"La vita cos’è?” Alla vigilia della partenza per il Vietnam come inviata de “L’Europeo”, nell’autunno del 1967, Oriana Fallaci tenta di rispondere alla domanda della sorellina Elisabetta: “La vita è il tempo che passa tra il momento in cui si nasce e il momento in cui si muore”. Ma la risposta le sembra incompleta e l’interrogativo la accompagna durante il lungo viaggio. All’arrivo a Saigon l’atmosfera è sospesa, surreale. L’agenzia France Press diretta da François Pelou sembra l’unico tramite con il resto del Paese ed è da quella base che la Fallaci si muove per testimoniare l’insensatezza della guerra: dalla battaglia di Dak To all’offensiva del Tet e all’assedio di Saigon, gli orrori del conflitto sono annotati giorno dopo giorno nel suo diario. C’è il rifiuto: “Perché quasi niente quanto la guerra, e niente quanto una guerra ingiusta, frantuma la dignità dell’uomo”. La pietà: “Quel fiume di corpi silenziosi e atterriti che avanza spingendo carrette, biciclette, vacche, maiali, bambini… Dio che spettacolo infame”. La consapevolezza: “Ci ha dato troppo questo piccolo Paese: ci ha dato la coscienza d’essere uomini”. Ci sono le voci dei soldati degli opposti schieramenti e le pagine struggenti del quaderno di un vietcong. Quando, dopo un anno, la Fallaci torna nella sua Toscana e ritrova la piccola Elisabetta, una risposta per lei ce l’ha. “La vita è una condanna a morte. E proprio perché siamo condannati a morte bisogna attraversarla bene, riempirla senza sprecare un passo, senza addormentarci un secondo, senza temer di sbagliare, di romperci, noi che siamo uomini, né angeli né bestie, ma uomini.” Pubblicato nel 1969, Niente e così sia è considerato un classico della letteratura, un romanzo di guerra che è un inno alla vita.
New Jersey, 2007: qualcosa di molto pericoloso viene rubato da una base militare del governo americano. Quattro agenti segreti si mettono sulle tracce dell'oggetto misterioso, lo inseguono attraverso tre continenti sfidando la morte per portare a termine la missione. Aisha, l'esotico fiore all'occhiello della CIA, Mordechai Dekhnavitsh, il numero uno del Mossad e Viscardi, lo spietato assassino del Vaticano. Tutti i Servizi del mondo sono a caccia della Spia, l'uomo senza nome che ha rubato ciò che potrebbe cambiare le sorti dell'intero pianeta. Un oggetto narrativo senza precedenti, un'esperienza d'intrattenimento unica nel suo genere: J.A.S.T. è un romanzo, ma non è solo un romanzo.
I tre volumi contenuti nel prezioso cofanetto raccolgono i dieci episodi della serie che rivoluzionerà la narrativa d'azione. Ogni episodio di J.A.S.T. ha la durata, il ritmo e lo stile narrativo delle puntate delle fiction televisive americane.
Una terribile peste dilaga a Napoli dal giorno in cui, nell'ottobre del 1943, gli eserciti alleati vi sono entrati come liberatori: una peste che corrompe non il corpo ma l'anima, spingendo le donne a vendersi e gli uomini a calpestare il rispetto di sé. Trasformata in un inferno di abiezione, la città offre a Malaparte visioni di un osceno, straziante orrore: la ragazza che in un tugurio, aprendo «lentamente la rosea e nera tenaglia delle gambe», lascia che i soldati, per un dollaro, verifichino la sua verginità; le «parrucche» bionde o ruggine o tizianesche di cui donne con i capelli ossigenati e la pelle bianca di cipria si coprono il pube, perché «Negroes like blondes»; i bambini seminudi e pieni di terrore che megere dal viso incrostato di belletto vendono ai soldati marocchini nella piazzetta della Cappella Vecchia, dimentiche del fatto che a Napoli i bambini sono la sola cosa sacra. La peste - è questa l'indicibile verità - è nella mano pietosa e fraterna dei liberatori, nella loro incapacità di scorgere le forze misteriose e oscure che a Napoli governano gli uomini e i fatti della vita, nella loro convinzione che un popolo vinto non possa che essere un popolo di colpevoli. Null'altro rimane allora se non la lotta per salvare la pelle: non l'anima, come un tempo, o l'onore, la libertà, la giustizia, ma la « schifosa pelle». E, forse, la pietà: quella che in uno dei più bei capitoli di questo insostenibile e splendido romanzo - uno dei pochi che negli anni successivi alla guerra abbiano veramente, nel mondo intero, lasciato un solco indelebile - spinge Consuelo Caracciolo a denudarsi per rivestire del suo abito di raso, delle calze, degli scarpini di seta la giovane donna del Pallonetto morta in un bombardamento, trasformandola in Principessa delle Fate o in una statua della Madonna.
Danilo Pulvirenti è un antiquario romano, un uomo che ha fatto della sobrietà e dell’intransigenza una regola di vita, ma che nel recinto dei propri desideri è fermamente convinto che l’individuo sia sovrano assoluto. In questo recinto, Danilo è divorato dall’ossessione erotica, che presto lo conduce alla creazione di un Rivale – nel delirio erotico, l’espediente più classico per riaccendere il desiderio nei confronti del partner. Ma il gioco gli sfugge di mano e fi nisce per contagiare tutti gli altri aspetti della sua esistenza. Walter Siti ci consegna un romanzo nel quale l’ossessione erotica trasmigra dalla fi ction per condensarsi in proposizioni fi losofi che. In tal senso, anche se ci parlano del protagonista, esse riguardano in realtà l’esperienza di tutti, poiché tracciano i lineamenti fondamentali degli impulsi più oscuri.
I protagonisti di una civiltà letteraria, anche i più originali, non vivono mai isolati. Sono maestri o allievi, sono intellettuali in competizione fra loro o solidali nella lotta per una certa idea di letteratura e, magari, di società. Nessuna isola è un'isola, ogni scrittore è riconducibile a un mondo.
Le mappe, i grafici e i racconti che compongono questo Atlante della letteratura italiana individuano, attraverso la geografia, le trame della nostra cultura letteraria, e strada per strada, città dopo città, collocano nel posto preciso del tempo e dello spazio tutto quanto contava nel paesaggio sociale e mentale di scrittori e intellettuali.
«Pensata nello spazio oltreché nel tempo, la storia della letteratura italiana assume un profilo estremamente mosso, che restituisce tutto il loro rilievo alle presunte periferie di un'Italia troppo a lungo disegnata intorno a un unico asse toscano. Ne emerge un dato evidente e mai messo a fuoco con tanta nettezza, anche se da tempo risaputo: l'Italia letteraria ha conosciuto, dal Duecento all'Ottocento, una geografia policentrica, come non è avvenuto per nessun altro paese europeo; ha ruotato, spesso e lungamente, intorno a città diverse da Firenze o da Roma, o addirittura esterne ai confini della penisola, com'era l'Avignone trecentesca dei papi. Si può dire che fino allo spartiacque del 1860-61, cioè fino alle sorprendenti e quasi mirabolanti vicende che propiziarono l'Unità, la civiltà italiana abbia vissuto al ritmo di una singolare alternanza tra città-perno: capitali in pectore di Italie probabili o improbabili, possibili o impossibili, capitali letterarie elettive che l'Atlante identifica, illustra, e alle quali intesta un'età della nostra storia».
Comitato scientifico: Mauro Bersani, Amedeo De Vincentiis, Erminia Irace, Michele Luzzatto, Sergio Luzzatto, Gabriele Pedullà, Domenico Scarpa
«Sara se n'è andata via il giorno in cui è finita la scuola. L'estate si è spalancata all'improvviso: ha inghiottito i miei bambini tutti insieme, ha svuotato la mia casa e io sono rimasto lì, una macchina sul ciglio di un burrone».
Ogni sera Pietro si china sulla pancia di Sara per sapere se dentro c'è qualcosa che nasce, e ogni sera lei, toccandosi il ventre, aspetta di poter dare un nome al loro futuro insieme. Ma la speranza rimane un'attesa, e l'attesa spacca tutto come una crepa nel muro. Fino a quando ogni cosa si sfalda e sul tavolo della cucina resta soltanto un foglio, o meglio una bomba che si prepara a esplodere. «Telefonato tua madre, è morto Mario». E poco sotto una domanda scritta di fretta: «Mario?» Mario è il nonno di Pietro, ma più che un parente è lo scheletro nell'armadio di una famiglia e di un paese intero. Tornato folle dalla campagna di Russia, vissuto dentro una clinica eppure morto per tutti, per lui la guerra non è mai finita. Ora fa la sua comparsa morendo per davvero, come un fantasma molto terreno che ha lasciato troppe domande dietro di sé.
L'estate si apre quel giorno con un duplice addio, spalancata come una casa vuota e piena di strade possibili. La prima è un viaggio a ritroso, con in tasca il peso di un segreto che Pietro e Sara si sono nascosti tanto a lungo da non poterlo dimenticare.
La seconda è un viaggio sul Don, carico di tutte le storie che Mario non ha mai raccontato: un percorso lungo quasi settant'anni, alla ricerca vana di una Russia che non c'è più, come provare a tuffarsi nelle acque del 1943.
Sono i ricordi degli altri che dentro di noi non trovano appiglio, come promesse tradite dal tempo. Con una scrittura tesa e tersa fino alla poesia, Andrea Bajani ci racconta la responsabilità e la difficoltà di ricordare. La memoria è una trama forata, i fili si slacciano e si disperdono nell'ordito di una realtà vissuta al presente.
Ma è proprio lì, tra le omissioni e le mancanze, che forse si annida un senso. Lungo quelle strade deviate, dove si affacciano risposte impreviste a domande mal poste.
55 a. C. Una flotta da guerra giunge in vista di una terra ignota, popolata da feroci guerrieri, capaci di incutere timore persino ai soldati di Giulio Cesare. Di fronte al panico che coglie le truppe, un uomo si lancia nelle acque gelide. È Lucio Petrosidio, aquilifero della Decima Legione. Come un solo uomo, dietro la sua aquila, la legione degli immortali va all’assalto. Per Cesare e per Roma, Lucio e i suoi compagni, Massimo, Quinto, Valerio, si batteranno senza tregua per conquistare la Britannia, e per proteggere Gwynith, la schiava dai capelli rossi che ha conquistato il cuore dell’aquilifero. Fino a un luogo chiamato Atuatuca, dov’è in agguato un destino di sangue...
35 a. C. Dal ponte di una nave, un uomo osserva le coste della grande isola ormai prossima. Al suo fianco il gladio dei legionari, nella mente i ricordi di un’epopea di guerra e di morte, in cui aleggiano i fantasmi dei compagni caduti. È per dar pace a quei fantasmi, e alla sua coscienza, che il vecchio soldato sta tornando in Britannia. Perché da allora c’è una donna in attesa del suo uomo e c’è una battaglia iniziata vent’anni prima che aspetta lui per concludersi definitivamente.
CD Mp3, versione integrale. Un racconto appassionante felicemente sospeso tra biografia e reportage; un viaggio che porta Lerner da Beirut ad Aleppo, fino alla regione ucraina di Leopoli, per concludersi sorprendentemente al confine tra Libano e Israele. Letto da Gad Lerner.
Il libro
In questo racconto inatteso, di straordinaria intensità e autenticità, Gad Lerner si addentra nel suo Gilgul familiare, nelle "scintille d'anime" della sua storia personale.
Un racconto appassionante felicemente sospeso tra biografia e reportage; un viaggio che porta Lerner da Beirut ad Aleppo, fino alla regione ucraina di Leopoli, per concludersi sorprendentemente al confine tra Libano e Israele.
Specifiche
Formato: CD Mp3, versione integrale. Per ascoltare questo audiolibro è necessario un lettore Mp3.
Durata: 8 ore 4 minuti
Letto da: Gad Lerner
Tecnico del suono: Stefano Mariani
Studio di registrazione: Omnia - B - Milano
Immagine di copertina: Cartolina di Beirut in una elaborazione dell'ufficio grafico Feltrinelli
Progetto grafico: Internozero
Paolo Milesi, un ex brigatista uscito dal carcere dopo aver scontato trent’anni anni per omicidio, prova a rimettere insieme i cocci della sua esistenza. Tornato a vivere in Veneto Paolo incontra Lina, ricca gallerista che si innamora di lui e del suo passato, ma è proprio con quel passato che lui vuol chiudere i conti. Tra dubbi e tentennamenti, l’ex brigatista decide di perseverare nel suo cammino e cerca – senza successo – di incontrare il figlio dell’uomo che ha ucciso per chiedergli perdono.Anche il suo vecchio capocellula – ormai un politico di successo – e il sacerdote che lo aveva involontariamente portato a sceglierà la via della lotta armata non vogliono avere più nulla a che fare con lui. Paolo riesce però a incontrare in Spagna Viola, la donna che ha amato da ragazzo e che partecipò con lui all’omicidio di Giraldi, e scopre di essere padre.
Nuovamente in Italia, Paolo viene ingiustamente arrestato per l’omicidio di Marina. Il figlio di Giraldi si offre inaspettatamente di aiutarlo nel processo, ma sarà Don Lorenzo – un sacerdote conosciuto qualche mese prima – a prendere in mano le redini della vicenda e decidere il destino di Milesi.
Destinatari
Un libro per il grande pubblico.
Punti forti
Il tema sempre attuale degli anni di piombo.
L’autore
Franco Davanzo, nato a San Donà di Piave nel 1961, è sposato e ha due figli. Laureato in architettura, oltre la famiglia ha due grandi passioni: la letteratura e i viaggi. Nel 2009 ha pubblicato il suo primo romanzo Il padre dei sogni (Iacobelli, 2009).
Alla vigilia del nuovo millennio, un uomo si ammala e deve subire un delicato intervento chirurgico rinviato per un esame preliminare andato male. Nella lunga attesa decide di non ricevere visite. Preferisce passare il tempo leggendo e prendendo appunti per un ipotetico libro che non ha mai trovato il tempo o la voglia di scrivere. Scrive anche tre lettere fondamentali. A un suo collega d'ufficio. A un sacerdote che lo ha amato e da cui è scappato. A un misterioso personaggio senza nome, una specie di alter ego, vero o inventato, con cui ha creduto di parlare per tutta la vita. In queste tre lettere l'uomo racconta incontri ed eventi fondamentali nella propria esistenza, svela retroscena, e allo stesso tempo riflette sulla storia del proprio paese: il mitico e mancato '68, il lavoro odiato, le contestazioni al teatro di parola alla fine degli anni Settanta, i desideri fuggiti, gli amori infelici vissuti e suscitati, la rivoluzione tecnologica. Un percorso accidentato, ironico, doloroso, accompagnato da un dubbio: "Ho trascurato davvero la parte migliore della vita?"
Pasqua bassa del 1989 tra Arcevia e Urbino. Il protagonista, alle prese con la propria passione imperfetta – una sorta di gelosia non del tutto vissuta – sperimenta la propria educazione sentimentale come affetto per i luoghi, per una comunità e una famiglia in cui è incapace di radicarsi senza riserve, pur subendone il fascino. In Racconto di primavera, libro “indocile, sospeso e allarmato” (Walter Pedullà), i luoghi della memoria si fanno attualità di una crisi ormai manifesta: comunismo e identità religiosa, infatti, sembrano essere sul punto di dissolversi per sempre, e le pagine si popolano di figure vivide, colme di una tenerezza infantile e caparbia: Guerrino, Mira, Titti, Ghiga, Gaia… In questo mondo imperfetto e irraggiungibile ogni tradizione pare svanire nell’ultima data concessa, quella dell’89, dove è la storia stessa a gettarsi in una dimensione di euforica impossibilità. Nelle pagine si apre a tratti un varco, un’eco, una redenzione o solo una nostalgia, poi quando prendono corpo le voci delle bambine e degli alberi, la primavera si incarna finalmente nel mito come una ferita e una possibilità di salvezza.
GLI AUTORI
Leonardo Bonetti è nato a Roma nel 1963. Autore e compositore, Racconto d’inverno, oltre ad essere il suo primo romanzo, è anche una lunga suite musicale (ARPIA, Racconto d’inverno, Musea Records, 2009).
Una giovane donna muore e il marito Matteo, sconvolto, comincia a interrogarsi sulla loro vita in comune. Mano a mano viene trascinato in un vortice di indizi e di incredibili rivelazioni, di false piste e di agnizioni inattese. Un telefonino che continua a suonare, messaggi che lampeggiano nella notte. Un amante segreto? Un amico troppo caro? Una seconda vita misteriosa? Una malattia nascosta? Un passato che ritorna? O solo un uomo e una donna che hanno smesso di comunicare, che non hanno saputo mettere a nudo il loro cuore. Questo non è un romanzo. È una storia che scommette sull'impossibile e trasforma la narrazione dell'indicibile in lettura awicente. È un libro sulla paura e sull'incapacità di amare. Un racconto estremo sulla mancanza di coraggio che affligge spesso la nostra vita quotidiana. Sulla difficoltà di vivere appieno la propria vita. Succede tutto nel tempo veloce e atroce del funerale di Luisa, in quello spazio breve e vuoto dove il tempo viene sospeso. Matteo scopre di non sapere nulla della giovane moglie e vorrebbe a tutti i costi tornare indietro. Vorrebbe amarla, abbracciarla, conoscerla, condividere giorni felici con le due figlie piccole. Ma non è più possibile. Si può soltanto pensare di ripartire, stavolta senza troppi preparativi e con un bagaglio nuovo di verità irrinunciabili. Scabra, essenziale, affilata dalla lama di uno sguardo impietoso, la narrazione corre veloce verso il suo finale liberatorio.