Victoria ha paura del contatto fisico.
Ha paura delle parole, le sue e quelle degli altri.
Soprattutto, ha paura di amare e lasciarsi amare. C'è solo un posto in cui tutte le sue paure sfumano nel silenzio e nella pace: è il suo giardino segreto nel parco pubblico di Potrero Hill, a San Francisco.
I fiori, che ha piantato lei stessa in questo angolo sconosciuto della città, sono la sua casa.
Il suo rifugio. La sua voce. È attraverso il loro linguaggio che Victoria comunica le sue emozioni più profonde. La lavanda per la diffidenza, il cardo per la misantropia, la rosa bianca per la solitudine.
Perché Victoria non ha avuto una vita facile. Abbandonata in culla, ha passato l'infanzia saltando da una famiglia adottiva a un'altra.
Fino all'incontro, drammatico e sconvolgente, con Elizabeth, l'unica vera madre che abbia mai avuto, la donna che le ha insegnato il linguaggio segreto dei fiori. E adesso, è proprio grazie a questo magico dono che Victoria ha preso in mano la sua vita: ha diciotto anni ormai, e lavora come fioraia. I suoi fiori sono tra i più richiesti della città, regalano la felicità e curano l'anima. Ma Victoria non ha ancora trovato il fiore in grado di rimarginare la sua ferita.
Perché il suo cuore si porta dietro una colpa segreta. L'unico in grado di estirparla è un ragazzo misterioso che sembra sapere tutto di lei. Solo lui può levare quel peso dal cuore di Victoria, come spine strappate a uno stelo. Solo lui può prendersi cura delle sue radici invisibili. Solo così il cuore più acerbo della rosa bianca può diventare rosso di passione.
Billy Twillig è un premio Nobel, il più geniale matematico della sua epoca, il massimo esperto in un campo di studi cosi specializzato ed estremo da coincidere, praticamente, con la sua sola persona. E ha quattordici anni. È stato prelevato da forze non meglio precisate e condotto in una località segreta dell'Asia centrale per partecipare all'Esperimento sul campo numero uno: un enorme centro di ricerca in cui studiosi di tutto il mondo cercano di raggiungere "la conoscenza. Studiare il pianeta. Osservare il sistema solare. Ascoltare l'universo. Conoscere noi stessi". Billy è stato convocato perché rappresenta l'unica speranza per decifrare il mistero supremo: tempo fa, proveniente dalla lontana stella di Ratner, è giunto un segnale radio che ha tutta l'apparenza di un messaggio da un'intelligenza aliena. Ma nemmeno la più alta concentrazione di scienziati del pianeta è riuscito a decodificarlo. Finora. "La stella dì Ratner" è, fin dal suo apparire nel 1976, tra tutti i romanzi di Don DeLillo l'oggetto del culto più tenace, enigmatico e sotterraneo. Qualche anno più tardi, tentando di spiegarne il segreto, lo stesso DeLillo dirà: "Ho provato a scrivere un romanzo che non solo avesse la matematica tra i suoi argomenti, ma che, in un certo senso, fosse esso stesso matematica. Doveva incarnare un modello, un ordine, un'armonia: che in fondo è uno dei tradizionali obiettivi della matematica pura".
Descrizione
Sono Jack Morgan, ex pilota dei Marines sopravvissuto per miracolo a una missione in Afghanistan dalla quale molti dei miei commilitoni e amici non sono tornati. Vivo a Los Angeles, dove dirigo la sede centrale della Private Investigations, forse la migliore agenzia di investigazioni del mondo, quella alla quale ci si rivolge quando servono il massimo della decisione e della discrezione. Giochiamo fuori dalle regole, abbiamo a che fare ogni giorno con i segreti dei personaggi più influenti del pianeta e ci avvaliamo dei più moderni strumenti dell’indagine scientifica. E in questo modo abbiamo sempre vinto. Finora.
Perché non bastava indagare su un caso di corruzione ai massimi livelli e su un assassino seriale che a Los Angeles ha già ucciso dodici ragazzine e non intende fermarsi... C’è stato anche il barbaro omicidio della moglie del mio miglior amico, la dolce e adorabile Shelby Cushman: un’esecuzione in stile mafioso, assolutamente incomprensibile per una ragazza solare che non aveva nulla da nascondere. Forse.
Sono Jack Morgan, ex pilota dei Marines e porterò a casa la pelle anche questa volta.
L'Autore
James Patterson è uno dei più grandi fenomeni editoriali dei giorni nostri. È il creatore di personaggi famosissimi come il profiler Alex Cross, le Donne del Club Omicidi» e i ragazzi della serie di Maximum Ride (pubblicata da Nord). È l’autore più venduto al mondo, con 160 milioni di copie (più di 2 milioni in Italia): negli Stati Uniti, ogni 15 libri venduti, uno è firmato James Patterson, per un totale di 16 milioni di copie all’anno.
Descrizione
Prefazione di Joe Lansdale
Traduzione di Luca Briasco
Torna in libreria il capolavoro di Erskine Caldwell, dichiarato dalla Modern Library come uno dei cento libri più importanti del Novecento. Con la ripubblicazione in Italia deLa via del tabacco, cui seguiranno gli altri titoli di Caldwell, a cominciare da Piccolo campo e Fermento di luglio, Fazi Editore intende riportare all’attenzione dei lettori italiani uno dei più grandi scrittori americani.
“Quando La via del tabacco apparve nelle librerie, colpì i lettori come un fulmine scagliato direttamente da Zeus. Non c'era mai stato niente di simile.”
Dalla prefazione di Joe Lansdale
Erskine Caldwell è il cantore della povertà, dell’imbarbarimento, della disperata lotta per la sopravvivenza dei contadini del Sud, una terra desolata che la Grande Depressione del ’29 aveva deprivato di ogni speranza di rinascita. Un mondo aspro e crudele, i cui confini coincidono con un avaro lembo di terra in cui abita una famiglia, i Lester, le cui necessità sono altrettante declinazioni della violenza, di una brutalità abbagliante e feroce che non ammette possibilità di riscatto.
Censurato, criticato – contro di lui e contro Faulkner scriverà parole di fuoco Margaret Mitchell, l’autrice di Via col vento, accusandoli di aver descritto “senza troppi riguardi” la miseria degli Stati del Sud – tradotto in 43 lingue, Erskine Caldwell è stato definito lo scrittore più letto del mondo con ottanta milioni di copie vendute. Da La via del tabacco (1932), John Ford trasse nel ‘41 un film entrato nel mito; nel 1945 Luchino Visconti ne diresse una memorabile trasposizione teatrale, avvalendosi della traduzione di Suso Cecchi d’Amico e dell’interpretazione di Vittorio Gassman.
L'Autore
Erskine Caldwell è nato nel 1903 a White Oak, in Georgia, ed è morto nel 1987. Figlio di un pastore presbiteriano, trascorse l’infanzia trasferendosi da uno stato all’altro seguendo il padre nelle diverse parrocchie che gli venivano affidate. Quando nel 1929 il suo romanzo d’esordio Il bastardo fu dato alle stampe, le copie furono sequestrate dalle autorità. Nel ’33, dopo l’uscita de Il piccolo campo, fu addirittura arrestato. Scrisse i romanzi appartenenti al cosiddetto “ciclo del Sud” (La via del tabacco, il Piccolo campo, Fermento di Luglio) povero in canna e in solitudine, in una fattoria semi abbandonata: solo più tardi ottenne i riconoscimenti che meritava, divenendo uno degli scrittori più noti, discussi e ammirati d’America. Proposto per il Nobel alla fine degli Sessanta, nel 1984 Caldwell fu eletto membro dell’American Academy of Arts and Letters.
Susan Abulhawa ha scritto un romanzo struggente che può fare per la Palestina ciò che il Cacciatore di aquiloni ha fatto per l'Afghanistan. Di vibrante realismo e inesorabilmente diretto alla verità, racconta con sensibilità e pacatezza la storia di quattro generazioni di palestinesi costretti a lasciare la propria terra dopo la nascita dello stato di Israele e a vivere la triste condizione di "senza patria".
Attraverso la voce di Amal, la brillante nipotina del patriarca della famiglia Abulheja, viviamo l'abbandono della casa dei suoi antenati di ‘Ain Hod, nel 1948, per il campo profughi di Jenin. Assistiamo alle drammatiche vicende dei suoi due fratelli, costretti a diventare nemici: il primo rapito da neonato e diventato un soldato israeliano, il secondo che invece consacra la sua esistenza alla causa palestinese. E, in parallelo, si snoda la storia di Amal: l'infanzia, gli amori, i lutti, il matrimonio, la maternità e, infine, il suo bisogno di condividere questa storia con la figlia, per preservare il suo più grande amore.
La storia della Palestina, intrecciata alle vicende di una famiglia che diventa simbolo delle famiglie palestinesi, si snoda nell'arco di quasi sessant'anni, attraverso gli episodi che hanno segnato la nascita di uno stato e la fine di un altro. In primo piano c'è la tragedia dell'esilio, la guerra, la perdita della terra e degli affetti, la vita nei campi profughi, come rifugiati, condannati a sopravvivere in attesa di una svolta. L'autrice non cerca i colpevoli tra gli israeliani, che anzi descrive con pietà, rispetto e consapevolezza, racconta invece la storia di tante vittime capaci di andare avanti solo grazie all'amore.
"Una storia che mi ha toccato emotivamente come solo i grandi romanzi possono fare".
Henning Mankell
Ottobre 1920. Mentre l’Europa è ancora alle prese con le ferite della Grande Guerra, nei locali e per le strade d’America impazza il jazz, la nuova musica esplosa nei ghetti di colore.
A Chicago, la città dove si sono riversate quasi tutte le stelle del jazz di New Orleans, arriva dalla natia Oak Park un ragazzo di vent’anni alto e snello, con splendidi occhi castani, capelli nerissimi e una fossetta sulla guancia sinistra «dentro la quale si potrebbe precipitare». A casa della famiglia Smith dov’è ospite, il ragazzo, che si chiama Ernest Hemingway, incanta gli astanti coi suoi racconti sulla Grande Guerra, durante la quale ha rimediato una mitragliata alla gamba destra nel tentativo di soccorrere dei feriti sul fronte italiano.
Rapita più di tutti dall’aria spavalda e dallo sguardo scintillante del ragazzo è un’amica di Kate Smith: Hadley Richardson, una ventottenne che, dopo la morte dei genitori, vive con la severa sorella Fonnie e la sua famiglia a St. Louis, sonnacchiosa città lontana anni luce dalla fervente Chicago.
Hadley ignora il jazz, ma suona al piano Rachmaninov e, diversamente dalle ragazze che frequentano casa Smith, non porta i capelli alla maschietta, ma raccolti dietro la nuca alla vecchia maniera vittoriana. Ernest rappresenta per lei tutto quello che le appare irrimediabilmente alle spalle: l’immagine stessa della gioia, della forza e dell’energia giovanili.
Il cuore le batte perciò all’impazzata quando, una volta tornata a St. Louis, riceve, meravigliosamente stropicciata, la lettera di Hemingway che esordisce con: «Penso sempre a Roma; ma che ne diresti di venirci con me… come mia moglie?».
Senza soldi e alla ricerca di vita, felicità e successo, la pura e sensibile Hadley e il giovane Hemingway partono alla volta della vecchia Europa. Non si stabiliscono a Roma, ma a Parigi, cuore della gioventù artistica e intellettuale europea e americana. Per Ernest è il periodo dell’elaborazione delle ferite interiori lasciate dalla guerra e della frequentazione dei salotti letterari, dove celebrità come Ezra Pound e Gertrude Stein possono aiutarlo a ottenere denaro e fama. Quando, però, dopo un figlio, arrivano anche il denaro e la fama, nell’inquieto scrittore esplode il desiderio di una vita libera, senza ceppi e legami, accanto a nuove e stimolanti conoscenze come John Dos Passos e Scott e Zelda Fitzgerald. Una vita che Ernest finirà col non condividere più con la riservata Hadley, così diversa da Kate, da Stella Bowen, da Kitty Cannell e dalle altre attrici e ballerine che ruotano attorno al celebre scrittore. Così diversa, infine, da Pauline Pfeiffer, irresistibilmente chic con quella frangetta scura e un’esuberanza da ragazzino.
Alla vigilia dell'elezione di Ahmadinejad, nella primavera del 2005, il "Time" invia come corrispondente a Teheran la giornalista Azadeh Moaveni. Per lei, originaria dell'Iran, è l'occasione di riabbracciare il suo Paese e vincere la forte nostalgia che da sempre la lega alla sua terra. L'arrivo nella capitale è sconvolgente. Azadeh subisce l'impatto con uno stile di vita e una cultura lontani dalla libertà a cui è abituata negli Stati Uniti. Ma l'aria di casa non tarda a travolgerla, le antiche abitudini riprendono vita grazie all'amicizia con Nasrine, giornalista come lei. L'Iran si svela così ai suoi occhi di donna e reporter: un incontro di tradizioni e di culture, nel quale convivono etnie diverse e orientamenti politici e religiosi opposti. E nel mezzo di questo mondo, percorso da contraddizioni e infinite contaminazioni tra modernità e tradizione, tra fondamentalismo e innovazione, che Azadeh apre il suo cuore e incontra Arash, giovane e brillante ingegnere deciso a portare la tecnologia open source, democratica e aperta, nella sua patria. Bastano poche parole ed è subito amore. Anche Arash ha vissuto a lungo in Occidente, e i due fanno fatica a conformarsi alle consuetudini iraniane. Vanno ad abitare insieme e, quando Azadeh rimane incinta, i due capiscono che non possono più sfidare la clemenza del regime. Frequentano quindi un corso prematrimoniale e si sposano. Ma per Azadeh e Arash è l'inizio di un'altra vita...
Nell’inverno del 1972, a New York, Nadia vive reclusa in una casa vuota, a fare i conti con la solitudine dopo un abbandono e con le difficoltà del suo mestiere di scrittrice. L’incontro di una sola notte con un giovane poeta cileno le cambierà la vita: lui decide di lasciarle in prestito i suoi mobili e di tornare in Cile, dove verrà inghiottito dalle carceri di Pinochet. A Nadia resta in eredità un’enorme scrivania, dotata di diciannove piccoli cassetti, uno dei quali impossibile da aprire. E quando dopo venticinque anni riceve la telefonata di quella che si presenta come la figlia del poeta, Nadia si rende conto di non volersi separare da qualcosa che è diventato parte integrante della sua identità.
Si tratta, forse, della stessa scrivania su cui da sessant’anni un antiquario di Gerusalemme sta cercando di mettere le mani, nel tentativo di ricostruire pezzo dopo pezzo lo studio di suo padre, saccheggiato dai nazisti a Budapest in una notte del 1944. E per un periodo sembra essere appartenuta anche a un’altra scrittrice, Lotte Berg, fuggita a Londra dalla Germania nazista: solo alla fine della loro vita insieme il marito di Lotte, un professore universitario inglese, capisce di non aver mai conosciuto a fondo la donna che ha amato di un amore struggente, e che proprio in quei cassetti nascondeva un terribile segreto.
Quella scrivania diventa il simbolo dell’intreccio fra destini lontani che inaspettatamente finiscono per collidere: con la sua ingombrante presenza e la sua insopportabile assenza incarna i ricordi, i rimpianti, le debolezze di chi l’ha posseduta e l’ha perduta, il peso opprimente di tutto ciò che riusciamo o non riusciamo a trasmettere alle persone che amiamo.
L’arrivo di una misteriosa giovane donna suscita immediatamente la curiosità dei cittadini di Southport: chi è e da dove viene Katie, la ragazza bellissima e riservata che lavora al ristorante di Ivan? Per un po’ lei non parla con nessuno, non fa amicizia, non esce la sera: c’è qualcosa nel suo passato che la riempie di paura e la spinge a nascondersi. Ma dopo qualche tempo non può resistere al calore della piccola comunità marina, alla simpatia del suo vicino di casa Jo, e soprattutto alla dolcezza di Alex, che è rimasto vedovo con due bambini ed è capace di offrirle l’amore e la sicurezza di una famiglia. Una sicurezza che il suo misterioso passato rischierà di compromettere.
Sanford Clark ha tredici anni e vive in Canada nella metà degli anni ’20. È un bravo ragazzino, senza troppi grilli per la testa e francamente non capisce per quale motivo sua madre Winnie insista perché si trasferisca in California con il fratello di lei, lo zio Stewart, intenzionato ad avviare un’attività di allevamento di polli. Sanford parte a testa bassa, con le parole di sua madre che ancora gli frullano nella mente: «Vedrai che sarà un’avventura, andrai a scuola, ti divertirai…». Ma la California non sarà per lui la terra promessa, solo un luogo solitario e ostile, dove il vero volto dello zio Stewart, attraente come un divo di Hollywood, rivelerà la sua natura deviata. Sanford diventa uno schiavo costretto a lavorare senza sosta. Maltrattato, sottoposto a ogni sorta di sofferenze e umiliazioni, si dovrà confrontare con il cuore nero e violento dello zio. Un essere dall’animo guasto e degenerato che lo rende complice di brutali atti di ferocia. Il ranch diventa per Sanford una prigione fisica e mentale, dove senso di colpa, abbrutimento e sopraffazione non gli danno tregua.
In fuga da un destino che pare segnato, riuscirà ad affrancarsi dal passato. Dimostrando che un’anima può mantenersi candida anche attraversando le fiamme dell’inferno.
Walter e Patty erano arrivati a Ramsey Hill come i giovani pionieri di una nuova borghesia urbana: colti, educati, progressisti, benestanti e adeguatamente simpatici.
Fuggivano dalla generazione dei padri e dai loro quartieri residenziali, dalle nevrosi e dalle scelte sbagliate in mezzo a cui erano cresciuti: Ramsey Hill (pur con certe residue sacche di resistenza rappresentate, ai loro occhi, dai vicini poveri, volgari e conservatori) era per i Berglund una frontiera da colonizzare, la possibilità di rinnovare quel mito dell'America come terra di libertà «dove un figlio poteva ancora sentirsi speciale». Avevano dimenticato però che «niente disturba questa sensazione quanto la presenza di altri esseri umani che si sentono speciali».
E infatti qualcosa dev'essere andato storto se, dopo qualche anno, scopriamo che Joey, il figlio sedicenne, è andato a vivere con la sua ragazza a casa degli odiati vicini, Patty è un po' troppo spesso in compagnia di Richard Katz, amico di infanzia del marito e musicista rock, mentre Walter, il timido e gentile devoto della raccolta differenziata e del cibo a impatto zero, viene bollato dai giornali come «arrogante, tirannico ed eticamente compromesso».
Siamo negli anni Duemila, quelli della presidenza Bush e dell'operazione Enduring Freedom, anni in cui negli Stati Uniti (e non solo...) la libertà è stata come non mai il campo di battaglia e la posta in gioco di uno scontro il cui fronte attraversa tanto il dibattito pubblico quanto le vite delle famiglie. Che si combattano guerre imperiali o guerre domestiche, in gioco c'è sempre la libertà e il senso da dare a questa parola.
Nove anni dopo Le correzioni, Jonathan Franzen torna con un romanzo spietato e divertente, un vasto affresco storico capace di un'umanissima, malinconica attenzione per il dettaglio: una riflessione sulla libertà e sulle cose cui siamo disposti a rinunciare per essa, sull'ambiguità di un diritto che a volte si fonda sulla sopraffazione dell'altro, sulle catene che ci imprigionano e su quelle che in realtà ci rendono più liberi. Ma questo è anche un romanzo sul matrimonio, su ciò che ci lega a un'altra persona, e sulla politica, che è ciò che ci lega a tutti gli uomini. Sul desiderio e il risentimento, sull'invidia che fonda le amicizie, sul conformismo della società di massa e sulle aspettative deluse: tutte cose che, a ben vedere, sono modi diversi di pensare la libertà.
Irene America e suo marito sono logorati da un rapporto d'amore ormai degenerato. Gil è un pittore affermato, Irene l'ossessivo soggetto dei suoi quadri. Coronata dalla nascita di tre splendidi figli, l'unione di Irene e Gil dovrebbe rientrare nello schema del Sogno Americano. Invece, dopo molti anni di matrimonio, la loro vita sta precipitando in una spirale distruttiva, percorsa da tensioni e litigi. La spiegazione è in questa frase di Irene: "Tu vuoi possedermi. E io ho commesso un errore: ti amavo e ti ho lasciato credere che potevi farlo". Così la donna, sapendo che il marito legge di nascosto il suo diario, decide di servirsene per manipolarlo e comincia a tenerne due: uno per i pensieri che non vuole confidargli e l'altro in cui lo mette continuamente fuori strada e gli insinua gravi dubbi sulla propria fedeltà. Dalle sue note Gil ricava l'impressione di avere perso la sua presa su di lei. Irene non lo ama più. Irene si nasconde. Irene ha deciso di lasciarlo.
In un crescendo di egoismi e meschine vendette, sempre morbosamente attuate in una cornice di complicità, si arriva al drammatico ma inevitabile finale. Passo nell'ombra è la storia di un amore devastante ma nello stesso tempo unico e indissolubile.