Alice ha lavorato sodo per raggiungere i suoi obiettivi e ora, a quasi cinquant'anni, sente di avercela finalmente fatta. Dopo anni di studio, di notti a base di caffè e libri di psicologia, ha coronato il suo sogno, è una scienziata di grido, insegna ad Harvard e viene chiamata dalle più prestigiose università per tenere conferenze. E poi c'è il suo più grande orgoglio, la famiglia: il marito John, un brillante esperto di chimica, che non riesce a trovare gli occhiali neppure quando li indossa, e i loro figli, Anna, Tom e Lydia, tutti e tre realizzati, anche se ognuno a modo suo. All'improvviso, però, tutto cambia. All'inizio sono solo piccole dimenticanze: una parola sulla punta della lingua che non riesce a ricordare, gli orari delle lezioni, il numero di uova nella ricetta del pudding natalizio, quello che prepara da più di vent'anni. E poi un giorno, dopo il giro di jogging quotidiano, Alice si ritrova in una piazza che è sicura di conoscere ma che non sa dove si trovi. Si è persa, a pochi metri da casa. Qui comincia il suo viaggio tra le corsie d'ospedale, a caccia del male che sta cancellando i suoi ricordi. Quando le viene diagnosticato l'Alzheimer precoce, tutto ciò in cui Alice ha sempre creduto pare sgretolarsi, il mondo intorno a lei sembra sfuggirle ogni giorno di più.
Ha ordinato attacchi kamikaze contro obiettivi in Occidente. Ha torturato e decapitato ostaggi. Non è soltanto il terrorista islamico più pericoloso in circolazione: è uno spietato corsaro. Forse per questo si nasconde dietro il nome di un vero corsaro, Suleiman Al-Jama. Ma l'autentico Al-Jama, morto un secolo prima, non avrebbe mai appoggiato i suoi atti. E gli scritti che ha lasciato, inneggianti alla pace fra le religioni, se ritrovati potrebbero cambiare le sorti di una guerra sotterranea in corso da troppi anni. Il corsaro non può permetterlo. E quando il segretario di stato americano scompare in un misterioso incidente aereo, proprio alla vigilia di un'importantissima conferenza di pace in Libia, gli Stati Uniti reagiscono nell'unico modo possibile in una situazione internazionale così delicata: ingaggiano la Oregon di Juan Cabrillo. Quella che Cabrillo e il suoi uomini devono affrontare, però, non è una semplice missione di recupero ostaggi. In gioco c'è il ritrovamento e la diffusione di una testimonianza unica e dirompente. In gioco c'è l'equilibrio mondiale. Tra il deserto infuocato e il mare aperto infestato dai moderni pirati, agli ordini del corsaro Al-Jama, Cabrillo e la Oregon stanno per affrontare la battaglia più pericolosa della loro carriera.
Emmett Conn è sempre stato un uomo senza passato. La vita che ricorda è iniziata quando aveva più o meno vent'anni, durante la Prima guerra mondiale, nell'ospedale inglese dove si è risvegliato dopo essere stato ferito in battaglia. Privo di memoria, ci avrebbe messo un anno per strappare all'oblio pochi, essenziali dettagli: si chiamava Ahmet Kahn ed era turco. Del resto, più nulla. Ora ha novantadue anni, è cittadino americano, vedovo della donna che l'ha salvato, l'infermiera che l'ha portato con sé negli Stati Uniti, dove lui ha lavorato duramente per mantenere la sua nuova famiglia, ha imparato una nuova lingua, si è costruito una nuova identità. Ma proprio ora, all'insorgere di una grave malattia, il presente acquista per Ahmet/Emmett contorni sempre più sfocati, lasciando trapelare ricordi da tempo sepolti. All'inizio sembrano incubi, o allucinazioni provocate dalle pesanti cure cui l'uomo è sottoposto. Vede colonne di deportati che subiscono sofferenze e abusi di ogni tipo, e un giovanissimo gendarme turco, testimone partecipe di quelle atrocità inflitte al popolo armeno. Su tutto, si staglia l'immagine di una ragazza di singolare bellezza, che il soldato, dopo averla maltrattata, finisce per proteggere. Per lei è pronto a uccidere, a disertare. A cambiare. L'anziano Emmett dovrà riconoscere in quel gendarme se stesso e in quella giovane armena, Araxie, il suo primo e perduto amore. E così il ricordo di quegli occhi inconfondibili lo spinge a intraprendere una ricerca che ha dell'impossibile.
Due storie narrate a capitoli alterni e che mai s'intersecano: quella dei due amanti che fuggono dalla società per chiudersi nel loro rapporto esclusivo e che nel tentativo d'interrompere una gravidanza finiscono con l'autodistruggersi; e quella del detenuto che durante la grande inondazione del Mississippi viene mandato in cerca di una partoriente aggrappata a un albero semisommerso, la trova, fa nascere il bambino, porta entrambi in salvo e poi, invece di darsi alla fuga, rientra nella monastica società del penitenziario. Estraneo a qualsiasi genere conosciuto, Le "Palme selvagge" non ha mai cessato di suscitare interrogativi. Si tratta di due racconti autonomi, intercalati per una qualche audace trovata? Di due racconti sotterraneamente legati? O di un romanzo, ancorché anomalo? Interrogativi ai quali ha fornito una risposta definitiva Kundera: "La "Sonata" opera 111 [di Beethoven] mi fa pensare a "Palme selvagge" di Faulkner, in cui si alternano un racconto d' amore e la storia di un evaso, due soggetti che non hanno nulla in comune, non un personaggio, e neanche una qualunque percettibile affinità di motivi o di temi: una composizione che non può servire da modello a nessun altro romanziere, che può esistere una volta e basta, che è arbitraria, non raccomandabile, ingiustificabile - ed è ingiustificabile perché dietro di essa si avverte un "es muß sein" che rende superflua ogni giustificazione".
Washington, 2010. Il presidente degli Stati Uniti è più che mai deciso a riuscire dove tutti finora hanno fallito: sconfiggere i narcotrafficanti che riversano ogni anno tonnellate di cocaina nel mondo occidentale, causando povertà e morte. Ma per affrontare uomini così spietati occorre qualcuno come loro, forse peggiore di loro: il Cobra, Paul Devereaux, una delle menti più brillanti del controspionaggio mondiale. All'ex agente della CIA, sprezzante e privo di scrupoli, viene affidata l'operazione volta ad annientare l'impero economico creato dal capo del cartello colombiano, il potentissimo Don Diego Esteban. Devereaux ha carta bianca e piena fiducia da parte del presidente. Sceglie come suo stretto collaboratore una vecchia conoscenza, Calvin Dexter, l'unico dimostratosi in grado di batterlo sul suo terreno preferito: l'astuzia. I due orchestrano così la più micidiale offensiva mai tentata contro i narcos colombiani, scatenando una lotta senza precedenti. Con Il cobra Frederick Forsyth si riconferma maestro del thriller attingendo all'attualità più scottante e dando vita a un romanzo coinvolgente ed estremamente documentato dove, seguendo le rotte della droga dagli Stati Uniti al Sudamerica, passando per l'Africa fino all'Europa, fiction e realtà si intrecciano con un impatto formidabile sul lettore.
Fondata, secondo la tradizione, nell'814 a.C. sulle coste dell'odierna Tunisia dagli abitanti fenici di Tiro, Cartagine si trasformò a poco a poco da fiorente centro commerciale in capitale di un impero con numerose e ricche colonie in ampie zone del Mediterraneo occidentale (Sardegna, Sicilia, Spagna). Quando Roma estese la propria egemonia sull'Italia meridionale, il confronto fra le due potenze degenerò in un interminabile e sanguinoso conflitto. Al termine della prima e della seconda guerra punica, fu chiaro che l'incontrastato dominio del Mediterraneo sarebbe toccato a Roma. Eppure, benché sconfitta, Cartagine era ancora "ingombrante" e minacciosa. Nel 146 a.C., al termine della terza guerra punica, le truppe romane al comando di Scipione Emiliano la raserò al suolo. Richard Miles sfida le narrazioni partigiane degli storici greci e romani, interroga criticamente le fonti, smascherandone le tendenziosità, le lacune e le manipolazioni. Il ritratto che ne emerge è quello di una città caratterizzata da una straordinaria vitalità economica, da una vocazione all'eclettismo e da una spiccata apertura verso altre culture. Nel ristabilire la verità dei fatti, Miles non solo ripara il torto storiografico subito da Cartagine, ma incrina profondamente la schematica visione di un mondo greco-romano come unico faro di civiltà in un contesto di incultura e barbarie, segnalando così la necessità di una riflessione autocritica sulle radici dell'Occidente.
È l'alba dell'11 settembre. Un giovane è uscito a correre nella luce ancora incerta del giorno. Incontra ragazzi sui pattini, in bici, madri con i passeggini. Avanza a falcate leggere prima che la sua vita, che sembrava ancora affacciata su un lungo futuro, finisca in un istante, nella polvere delle Torri. Toccherà a sua sorella colmare quella perdita e ricostruire il puzzle di una vita inghiottita in un baleno. A partire dal bimbo che il fratello forse ha avuto da una ragazza sconosciuta. E da quello che il vecchio padre, finalmente, ha deciso di rivelare... Una ricerca nei legami familiari che dura un anno. Un anno per trovare nella catena di promesse che non potranno più realizzarsi un disegno che dia un senso a ciò che un senso non ha.
È una notte pigra e un po' annoiata per tre adolescenti bianchi che percorrono le strade di Washington su una Gran Torino. Dentro, l'aria è inebriante di fumo, alcol, musica alla radio. Fuori, ogni curva è una promessa, una porta spalancata su un mondo di possibilità. Come la vita davanti a loro: tutto può essere, tutto deve ancora succedere. Heathrow Heights è a pochi chilometri dal loro quartiere, ma non ci sono mai stati. Là, non conoscono nessuno. Là, vivono solo i neri. Il posto giusto per andare a fare un po' di casino, per dimostrare che non hai paura di niente: cosa fondamentale, quando hai sedici anni. E anche se hai una fifa nera, te la tieni e stai zitto, per non fare la figura dello sfigato. Anche quando sai benissimo che, se sei fuori dal tuo territorio e non conosci le vie di fuga, rischi grosso. E infatti, quando il gruppo provoca tre coetanei di colore e poi finisce in una strada senza uscita, scatta la rissa. Parte un proiettile, uno dei bianchi muore, un altro resta sfigurato. Ma a cambiare è la vita di tutti. A più di trent'anni di distanza, i destini dei protagonisti torneranno a intrecciarsi. Perché uno dei sopravvissuti, che vuole chiudere i conti con quella notte, sceglierà la via della riconciliazione. E perché un altro, che ritiene invece di aver pagato troppo, deciderà di farsi giustizia. Con qualunque mezzo possibile.
Lina ha appena compiuto quindici anni quando scopre che basta una notte, una sola, per cambiare il corso di tutta una vita. Quando arrivano quegli uomini e la costringono ad abbandonare tutto. E a ricordarle chi è, chi era, le rimangono soltanto una camicia da notte, qualche disegno e la sua innocenza. È il 14 giugno del 1941 quando la polizia sovietica irrompe con violenza in casa sua, in Lituania. Lina, figlia del rettore dell'università, è sulla lista nera, insieme alle famiglie di molti altri scrittori, professori, dottori. Sono colpevoli di un solo reato, quello di esistere. Verrà deportata. Insieme alla madre e al fratellino viene ammassata con centinaia di persone su un treno e inizia un viaggio senza ritorno tra le steppe russe. Settimane di fame e di sete. Fino all'arrivo in Siberia, in un campo di lavoro dove tutto è grigio, dove regna il buio, dove il freddo uccide, sussurrando. E dove non resta niente, se non la polvere della terra che i deportati sono costretti a scavare, giorno dopo giorno. Ma c'è qualcosa che non possono togliere a Lina. La sua dignità. La sua forza. La luce nei suoi occhi. E il suo coraggio. Quando non è costretta a lavorare, Lina disegna. Documenta tutto. Deve riuscire a far giungere i disegni al campo di prigionia del padre. E l'unico modo, se c'è, per salvarsi. Per gridare che sono ancora vivi.
Abigail Harker abbandona il suo amato lavoro di lessicografa per diventare custode di un vecchio faro su un'isola sperduta al largo della costa del Nortb Carolina. Arrivata a Chapel Isle fuori stagione, Abigail immagina di trovarvi pace e solitudine e di poter esplorare con tranquillità l'isola che suo marito aveva amato da bambino. Ma le cose vanno diversamente. Il pittoresco faro in realtà è un edificio diroccato e inquietante che custodisce un misterioso passato. E, d'altra parte, Abigail è perseguitata dal suo di passato, anche se, lentamente, riesce a intessere legami sorprendenti con le persone del luogo e a stabilire un rapporto con il proprio dolore che le permetterà di trovare un nuovo equilibrio. Parole sulla sabbia racconta con grazia uno dei più grandi misteri della vita: la forza che nasce per farci superare una perdita devastante, attraverso il potere delle parole e la loro capacità di guarire, di trasformare, di toccare il cuore.
Il nero delle notti in Vietnam è solido, è un buio che ti si appiccica addosso. Cammini in fila, ti hanno ordinato di metterti in marcia per fare un'imboscata, ma quello che ti preme di più è non perdere di vista i compagni, non rimanere solo in mezzo alla boscaglia, dove ogni cespuglio può nascondere un nemico. Sei come un bambino nella foresta degli spettri, e sapere che sono dei Charlie non li rende meno spaventosi. Tim non avrebbe mai pensato di trovarsi lì. Cresciuto nel Minnesota, in una cittadina che si vanta di essere la capitale mondiale del tacchino, voleva andare al college, e fino all'ultimo aveva accarezzato l'idea di disertare. Ma poi, per non perdere la faccia di fronte ai suoi concittadini, decide di andare. Addestramento a Fort Lewis, da dove, dice Tim, bisogna partire per capire il Vietnam, sbarco come "Fucking new guy", fottuto pivellino, giornate in spiaggia, birra e donne come essere in vacanza, poi la prima linea, i cecchini, i compagni colpiti da una mina sotto i tuoi occhi, le pallottole che ti sibilano nelle orecchie, ti trapassano l'elmetto, ma tu sei ancora vivo. La paura che ti tiene in vita, ma che devi nascondere, gli amici che ti fai e quelli che perdi per sempre. E i vietcong, che sono ovunque e, se ne fai fuori uno, ce n'è un altro che lo rimpiazza, e che l'America non vincerà la guerra lo capisci perché non combatti per conquistare della terra, perché appena ti sposti perdi quello che hai occupato il giorno prima al prezzo di tante vite umane.