Luther Laurence è nero ed è in fuga dall'Oklahoma, cuore dell'America razzista, perché ha ucciso un uomo in un regolamento di conti. Danny Coughlin è bianco, di origini irlandesi, e lavora come agente alla polizia di Boston.
Ed è lì che si incontrano, nella città che, nel 1918, al termine della prima guerra mondiale, un crocevia di idee e nazionalità diverse. Anarchici italiani, rivoluzionari russi, immigranti a caccia di lavoro, mafiosi della nascente Cosa Nostra americana e gangster in lotta per la supremazia nel crimine organizzato. Un contesto carico di fermenti, che esploderanno in una serie di attentati e nel primo sciopero nazionale delle forze di polizia.
L'insolita amicizia fra i due, avversata dalla famiglia e da molti dei colleghi del padre di Danny, capitano di polizia molto stimato a Boston, sarà la forza che riuscirà a salvare entrambi dall'incombere degli eventi.
Sullo sfondo, il grande baseball americano, l'infuriare della pandemia di influenza spagnola, l'avvento del proibizionismo e un cast di personaggi indimenticabili: la giovane irlandese di cui Danny è perdutamente innamorato, la famiglia nera pronta a tutto per difendere la vita di Luther, il poliziotto cattivo e privo di scrupoli deciso a incastrarlo.
Un romanzo che cattura l'inquietudine politica e sociale di una nazione colta in un momento cruciale della sua crescita, dilaniata tra passato e presente, dove tutti sembrano impegnati in una lotta senza quartiere per la sopravvivenza e il potere.
Esistono molti modi per raccontare la vita di un uomo come Frank Lloyd Wright. E T.C. Boyle ne sceglie uno davvero particolare: le sue donne. Al diavolo il successo, l'intuizione che l'architettura deve creare un'armonia tra uomo e natura, o i progetti che hanno cambiato definitivamente il concetto di spazio vitale. Al diavolo tutto questo. Meglio parlare di sesso e di tradimenti, deviazioni dell'anima e contraddizioni, fallimenti e chiusure nel carattere del grande architetto. A innescare un percorso di memoria a ritroso è l'ironico e spesso sorprendente sguardo di un giovane studente di architettura giapponese - Sato Tadashi - che nel 1932 sbarca alla corte di Frank Lloyd Wright. Così, con passo di danza, fa entrare Olga, una ballerina serba che l'architetto incontra quando ha più di cinquant'anni e lei non arriva alla trentina. La porta con sé come donna delle pulizie a Taliesin, nel Wisconsin, il nido d'amore creato per un'altra amante, e presto diventa la terza moglie dopo Miriam. Miriam è una morfinomane, in gioventù sensuale e passionale, che ha costretto Wright a divorziare, e che tenta, prima con la violenza e poi attraverso vie legali, di allontanarlo da Olga. Andando ancora indietro, emerge, vigoroso e straziante, il personaggio di Mamah, un'amante dell'architetto femminista ante litteram che dà a Wright sei figli e viene uccisa in una notte di follia da un domestico infuriato per essere stato ingiustamente licenziato.
Artie, prolifico autore di libri illustrati, e Johanna, sua moglie e agente di borsa, quando non lavorano svolgono la classica vita di benestanti: portano a spasso il cane, vanno dal dottore per i controlli periodici, ospitano gli amici a cena... E hanno le loro buone ragioni per essere ottimisti: Leslie, la loro unica figlia, gli ha appena comunicato che avranno il primo nipote. Intanto l'11 settembre arriva inaspettato a sconvolgere le vite di tutti i personaggi. Una tragedia che non li tocca direttamente e non diventa il fulcro del romanzo ma quei morti danno ai protagonisti, come al mondo intero, un senso della fragilità. E nel frattempo, c'è un bambino in arrivo e la vita continua.
Charles Baudelaire e Graham Greene, rispettivamente padri nobili del flâneur metropolitano e dell'occidentale incline a perdersi nel primo Oriente a disposizione, sarebbero stati entrambi fieri di quel loro imprevedibile, inclassificabile, incorreggibile erede che risponde al nome di Lawrence Osborne: e Malcolm Lowry avrebbe di sicuro sottoscritto. Di fatto, però, il programma da cui Osborne parte stavolta ha pochi precedenti: raccontare alcuni periodi nella vita che un uomo «senza una carriera, senza prospettive, senza un soldo» decide di passare in una città scelta quasi a caso – Bangkok. Quanto poi succede a Osborne (mangiare al ristorante No Mani, dove i clienti vengono provvisti di bavaglino e imboccati; passeggiare la notte per il mattatoio della città, fra scannatori strafatti di droghe sintetiche che massacrano animali nel modo meno pulito e indolore; ritrovarsi in una stanza con due ragazze vestite da poliziotto, che avanzano facendo tintinnare le manette) è già di per sé materia per il romanzo che questo libro, in origine, era. Ma, quasi fra le dita del lettore, le storie che si intrecciano fra le pagine, e la voce che le racconta, diventano molto di più: il disperato profilo di alcuni espatriati giunti fin lì per cancellare, all'ultimo momento o quasi, tutta la loro vita precedente; l'autoscatto di uno scrittore sorpreso nel goffo, scatenato e non resistibile tentativo di innalzarsi allo stato di natura; lo schizzo di una città diversa da ogni altra, che è prima di tutto una nuova, fantasmagorica e in larga parte ancora inesplorata forma di vita.
Andrew Whittaker è indebitato fino al collo, la rivista letteraria che dirige è a un passo dalla bancarotta, la casa in cui vive cade a pezzi e la moglie lo ha lasciato. Andrew però non molla. È una fucina di idee, progetti. Forse anche illusioni e velleità. E scrive, forsennatamente, a chiunque. Poi raccoglie tutto. Un presente e un passato di sogni, ideali e rimpianti emerge dagli stralci del suo strampalato epistolario: lettere di rifiuto ad aspiranti scrittori, lettere alla ex moglie, lettere a ditte incaricate di rifare i soffitti di casa, lettere di sfratto, annunci di appartamenti in affitto, appunti, cose pensate, bozze di racconti, pezzi di un romanzo, lettere alla madre, post scriptum per la badante della madre, pagine di diario, liste della spesa, cartelli per gli inquilini del palazzo, ancora lettere, ancora pensieri, ancora cartelli... Ne esce l'impossibile catalogo di un amabile perdigiorno. O, meglio, di un nevrotico e coscienzioso archivista del tutto e del nulla in cui siamo immersi.
È da quando Westen aveva otto anni che nessuno lo chiama più Chan. Figlio di madre americana e padre cinese, dopo la tragica morte della prima e la partenza improvvisa del secondo è stato cresciuto dagli zii materni, e da allora il suo cognome è sempre stato Gray. A vent'anni di distanza, si rigira tra le mani la lettera su cui compare quel nome quasi dimenticato, indeciso se aprirla o meno, se dare una possibilità a quel padre che l'ha abbandonato tanto tempo prima e ora è tornato a cercarlo. L'uomo gli scrive intatti per chiedergli perdono e tenere fede a un impegno mai mantenuto: portarlo in Cina, la patria perduta da cui era fuggito con l'avvento del Comunismo. Di fronte a quella supplica, Westen ricorda che, quand'era bambino, una signora cinese (l'unica nella contea), leggendo da un grande libro rosso pieno di ideogrammi, gli aveva predetto che un giorno sarebbe andato in Oriente e gli aveva regalato una scatola di velluto blu, da aprire solo una volta arrivato là. Westen l'ha sempre conservata come una promessa di speranza, e adesso, forte di quel ricordo, acconsente a partire insieme al padre.
"Oggi i nostri volti di giovani ormai vecchi, scavati dalle febbri e dalle notti insonni, ci fissano impietriti, come estranei sperduti e dannati, dalle foto ingiallite conservate nelle scatole di cartone. Abbiamo ricostruito la nostra vita, abbiamo trovato un lavoro, ci siamo sposati, abbiamo creato una famiglia e atteso con pazienza che l'America rinsavisse. Ma nessuno di noi ha lasciato il Vietnam uguale a prima. Sì, eravamo soldati un tempo, quando eravamo giovani. E ora che siamo vecchi, siamo ancora soldati. Siamo soldati che piangono i giovani uomini e le giovani donne che sono morti su altri campi di battaglia, in altre parti del mondo, decenni dopo che la nostra guerra era finita così male. È facile dimenticare i numeri, ma come dimenticare le facce, le voci, le grida dei ragazzi che ti sono morti accanto? Anche chi di noi è riuscito a tornare a casa, non era affatto il giovane che era sbarcato lì. Gli studenti e gli scolari non mandano più a memoria i nomi e le date delle grandi battaglie, e forse è un bene, forse è un primo passo verso un mondo in cui le guerre non saranno più necessarie. Forse. Ma noi ricordiamo quei giorni e i nostri compagni. Perché nessuno di noi ha lasciato il Vietnam per davvero."
Indignazione è il nuovo romanzo di Philip Roth, il racconto dell'educazione di un giovane uomo alle terrificanti opportunità della vita nell'America del 1951.
Al centro del romanzo Marcus Messner, giovane ebreo di Newark come tutti i più noti personaggi di Roth. Nel lungo delirio che precede la sua morte per le ferite riportate combattendo in Corea, Marcus ricostruisce gli eventi che lo hanno condotto lì, tracciando così il ritratto di un'epoca.
Indignazione è una storia di inesperienza, stoltezza, resistenza intellettuale, scoperta sessuale, coraggio ed errore.
È una storia narrata con tutta l'energia inventiva e l'arguzia di cui Roth è maestro, e un ulteriore poderoso tassello nella sua analisi dell'impatto della storia americana sulla vita di individui vulnerabili.
Il nuovo romanzo di Roth è stato accolto con molto favore dai critici italiani. Repubblica del 9 settembre a Indignazione ha dedicato uno spazio in prima pagina e ne ha pubblicato un'anticipazione nelle pagine interne. E ancora Repubblica al romanzo ha dedicato la copertina di cultura del 14 settembre, con un'intervista di Antonio Monda a Philip Roth.
«Negli ultimi tempi ho scritto sempre di persone anziane.», ha dichiarato lo scrittore, «Questa volta ho voluto raccontare una storia di inesperienza e disperazione all'epoca di un periodo storico che tendiamo a dimenticare. Io venni arruolato in quel terribile conflitto [la guerra di Corea, ndr], ma, fortunatamente, la guerra terminò prima della mia partenza».
E al giornalista che gli chiedeva perché avesse scelto di raccontare ancora una volta un'iniziazione erotica e una storia di conflitti con l'ambiente accademico, Roth ha risposto: «Mi interessava raccontare la repressione sessuale precedente agli anni Sessanta. L'ambientazione in un college offre anche altri elementi di repressione e conflitto, anche se devo dire che come docente ho avuto un'esperienza interessante». (leggi l'intervista completa)
«In Indignazione ci sono gli elementi del miglior Philip Roth.», ha scritto Alessandro Gnocchi sul Giornale, «Quel che colpisce è la bravura eccezionale nel cogliere e raccontare temi universali, ad esempio il rapporto fra padri e figli. L'autore evita il rischio di cadere nella banalità con un racconto cinico ma toccante».
E se Francesca Borrelli, su Alias, ha definito Indignazione «la nuova magistrale performance di Philip Roth», Tiziano Gianotti così ha recensito il romanzo su D di Repubblica: «Roth è al suo meglio nel dar figura allo struggimento del giovane maschio alla soglia di un mondo ricco di opportunità, che si scopre frenato dalle pastoie delle convenzioni.[...] Un altro notevole libro di Philip Roth
Batuk ha quindici anni e due tesori: la sua bellezza e una matita. Viveva in campagna prima di essere venduta dalla famiglia, costretta dall'indigenza, alla tenutaria di un bordello. Da sei anni Batuk è prigioniera nella strada delle prostitute bambine, chiusa in una gabbia che lei chiama nido, affacciata sul vortice senza speranza delle vie di Mumbai. La bellezza le garantisce un trattamento di favore nella realtà agghiacciante che la circonda, ma l'unico modo per sfuggire all'orrore quotidiano è la sua capacità di dare voce al suo mondo interiore. Perché Batuk crede nella forza delle parole, nel loro potere consolatorio.
E così, procuratasi un quaderno azzurro, che nasconde segretamente in uno strappo del materasso, Batuk comincia a scrivere le sue storie: storie vere, come la sua e quella dei suoi compagni di schiavitù, e storie di fantasia, grazie alle quali riesce a spiccare il volo, dando un senso e una speranza alla sua esistenza. Sarà proprio la scrittura a permetterle di ribellarsi di fronte all'ennesimo gesto di cinismo e di spietata violenza.
Nella foresta pluviale del Congo, mentre è in corso una sanguinosa guerra civile tra l'esercito regolare e gli indigeni cannibali dell'interno, una missione scientifica alla ricerca dei mitici 'diamanti blu', da cui dipende il futuro della tecnologia dei computer, scopre l'esistenza di una misteriosa e intelligentissima razza di primati, anello di congiunzione nella catena biologica tra il gorilla e l'uomo.
Il cielo di Parigi ha il colore grigio e slavato della cenere in questo primo mattino dell'agosto del 1944. Daniel e Max Berenzon, padre e figlio, sono tornati in Rue de La Boétie dopo un'assenza durata più di quattro anni. Erano scappati, insieme con migliaia di altri ebrei, quando i primi aerei della Luftwaffe erano comparsi nel cielo francese. Daniel Berenzon è tornato con un solo scopo: riprendere possesso della sua straordinaria collezione di quadri, esposta per anni nella sua rinomata galleria di Rue de La Boétie. Opere di rara maestria e di incalcolabile valore, soprattutto "Les amandes" il quadro che Manet dipinse al termine della sua vita, con il fisico ormai devastato dalla sifilide. Berenzon stranamente non ha mai osato vendere quest'opera, comprata nel lontano 1918 per trentamila franchi. Max, il giovane figlio ed erede del mercante, si ritrova invece a Parigi con una sola speranza nel cuore: rivedere Rose Clément, l'assistente di suo padre. Padre e figlio, tuttavia, si imbattono nella più crudele delle scoperte: l'intera collezione di quadri è stata trafugata e di Rose Clément non vi è nemmeno l'ombra. Per Max il ritrovamento dei quadri perduti diventa una vera e propria ragione di vita. Il giovane inizia a perlustrare ogni angolo della città alla ricerca dei quadri e di Rose Clément, e sulle tracce di un devastante segreto di famiglia.
Milo Weaver ha trascorso anni a guardarsi intorno sospettoso, anni a ingollare anfetamine e a osservare il tremito continuo delle sue mani, e a sentire Grainger, il suo ex capo, declamare incipit di capolavori letterari per comunicare in codice il contenuto di nuove missioni. Una vita fatta di un incessante susseguirsi di città, volti minacciosi e cupe ossessioni, come l'interminabile caccia alla Tigre, un killer capace di uccidere come, se non addirittura meglio di lui. Milo Weaver era, infatti, un "turista". Uno di quelli che, secondo il Libro nero del turismo - la bibbia, il Sacro Graal dei turisti, esistente soltanto in introvabili ventuno copie - è pronto a eliminare chiunque senza pietà, in ogni istante e in ogni parte del mondo. Nessuno conosce il Libro nero del turismo. Nessuno sa chi siano i turisti, poiché i turisti non appartengono all'intelligence, ai servizi segreti ufficiali di Stati e governi. I turisti sono la più organizzata, potente, feroce agenzia segreta che si conosca. Si muovono solo per le operazioni più oscure e gli scopi più inconfessabili, solo quando è in gioco davvero il potere, e i delitti esigono veri, spietati professionisti. Weaver era uno di loro. Apparteneva a questo mondo oscuro del quale pensava di essersi liberato, ma nessuno può liberarsi del turismo. Grainger lo ha scovato di nuovo e gli ha ordinato di partire per la Francia per una missione: trovare Angela, sua vecchia compagna di avventure che sta facendo il doppio gioco.