"Amo gli uomini del pressappoco e odio, o per meglio dire non mi sono simpatici, quelli che hanno le certezze assolute. In pratica amo quelli che parlano, che ascoltano, che cambiano parere". In un momento storico in cui i fondamentalismi tornano a insanguinare il mondo e vecchi e nuovi assolutismi offrono certezze in cambio di fedeltà cieca, il pressappoco è (o meglio "sembra") una medicina salutare di cui si sente sempre più il bisogno. E chi meglio di Luciano De Crescenzo, relativista di scuola partenopea, poteva scrivere questo elogio del dubbio preventivo? "I principali nemici del pressappoco - spiega - sono i religiosi, i politici, gli innamorati e i tifosi di calcio." Per non parlare del telefonino, del computer... Ogni materia infatti ha il suo pressappoco: quello della musica ad esempio è il jazz, quello del sesso la masturbazione.
Gaetano è un giovane di un remoto paese della Sicilia degradato dall'abusivismo, una sorta di paese fantasma con un passato di miseria e un futuro di disintegrazione sociale e culturale. Molti sono emigrati in Germania, tra questi anche il padre di Gaetano che vorrebbe tirar fuori il figlio da quella palude: è tornato in paese per questo, vuole aprire un bar in Germania, vuole che Gaetano l'aiuti. Il figlio però non intende seguirlo. Lì ha i suoi amici, la prospettiva di una laurea, una zia che ama moltissimo, la memoria della madre e un timore, quello di finire come i tanti immigrati che arrivano sulle spiagge del suo paese: "morti di fame" che hanno perduto, insieme alla terra, la loro dignità e qualsiasi prospettiva di vero riscatto. Come Alì, un nordafricano che, espulso dalla propria terra, ha scelto la clandestinità e l'anonimato, alla disperata ricerca di un qualche futuro. Ed è in un'azienda agricola gestita da un boss della zona, tra quelle serre che "come un mare finto" dilagano nel paesaggio, che s'incrociano, rispecchiandosi l'uno nell'altro, i destini di Gaetano e Alì.
Una mattina di novembre, sei uomini armati in una banca. Una comune rapina, che si porta dietro un cadavere. La vita di Francesco che cambia di colpo. Quando qualcosa che dovrebbe chiudere col passato finisce invece per andarlo a stanare.
Un passato lontano. La fine degli anni Settanta, l’inizio degli anni Ottanta. Una loggia massonica che ha al suo interno militari, politici, uomini dei servizi segreti, banchieri e bancarottieri. Ragazzi di vent’anni che diventano il più pericoloso gruppo terroristico di estrema destra. Un’organizzazione clandestina che cambia faccia, ma non cambia uomini, non cambia ideali. Un magistrato che tenta di capire. E un uomo che molti vorrebbero uccidere insieme ai suoi segreti e che Francesco, invece, vorrebbe conoscere. Il suo presente viene dalla storia di quegli anni, coperta da una polvere così sottile che a volte basta soffiare un po’ più forte per farla affiorare. Dal racconto di quell’Italia assordata da troppi silenzi. E di quello che è successo prima e dopo l’esplosione alla stazione di Bologna, il 2 agosto 1980.
La trama dei rapporti familiari, e in particolare il vincolo che lega una madre al figlio, sono il fulcro di Il vento e la moto. Con la sensibilità e la capacità d’immedesimazione della scrittrice autentica, Grazia Livi riesce a esprimere quello che non riusciamo a dire né a noi stessi né alle persone che ci sono più care. I vortici in cui si possono avvitare i sentimenti vengono via via svelati, con la precisione di un sismografo, irradiando una suggestione profonda.
Una prosa limpida accompagna i sottili movimenti del cuore nella vita quotidiana: fughe, pene, rancori, intenerimenti, attese, slanci di gioia e di comprensione. Il vento e la moto ci coinvolge nelle vibrazioni dei personaggi e ci fa scoprire in loro la nostra stessa fragile umanità.
L'ordine animale delle cose è nascosto sotto la superficie del potere umano sul mondo. Antonio Prete ci racconta di animali fantastici e animali reali, di animali che sono stati parte della sua vita o l'hanno attraversata con la forza del simbolo, dell'allegoria o della semplice presenza. Un bestiario privato e illuminante, cui l'autore affida la nostalgia di una purezza perduta. O, forse, un sogno: che all'uomo sia riservato "un tempo in cui, deposta infine la pretesa superiorità del genere umano, e appresa dagli animali la forma profonda del pensiero", saremo pronti per una nuova, inattesa metamorfosi. Un'evoluzione al contrario.
Una grande riflessione in forma di romanzo su Dio, su quella forza che spinge ognuno di noi sulle sue tracce sia per trovarlo sia per negarlo, su quella ricerca che non avrà mai fine perchè l'arma della ragione non potrà mai aiutarci.
Una giovane donna, uscita da un lungo periodo di oblio in seguito a un incidente misterioso, vuole riappropriarsi del suo passato, anche se sente tornare a galla paure dimenticate. Pezzo dopo pezzo, trepidando, ricostruisce la propria vita recente, dove si nasconde l'enigma di quello che le è successo. E decide di mettersi in viaggio per incontrare l'uomo di cui era innamorata, l'unico che sia a conoscenza di tutta la vicenda. Ma rintracciarlo è difficile, richiede la pazienza e il coraggio di immergersi nel ventre molle della quotidianità, nella vastità anonima dell'Italia dei grandi centri urbani. Città dove molti non sanno più usare le parole per comunicare, dove ognuno vuole vedere solo ciò che gli fa comodo, che lo rassicura. Quando finalmente la protagonista raggiungerà il suo antico amore, non dovrà fronteggiare solo la verità ma anche una travolgente e pericolosissima passione...
Il gioco è questo: si chiede ad alcuni grandi scrittori del nostro tempo di scegliere un personaggio storico o mitologico o letterario o immaginario pensandoci bene. Perché deve trattarsi non di un personaggio qualsiasi, ma del loro personaggio: rovistando nel tempo lungo della Storia possono trovare un amore lontano, un maestro, un doppio, un nemico: in ogni caso uno a cui hanno delle domande da fare. E anche inventarsi le risposte diventa una forma d'interrogazione o di rispecchiamento, se ci si lascia guidare da un'ossessione, da una simmetria, dall'ironia o dalla complicità. Così Baricco e Victoria Cabello scelgono Rossini, Camilleri Venerdì di Robinson Crusoe, Vinicio Capossela Bach, Carofiglio Tex Willer, Emma Dante Polifemo, Lucarelli Edgar Allan Poe, Odifreddi Galileo Galilei, Scurati Garibaldi, Walter Siti Ercole, Pincio Kurt Cobain, Gianmaria Testa Fred Buscagline. Un gioco nuovo che si misura con la tradizione: erano i primi anni Settanta quando la Rai rivolse lo stesso singolare invito ad alcuni dei maggiori scrittori e intellettuali italiani, tra cui Italo Calvino, Umberto Eco, Leonardo Sciascia, Giorgio Manganelli, Vittorio Sermonti, Edoardo Sanguinetti.
Nel cuore del deserto del Sinai sorge una fortezza inespugnabile, protetta da marchingegni temibili. Infuriava la quarta crociata quando uomini vestiti di bianco con una grande croce rossa sul petto giunsero sulla cima della Montagna della Notte per nascondere un segreto. Una formula antica, che molti credevano perduta. La formula per creare il fuoco greco, l’arma micidiale che per secoli ha permesso a Costantinopoli di tener testa alle armate degli infedeli. Da allora pochi cavalieri, scelti tra i più valorosi dell’Ordine del Tempio, difendono il loro tesoro a qualunque costo. Nessuno ha mai varcato i confini della fortezza senza perdere la vita.
Secoli dopo, nel 1666, l’agha Hettin, signore di Algeri, si mette sulle tracce della formula, con l’aiuto di studiosi ed esperti di cose antiche. Il suo braccio armato, il fanatico predone Al-Raisul e il suo esercito di Sciacalli del deserto sono incaricati di recuperarla. Al loro passaggio la sabbia si fa rosso sangue.
Con il segreto del fuoco greco nelle mani di Hettin, l’Occidente cristiano avrebbe i giorni contati.
Ma qualcosa sconvolge i suoi piani: l’intrepida Beatrice, bellissima zingara catturata dai pirati e ceduta prima all’harem di Hettin e poi a quello del sultano di Costantinopoli, scopre le sue mire e, una volta libera, con l’aiuto del suo uomo Fulminacci e del saggio Melchiorri, decide di trovare la formula prima che cada nelle mani sbagliate.
Senza rendercene conto, nel corso degli anni diventiamo adulti rischiando di soffocare la parte geniale e infantile di noi, e tutti i desideri più profondi che animano la nostra esistenza. Attraverso un racconto che affonda le radici nel mito, questo libro ci guida alla riscoperta del nostro Bambino interiore, e alla rinascita della parte migliore di noi. Per questo l'autore narra di Dei e di uomini coinvolti in vicende atroci: storie di genitori che tradiscono i figli, e di figli che lottano per non morire, o per rinascere - o che, semplicemente, si arrendono per sconforto o per amore. Nelle storie sacre greche ed ebraiche (da Tantalo fino a Cristo) si rivela una struttura fondamentale della personalità: la tensione tra l'io e il Bambino interiore. La perdita di quest'ultimo distrugge ogni senso di originalità e di libertà, e atrofizza quella forza di desiderare e di crescere di cui il Bambino è simbolo. Come si manifesta la sindrome? Come si può guarire da questa nevrosi? Invece di costruire ipotesi interpretative, l'autore narra quali furono i sentimenti e le riflessioni di Zeus sul crimine di Tantalo. Racconta perché Minosse costruì il Labirinto, e che cosa provava nel Labirinto suo figlio, il Minotauro, ingiustamente ritenuto crudele e mostruoso. E delinea la "terapia" della sindrome del figlicidio nel mito di Demetra, che si ribella all'Olimpo per ritrovare la sua Bambina rapita.