L'autore si sentiva vicino a Dante, come francescano e per antica consuetudine personale: circolava infatti la voce che sapesse tutta la Divina Commedia a memoria. «Mai si era trattato per lui di un vezzo intellettuale o di una superficiale ricreazione: padre Allegra sentiva Dante calzante a proposito delle domande che la sua vita poneva, ancora di più in Cina, dove era a diffondere la Parola di Dio, in una parola umana che non l'aveva conosciuta, ma che pure aveva altissima dignità» (dall'Introduzione).
Padre Allegra sente Dante rispondente alle domande del proprio cuore e adatto al bisogno spirituale dei popoli che incontra, da missionario. E trova in Dante il tema centrale del mistero della conversione dei pagani. La Roma antica come la Cina: i due grandi imperi che nella storia non erano mai entrati in contatto diventano nei due Diari danteschi, scritti da p. Allegra nel 1965 e nel 1967, l'uno lo specchio dell'altro.
Il volume raccoglie una riflessione quotidiana, per lo più di ordine spirituale, partendo da versi della Divina Commedia.
Sommario
Prefazione. Introduzione. Cronologia essenziale della vita di padre Gabriele M. Allegra. Nota ai testi. Bibliografia e sigle utilizzate. I. IL VII CENTENARIO DELLA NASCITA DI DANTE, 1965. II. SCINTILLE DANTESCHE, 1967. Appendice. Gabriele M. Allegra: Universalità e attualità del messaggio di Dante. Indice delle citazioni. Indice dei nomi.
Note sull'autore
GABRIELE MARIA ALLEGRA (San Giovanni la Punta [CT] 1907 - Coloane [Macau] 1976), al secolo Giovanni, nel 1923 entra nel convento dei frati minori francescani a San Vito di Bronte (CT). Nel 1931 giunge come missionario in Cina per dirigere il seminario minore di Heng Yang. Nel 1945 inaugura a Hong Kong l'Istituto biblico, di cui sarà prefetto e vice-prefetto. Apre l'Istituto sociologico a Singapore, che dirige dal 1961 al 1963, anno in cui fonda la Società dei buoni scrittori. Tra le sue opere ricordiamo la traduzione della Bibbia (1968) e il Dizionario biblico (1975), entrambe in cinese, oltre a due trattati di dottrina sociale (De doctrina sociali christiana e Tractatus de Ecclesia et de Statu). Dopo l'avvio della sua causa di beatificazione, nel 2002 Giovanni Paolo II decreta il suo primo miracolo.
Anno Mille. Un monaco deforme fa parlare di sé come della "perla di Reichenau". Incontrarlo cambia per sempre la vita di chi lo avvicina. Quell'uomo oltraggiato nel corpo fa scoprire le ferite nascoste della propria anima e, insieme, fa sentire che la vita può ricominciare. A dispetto delle apparenze, egli non ha paura di desiderare la felicità, dimostrando che a nessuno, in nessun momento, può essere impedito di alzare gli occhi verso il cielo".
Quando a vent'anni sentii don Giussani raccontare la vita di questo santo, mi invase una certezza che non mi ha più abbandonato: il cristianesimo è questo avvenimento che prende un uomo deforme e ne fa un uomo così, curioso di tutto, assetato di bellezza, intenso nell'affezione. Mentre la voce di don Giussani ripercorreva la vita di Ermanno, sentivo che finalmente avevo incontrato ciò che il cuore aveva sempre atteso: la possibilità di un'esistenza lieta, in cui niente sarebbe più stato contro di me, neanche me stessa, i miei limiti fisici e morali.
Anche Laura Vallieri ha avuto la vita investita da questa commozione e la restituisce in questo romanzo di cui è protagonista il grande monaco di Reichenau, la cui statura umana si riflette nei personaggi che gli gravitano intorno.
Mariella Carlotti
Laura Vallieri è nata a Milano. Insegna Lettere nelle scuole secondarie di primo grado. Il cielo è vicino è il suo romanzo d'esordio.
"Il commissario Montalbano si tiene costantemente d'occhio. È frastornato dai trasognamenti. Qualcuno gioca ingegnosamente con lui. Misura i passi del commissario. Li indirizza. Li spinge là dove è inutile che vadano: lungo piste che, se sono giuste, si rendono irriconoscibili, si cancellano, o si labirintizzano. Montalbano ha una sua cultura cinematografica. E gli viene in mente il vecchio film 'La signora di Shanghai' di Orson Welles: il torbido noir, con tutti i suoi scombussolamenti, e tutti i suoi illusionismi barocchi. Montalbano entra nel film. E vede se stesso disorientato, dentro la scena finale, nella sala degli specchi di un padiglione del Luna Park. Il prodigio degli specchi altera lo spazio visibile. Si spara. Ma non si capisce se i bersagli sono reali o esito di un gioco di specchi. Un villino, un giro di macchine, una storia d'amore un po' scespiriana, due esplosioni apparentemente insensate, un proiettile senza tracciabile direzione, una coppia di cadaveri, bruciato uno, bestialmente violentato l'altro, entrano nella trama del romanzo. La narrazione si concede focali corte, inquadrature insolite, avanzamenti lentissimi alternati a piani-sequenza vertiginosi. Scorre come un film. Turba e sconvolge, ma non si nega qualche respiro ludico, utile anch'esso alla soluzione del giallo. Persino Catarella ha il suo momento di gloria, alla fine." Salvatore Silvano Nigro
Nel 1567 l’Abbazia Lateranense delle isole Tremiti subì un furioso attacco da un’imponente flotta del Sultano Selim Secondo. Uno dei badiali ricorda la sua vocazione, il suo arrivo nella comunità, l’impegno sacerdotale e la strenua difesa contro i turchi per salvare un faro della presenza cristiana nel mare Adriatico. La luce sul mare è la gloriosa abbazia nel suo ruolo di evangelizzatrice nei secoli. Il mare, ponte fra le terre, è l’altro protagonista di questa vibrante narrazione, paesaggio naturale e metafora dello spirito contemplativo.
“In mezzo al mare, il silenzio può anche essere un impercettibile sciacquio, un’onda ovattata o tremenda, una delicata carezza sugli scogli, o un fragore come di tuono lontano. È il passaggio di un gabbiano stridulo. In mezzo al mare il silenzio è solo apparente immaginazione. Il silenzio del mare è un compagno vociferante della solitudine. In quella prima notte a Sant’Agata il silenzio era la perfetta assenza delle cose, l’assenza del vento, di un uccello, di un fruscio casuale, di un latrato. Appoggiavo la testa al cuscino e ascoltavo il battito del cuore nelle tempie e un debole ronzio nelle orecchie. Ma appena mi alzavo, e quella notte fu insonne, tutto taceva. Il mio cuore sembrava scomparso, inghiottito nella quiete più assoluta”.
L'Autore
Angelo Maurizio Mapelli è docente in un liceo di Bergamo. Ha al suo attivo conferenze, collaborazioni con giornali e riviste anche a tiratura nazionale ed esperienze di conduzione televisiva e radiofonica. Per anni, alle Isole Tremiti, ha collaborato con un’importante società di viaggi e vacanze in qualità di responsabile delle escursioni. Dall’assidua frequentazione di quei luoghi nasce questo appassionato romanzo, omaggio a una terra amatissima. Mapelli ha recentemente pubblicato Diomede di Argo, Sestante Editore, 2006, Il viaggio dei Magi, Il Cerchio, Rimini, 2007. Ha curato due antologie di giovani autori: Banchi di fantasia, Sestante, 2008 e Giovani in cammino, Mariano Spina Editore, 2011 (a cura di A. M. Mapelli/O. Talarico). Ha nel cassetto molte pagine che attendono la luce.
Il più importante romanzo di Papini, scritto nel 1912, prima della conversione al cristianesimo. Si tratta di un romanzo autobiografico, riguardante soprattutto i successivi entusiasmi e delusioni che il giovane intellettuale fiorentino provava per le mode filosofiche del suo tempo. L'edizione presente aggiunge al testo originale alcune pagine inedite, scritte da Papini in quegli stessi anni e sui medesimi argomenti. Una ricca documentazione filologica e una introduzione critica dell'italianista della Sorbona, François Livi, arricchiscono l'edizione.
Vanja è bellissima. Alta come una modella, lo sguardo di ghiaccio e i lunghi capelli completamente bianchi... il suo fascino enigmatico spicca nella sala semivuota dove è in corso una conferenza sulla leggendaria isola di Atlantide. Ovvio che la noti uno scrittore di romanzi gialli, tanto sembra fuori posto in quel luogo. Come è insolito il mestiere che si è scelta in Italia: la dama di compagnia. E le sorprese sono appena cominciate: poche ore dopo l'incontro alla conferenza, muore in circostanze sospette l'anziana signora che Vanja assisteva, una donna che è stata un tempo una famosa veggente, e che porta con sé il segreto delle sue visioni. Tra cui forse proprio la chiave che apre la porta dell'isola perduta. Affascinato dalla giovane slava, il protagonista inizia una personale indagine. Ma presto viene travolto da un turbine di indizi e prove che assumono una luce ancor più sinistra in presenza di nuovi omicidi. Una trama in cui nulla sembra avere senso, e in cui compaiono via via fatti e personaggi sempre più strani. Nulla, se non appunto le tracce appena visibili di quella antica terra, Atlantide, e del mistero della sua scomparsa. Perché è da quella remota tragedia che tutto ha avuto origine. Lo crede disperatamente Vanja, custode di un segreto inconfessabile che si è portata dentro dalla nascita. E comincerà a crederlo anche il protagonista, sempre più sconcertato da quello che va scoprendo: Atlantide è davvero esistita, le sue rovine attendono qualcuno che le riporti alla luce con il loro segreto.
Sotto i cieli azzurri di Bahia, tra le pianure bruciate dal sole e dai pesticidi chimici lungo il fiume Sào Francisco e nei grattacieli delle potenti multinazionali di un Brasile inedito, si sta giocando una partita che può segnare il futuro dell'umanità. La lotta per il potere di una delle più ricche e spregiudicate famiglie brasiliane, i Johannsen, si intreccia con gli interessi di uno dei più temibili uomini d'affari dei nostri giorni, il Drago. Un uomo dal passato misterioso che ha costruito il suo impero economico sulla più grande ricchezza del pianeta: l'acqua. E che per tutta la vita è stato tormentato dal sogno proibito di possedere non solo la fonte, il luogo fisico da cui sgorga, ma possedere lei. Tutto rimane nascosto dietro a un velo finché un giovane scienziato di talento, Matheus Braga, e una caparbia attivista di nome Sarah Clarice si trovano di fronte a una serie di fotografie sconvolgenti di corpi che l'acqua ha deformato e reso irriconoscibili. Da quel momento restano intrappolati in un'indagine che li catapulterà nel cuore nero della politica di un paese in vertiginosa ascesa.
Amedeo Consonni, tappezziere in pensione, vive in una casa di ringhiera, arredata, grazie alla sua arte, come prezioso boudoir. Si dedica, nel tempo libero, ad un ascetico collezionismo: archiviare notizie su delitti feroci e violenti, provenienti da qualsiasi fonte. E quando dalle cronache rimbomba dappertutto il caso dello strano omicidio "della Sfinge", è immediato per lui occuparsene. Un egittologo dilettante è stato ucciso, il cadavere mutilato ridotto a mimare una statua egizia. Nel frattempo davanti alla sua finestra sul cortile, trascorre la giornata degli altri inquilini. Ci sono Erika e Antonio, nel monolocale vicino. C'è il vecchio De Angelis, che bada solo alla sua Opel. La professoressa Mattioli, cinquantenne affettuosa, attraente anche per l'alone di mistero che la circonda. Si arrabatta la famiglia dei bambini Gianmarco e Margherita: il padre è alcolizzato e la madre cerca di difendere eroicamente il decoro. Su questo mondo, misero ed egoista ma, a guardarlo senza rancore, commovente nelle sue inutili passioni, improvvisamente cala un'atmosfera delittuosa. Negli appartamenti di ringhiera scompare un uomo e appare un cadavere di donna. E questo muove tutto un vento di equivoci e di sospetti che sconvolge gli inquilini. E mentre i delitti del cortile marciano caoticamente verso una loro beffarda rivelazione, confuso, frastornato e travolto dagli eventi, Amedeo, senza volerlo, guida l'indagine alla verità.
Un italiano non più giovanissimo ha esplorato per anni la Spagna mosso dall'ossessione e dalla fede: la fede che il senso iberico della festa, della morte, della comunità gli trasmetteranno, per vie che non conosce, il segreto profondo del suo essere. Non conosce le vie, ma sa che passeranno per "i tori" - questo è il modo in cui in spagnolo si chiama la corrida. Nel suo viaggio lo scortano Hemingway, Garcia Lorca e Bataille, ma anche Platone e i miti greci, e lo bracca il nostro disprezzo verso quelle forme antiche di liturgia, di arte, di allevamento, in cui rispetto materiale e identificazione spirituale si fondono in modi sconosciuti alla nostra sensibilità. In un bar di Cadice, l'italiano si imbatte in Rafael Lazaga Julia, un suo coetaneo ex torero che accetta di iniziarlo, di insegnargli alcune figure del toreo e chissà, di prepararlo un giorno ad affrontare se non un torello - cosa già impensabile per un dilettante - una pur temibile vacca selvaggia. Rafael lo ospita nella propria famiglia, una famiglia pervasa di mistero: una famiglia eterna con al centro l'ineffabile Mariana, sorella cieca e veggente di Rafael, e il suo bambino, Paco. Attraverso questi incontri l'italiano potrà approfondire la conoscenza di un rito che è un'isola di verità e riflessione nel mare accanito e conforme della modernità, potrà penetrare il senso che dà il confronto pieno con la morte, arriverà ad avvertire il segreto equilibrio fra tragedia e commedia, fra fato ed arbitrio.
"Saigon e così sia", dal titolo di un famoso articolo di Oriana Fallaci pubblicato da "L'Europeo" nel maggio 1975, raccoglie per la prima volta in volume i reportage dal Vietnam del Nord e dalla Cambogia (1969-1970), alcune celebri interviste ai protagonisti di quel conflitto e lo straordinario resoconto della caduta di Saigon. Come scrive Ferruccio de Bortoli nella Prefazione, "è l'ideale continuazione di "Niente e così sia", un diario preciso, un racconto fedele. Che comincia con una delusione, cocente. Con la sensazione, dolorosa (quando Oriana sbarca ad Hanoi), che quel Paese avvolto in 'un silenzio disumano' fosse molto diverso dall'immagine eroica e antimperialista che ne aveva gran parte dell'Occidente, e che aveva sedotto anche lei". Quest'opera molto attesa, alla cui preparazione la Fallaci aveva messo mano più volte, ancora nei mesi precedenti la sua scomparsa, completa l'eccezionale testimonianza della guerra nel Sud-Est asiatico. È il governo comunista di Ho Chi Minh a invitare Oriana, nel 1969, dopo i reportage dal Vietnam del Sud pubblicati da "L'Europeo" e tradotti nel mondo intero. La Fallaci incontra il generale Giap, parla con le giovani donne impegnate nella difesa antiaerea, intervista due prigionieri americani. Così come nel Sud aveva condannato la politica estera della Casa Bianca, qui sarà la prima a esprimere posizioni critiche su un regime immobile, cupo, "chiuso a chiave in muraglia ideologica".
È il 1981, Ciccio lavora a Foggia in un negozio di dischi e vuole fare il deejey. Tonio è un genio dell'elettronica, intrappolato nell'officina del padre. Giovanni, bello come Alain Delon, è l'ala destra dell'Aquilana calcio, la grande promessa del calcio italiano. Teresa, la sua fidanzata, ha deciso, partirà, finirà gli studi e diventerà un medico. E poi Lorenzo, il prete che ama Jimi Hendrix, e irrompe in paese all'alba su una vecchia citroen. Tre ragazzi, una ragazza e un prete. Un luogo inghiottito nella valle, dove tutto sembra immobile e i segreti germogliano sotto i sassi. Un giorno Ciccio ha un'idea: fare una radio, dare una scossa a quella vita fatta di niente. In un paese dove il mondo arriva in ritardo, la musica si lancerà nell'etere per scorticare il silenzio. E la voce di Lupo Solitario, il mitico dj, si materializzerà in una notte di tregenda.
Estate 1975. Nello scenario di una Puglia misteriosa, tra la campagna e il mare, quattro ragazzi vivono un'esperienza che segnerà per sempre le loro esistenze. Matteo Leoni, un tredicenne timido e riservato con la passione per la scrittura e la cugina Valentina, sua coetanea bella e intelligente, gli altri amici. L'estate scivola tra escursioni avventurose, corse in bicicletta, presenze inquietanti, bagni notturni, rocambolesche vicende familiari, amori sotterranei, risse e scoperte stupefacenti. Sullo sfondo la traccia misteriosa della foresta, compatta e scura, disegnata a rilievo sulla campagna. Come un cane nero, che corre. Poi arriva settembre, e segnerà la linea di confine, imprevedibile, che dividerà le loro vite.