
A pochi chilometri da Lucca, dalla pianura s'alza il Colle di Santa Maria delle Grazie. In cima c'è il manicomio. Il paese più vicino si chiama Magliano. Così «venire da Magliano», per la gente del luogo, significa portare il segno della pazzia, di una vita attraversata dal vento sublime e dannato della sofferenza mentale. In un reparto psichiatrico femminile, negli anni precedenti l'età degli psicofarmaci e ben prima della contestata riforma Basaglia, un medico vive con le «libere donne di Magliano»: donne aggressive, tristi, erotiche, disperate, orrende, miti, malate o semplicemente fuggite dal mondo. Capolavoro di Mario Tobino, Le libere donne di Magliano è «il libro sulla sua vita» oltre che il poema della profondissima e unica atmosfera che pervade le stanze della follia: perché «il manicomio è pieno di fiori, ma non si riesce a vederli». E perché «anche i matti sono creature degne d'amore», come lo stesso autore volle scrivere sulla fascetta della prima edizione del romanzo (Vallecchi 1953). Arricchiscono il volume due inserti iconografici che mostrano com'era e com'è oggi l'Ospedale Psichiatrico di Maggiano, nel quale lo scrittore psichiatra Mario Tobino abitò due camerette della Casa Medici dal 1943 al 1990 e in cui operò come responsabile del settore femminile fino al 1980.
Perché gli europei hanno assoggettato gran parte degli altri popoli? Secondo Diamond le diversità culturali affondano le loro radici in diversità geografiche, ecologiche e territoriali sostanzialmente legate al caso. Armato di questa idea, l'autore può lanciarsi in un appassionante giro del mondo, alla ricerca di casi esemplari con i quali illustrare e mettere alla prova le sue teorie. Attingendo alla linguistica, all'archeologia, alla genetica molecolare e a mille altre fonti di conoscenza, Diamond riesce a condurre questo "tour de force" storico-culturale con sorprendente maestria, affiancando aneddoti personali a racconti drammatici o a spiegazioni di complesse teorie biologiche, che affronta con abilità di divulgatore.
Quella che stiamo vivendo non è solo una rivoluzione tecnologica fatta di nuovi oggetti, ma il risultato di un'insurrezione mentale. Chi l'ha innescata - dai pionieri di Internet all'inventore dell'iPhone - non aveva in mente un progetto preciso se non questo, affascinante e selvaggio: rendere impossibile la ripetizione di una tragedia come quella del Novecento. Niente più confini, niente più élite, niente più caste sacerdotali, politiche, intellettuali. Uno dei concetti più cari all'uomo analogico, la verità, diventa improvvisamente sfocato, mobile, instabile. I problemi sono tradotti in partite da vincere in un gioco per adulti-bambini. Perché questo è The Game.
Nel 1950 Bowlby venne nominato Consulente dell'Organizzazione Mondiale della Sanità con il compito di preparare un rapporto sulla salute mentale dei bambini abbandonati e orfani di guerra. Su questo rapporto, redatto nel 1951, si basa l'edizione italiana. Bowlby metteva in luce le carenze degli Istituti di assistenza nel favorire un equilibrato sviluppo dei bambini abbandonati e il fatto che l'abbandono rappresentava purtroppo un'esperienza le cui conseguenze segnavano inevitabilmente, nella grande maggioranza dei casi, anche l'età adulta. Le indagini di Bolwlby furono, e sono tuttora, di incalcolabile interesse non solo per i genitori, ma anche per tutti coloro che, a vario livello, si prendono cura dei bambini: insegnanti, pediatri e psichiatri, assistenti sociali..
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<tr><td align="right">Date:</td><td>Saturday, June 11, 2022 at 5:08:20 AM</td></tr>
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Le società multietniche sono una realtà che si va sempre più diffondendo anche in Europa e che costringono a ripensare la questione dei diritti e delle libertà in maniera diversa da come è stata affrontata finora nella tradizione degli stati nazionali. Di fronte all'insufficienza dei diritti civili, che tutelano a pieno titolo il cittadino, ma non l'immigrato sprovvisto di cittadinanza nazionale, c'è chi avanza richieste di diritti comunitari, a difesa dell'identità etnica o religiosa del gruppo, più che del singolo individuo. Il rischio però è l'isolamento e la ghettizzazione, oltre che un relativismo culturale indifferente ai diritti inviolabili della persona.
Chi si avvicina per la prima volta alla ricerca sociale necessita di una guida completa, didatticamente accurata, ricca di esempi concreti, scritta in modo chiaro e sintetico. È a questa esigenza che Bailey ha inteso dare una risposta. Kenneth D. Bailey è docente di Sociologia nell'Università della California a Los Angeles.
"Ce l'hai cento dollari?", "Anna pensa tipo che...", "tu in questa cosa non devi centrare". Si parla così l'italiano oggi? Sì, certo, non solo, ma anche così. Molti libri hanno mostrato come le lingue evolvano attraverso i secoli. Lorenzo Renzi illustra qui le dinamiche del cambiamento considerando l'italiano d'oggi. La lingua che parliamo pullula di innovazioni, delle quali il più delle volte non siamo coscienti. Ma siamo noi, i parlanti, che possiamo accettarle o respingerle. Come per le specie naturali, anche la lingua avanza attraverso novità, stabilizzazioni e rifiuti.
Un grande personaggio del Medioevo e una delle pochissime donne medioevali la cui voce è giunta fino a noi, segno dell’ammirazione di cui era circondata. Chiara d’Assisi, amica di San Francesco, appassionata delle sue idee, tenne testa non solo ai suoi familiari all’atto di seguire la propria vocazione ma anche al papa al momento di preservare l’amore alla povertà e la fedeltà a Francesco.
L’autore, illustre storico medioevalista di Perugia, ricostruisce la personalità carismatica di Chiara in una biografia originale, fedele alle fonti storiche e godibile nella lettura.
Marco Bartoli è professore di storia medioevale presso l’Università di Perugia ed ha al suo attivo diversi studi sulla vita di Chiara.
Per lo studioso francese Pierre Sorlin, «L’America ha creato uno stile che, oggi, può essere definito “classico”.
Lo stile “classico” non è di facile definizione, ma basandosi sull’esperienza personale è possibile dedurre quali siano le caratteristiche di un film classico: immagini chiare, una colonna sonora che accompagna lo spettatore nel racconto senza diminuire il suo piacere, un dialogo comprensibile, buoni attori e, soprattutto, una storia ben definita, con una situazione che, rivelata dall’inizio, si sviluppa in modo logico e si conclude senza ambiguità».
Il cinema classico hollywoodiano, tra gli anni Venti e gli anni Sessanta, ha conquistato il mondo. Attraverso commedie e opere drammatiche, film di genere western, noir, gangster, horror, musical, è riuscito ad imporre un modello di riferimento prettamente americano, pur se valido per l’intero Occidente.
Gli spettatori, di qua come di là dall’oceano, sono stati rapiti dai tanti film prodotti ad Hollywood, e soprattutto sono stati sedotti dai divi che ne sono stati protagonisti.
Le innumerevoli interpretazioni riguardanti la storia del cinema classico americano non di rado sorvolano su un aspetto determinante: l’etica presente nelle singole opere. Il film hollywoodiano avrebbe trionfato per la forza della produzione e del mercato statunitensi; per la bravura di registi (molti di loro provenienti dall’Europa), attori, scrittori, sceneggiatori, musicisti e costumisti; per l’astuzia, la determinazione e il senso degli affari dei produttori; per la potenza e l’innovazione dell’apparato tecnologico e industriale.
Tutto vero. Ma se Hollywood è diventata un “impero”, lo deve anche all’etica americana. Per lo storico Ernesto Galli della Loggia il cinema hollywoodiano è stato capace di parlare «all’uomo comune non ponendosi da nessun punto di vista particolare, settoriale, ma solo dal punto di vista dei valori universalmente umani. E non a caso tale punto si è rivelato come il più adatto ad incontrarsi con il mercato.
Anche nella tensione-attenzione al mercato del suo cinema si è espressa, infatti, la vocazione modernamente democratica di una cultura come quella statunitense, non toccata dalle mitologie classiste e programmaticamente eticopedagogiche, proprie della tradizione culturale europea. […] Non solo, ma nei film statunitensi si manifesta in pieno una ulteriore caratteristica della cultura di quel Paese che, tradotta in immagini, è destinata ad assicurare loro un carattere eminentemente popolare, e dunque un enorme successo. Il fatto cioè che si tratta dell’unica cultura nazionale moderna che, pur essendo tale, non ha perso un rapporto reale con la dimensione religiosa, con l’aspirazione etica del monoteismo giudaico-cristiano e che, tra l’altro, proprio per questo è riuscita a restare immune dal fascismo e dal comunismo. Proprio per questo è stata l’unica cultura che ha saputo e sa produrre sceneggiature e pellicole capaci di esprimere, senza vergognarsi, una limpida fiducia nei valori della legalità, dell’onestà individuale, della fraternità senza barriere ideologiche, della democrazia».
Claudio Siniscalchi, nato a Roma nel 1959, divide la sua attività professionale tra l’insegnamento universitario e il giornalismo. Insegna Storia e critica del cinema alla LUMSA di Roma ed è ricercatore alla Facoltà di Scienze della Comunicazione della Universidad Complutense di Madrid. Negli ultimi anni ha collaborato con diversi atenei italiani e stranieri, tra cui il Politecnico di Torino e la University of Southern California di Los Angeles, e ha insegnato presso alcune università pontificie.
Collabora con «Libero» e ha una rubrica di critica cinematografica sul quotidiano «L’Ordine» di Como. Il suo ultimo libro, pubblicato in questa collana nel 2008, è Il cinema europeo nell’epoca della secolarizzazione (1945- 1968).