Pontificia de la Santa Cruz (Roma). A sus trabajos doctorales sobre la inducción aristotélica y la creencia en David Hume han seguido estudios sobre Elizabeth Anscombe, las tesis clásicas sobre las virtudes, y las relaciones entre la emotividad y la razón. Ha sido director de estudios de la Facultad de filosofía de la Universidad la Santa Cruz y director de la revista Acta Philosophica. Cofundador y subdirector del centro de investigación Markets, Culture and Ethics (2008-2016), tuvo a su cargo las colecciones MCE Books y MCE Notebooks. A partir de 2013 ha promovido actividades y publicaciones basadas en la antropología filosófica, tendiendo puentes con la psicología, la neurociencia, y la educación. Promueve con Francisco Fernández Labastida, Philosophica. Enciclopedia filosófica on line (www.philosophica.info). Ha impartido numerosos seminarios para profesionales de distintas empresas y colabora con IPADE Business School y la Universidad Panamericana.
Camminare può significare cose molto diverse per chi cammina. Può essere un modo per pensare meglio o per sentire il linguaggio del corpo scandito dal movimento dei muscoli e del respiro. Oppure un modo di fare un viaggio, per scoprire paesaggi e mondi nuovi. Per entrare in contatto con la natura attraversando boschi, prati, monti o per flâner per le strade di una città. Possiamo camminare per raggiungere un obiettivo o vagare senza meta. Lo si può fare da soli, in compagnia di un amico, di un amore, di un figlio o con tanta gente insieme. Si può camminare all'aperto o in casa, e perfino soltanto nella nostra immaginazione. Di tutte queste «figure» dell'andare a piedi dà conto l'autore, vagabondando tra le testimonianze di filosofi, scrittori, poeti ed esploratori che in diversa forma hanno lasciato traccia delle loro esperienze di cammino.
Non già gli dei hanno rivelato ogni cosa fin dall'inizio, bensì gli uomini, col tempo, facendosi domande trovano il meglio. Senofane Pensatori dell'inizio, i presocratici riflettono sul «principio» e al tempo stesso inaugurano un nuovo modo di pensare, la filosofia. Ma i presocratici appaiono anche come pensatori della fine, intesa come questione filosofica ma anche come disgregarsi della religiosità arcaica. Ultimi eredi di una cultura in cui logos e mito erano strettamente intrecciati, essi non esiteranno a sciogliere quel legame, pur continuando ad appartenere a quel mondo. Questo libro è un viaggio alle origini, dove la riflessione sul vivente e la meditazione sull'uomo s'incontrano. Due momenti originariamente uniti, ma destinati a separarsi, nella cosmologia e poi nelle scienze della natura da un lato, e nell'etica e poi nelle scienze umane dall'altro. Un pensiero dell'identità e della differenza, dell'essere e del nulla, della realtà dispiegata non meno che inquietante e sfuggente; come immaginare un'avventura più attraente di questa?
Questa monografia sul Metalogicon di Giovanni di Salisbury vuole proporre una chiave di lettura complessiva del pensiero di Giovanni: l'intreccio tra cultura umanistica, amore per le arti liberali, gnoseologia, logica e teologia giova a mostrare tutta l'originalità dell'autore. Nutritosi al platonismo dei suoi grandi maestri di Chartres, acceso di entusiasmo per le nuove traduzioni delle opere logiche Aristotele, dotato di spirito ironico e antidogmatico a motivo della sua eclettica formazione parigina, Giovanni sa trarre una sintesi tra platonismo e aristotelismo, che trova nel probabilismo cristiano di matrice agostiniana la sua chiave di volta.