Tutta giocata di sponda è la partita di biliardo (umano) su cui si impernia questo romanzo giallo: o meglio "antipoliziesco", giacché sin dall'inizio ci esibisce l'assassino. La prima palla a finire in buca, per un colpo a la bande, è la testa calva del professor Winter, esimio germanista: centrato dai proiettili dello squisito consigliere cantonale Kohler, cade con la faccia nel piatto di tournedos Rossini che stava gustando nel ristorante Du théâtre. Quindi, a una a una, rotoleranno in buca le altre palle - un playboy, una squillo d'alto bordo, una perfida nana, un protettore -, delineando un autentico rompicapo: "II comandante era disperato. Un omicidio senza motivo per lui non era un delitto contro la morale, bensì contro la logica". Kohler, poi, in galera è l'uomo più felice del mondo: trova giusta la pena, meravigliosi i carcerieri, e intreccia serafico ceste di vimini. Ha un unico desiderio: che l'avvocato Spät, squattrinato difensore di prostitute, si dedichi finalmente a un'impresa seria (ma a lui sembrerà pazzesca) e riesamini il caso partendo dall'ipotesi che non sia Kohler l'omicida: "Deve solo montare una finzione. Come apparirebbe la realtà, se l'assassino non fossi io ma un altro? Chi sarebbe quest'altro?". Accettata la sfida, Spät precipiterà ben presto in un gorgo, in una surreale commedia umana e filosofica che tiene tutti - lettori in primis - col fiato sospeso: per quale ragione Kohler è di umore tanto allegro? E perché mai ha ucciso Winter?
Terminato l'incubo della seconda guerra mondiale, l'Europa si risveglia profondamente ferita non solo dalle devastazioni materiali, ma molto di più da quelle interiori e spirituali. Tre fratelli, di nobile famiglia, ritornano a casa e ritrovano quella "chiarezza della sera", dopo che la terra ha cessato di essere in collera con i suoi abitanti e la vita torna a fiorire nel grembo di una giovane donna, in cui ella riscatta, insieme al proprio passato, la dannazione della guerra e della morte dipinta nella figura del parroco del villaggio Senzanome (sine nomine) che ha consumato la sua "Missa" crocifisso sulla porta della sua chiesa.
L'edizione, affidata alla germanista Anna Maria Carpi, presenta l'intera opera di Kleist suddivisa tra Racconti, Teatro, Scritti minori e Saggi. Alcuni testi poetici e alcune prose sono qui tradotti per la prima volta in italiano. Nella maggior parte dei casi si è fatto ricorso a traduzioni classiche firmate da traduttori importanti (Giorgio Zampa, la stessa Carpi, Enrico Filippini, Renata Colorni, Marina Bistolfi), in un paio di casi le traduzioni sono nuove (in particolare quelle di Cesare Lievi, uomo di teatro, della "Brocca rotta" e del "Principe di Homburg"). Ricchissimo il commento, che per ciascuna sezione e testo affianca una lettura di taglio critico-interpretativo a informazioni di carattere filologico ed esegetico. Di grande respiro critico è il saggio introduttivo e ricca la Cronologia che ripercorre in modo approfondito la breve ma intensa vita di Kleist, fondandosi principalmente sull'epistolario.
Tre ragazzini di dodici anni: James, schiacciato dalle aspettative dei genitori e voglioso di fare il bravo ragazzo; Reggie, uno sbandato senza padre e con una madre che passa da un fidanzato all'altro; e Willie, debole e sognatore. In un'estate da incubo Willie è investito da un camion e perde un braccio. Subito dopo sorte ancora peggiore tocca a un altro ragazzino, investito e ucciso. Si diffonde la sindrome del camionista serial killer, e viene decretato il coprifuoco: per Reggie, James e Willie, l'occasione ideale per lanciarsi in esaltanti scorribande notturne, spedizioni proibite nelle quali tireranno fuori il meglio e il peggio di sé. Fino a uno scioglimento drammatico, che li costringerà a crescere e segnerà a fondo le loro vite.
"Sono convocata. Giovedì alle dieci in punto." Una giovane donna senza nome, in una città rumena, un appuntamento obbligato e temuto con i servizi segreti del regime di Nicolae Ceausescu. Durante il tragitto in tram per presentarsi all'interrogatorio, immagini e figure della vita attraversano la mente della protagonista: l'infanzia in una cittadina di provincia e il desiderio semierotico da lei provato per il padre, il primo matrimonio con un uomo che "non era capace di picchiarmi e perciò si disprezzava", i racconti strazianti del nonno sulla deportazione. E poi la giovane amica Lilli, uccisa da una sentinella alla frontiera con l'Ungheria mentre tentava di fuggire dal paese; e Paul, le sue giornate e le sue notti trascorse fin troppo spesso nell'alcol, ma anche i momenti di felicità vissuti insieme a lui, come bagliori fuggevolmente accesi. Tutto si affaccia alla memoria e si intreccia al presente, agli interrogatori e alle vessazioni, all'angoscia quotidiana e agli stratagemmi con cui il pensiero cerca tenacemente di non soccombere. Con questo romanzo Herta Müller ci offre un'esplorazione toccante e magistrale su come la dittatura arrivi a impadronirsi di ogni fibra dell'umano.
I tre romanzi brevi L’amico ritrovato, Un’anima non vile e Niente resurrezioni, per favore, nascono dalla tragedia di chi, disperatamente innamorato della Germania e della sua cultura, se ne vide nel 1933 improvvisamente allontanato in nome di una motivazione aberrante come quella razziale.
In L’amico ritrovato questa lacerazione coincide con la fine di una fortissima amicizia fiorita al liceo di Stoccarda tra due adolescenti: l’ebreo Hans Schwarz, figlio di ricchi borghesi, e il nobile Konradin von Hohenfels, per molti aspetti diversi, ma accomunati dall’amore per Goethe, Schiller, Hölderlin e la dolce campagna del Württemberg. Il nazismo travolge questo legame con la forza di un contagio che sembra colpire anche l’amico prediletto e condurlo al tradimento.
La smentita verrà solo trent’anni dopo, imprevista e commovente, dalle righe di un vecchio album di scuola e dall’ultima lettera scritta ad Hans da Konradin, divenuto ufficiale della Wehrmacht e prossimo a essere giustiziato per aver preso parte alla congiura contro Hitler: una confessione che è anche l’appassionato tentativo di spiegare come un popolo intero possa precipitare nella barbarie, e risponde ai quesiti che L’amico ritrovato aveva lasciato aperti. Ma forse la chiave dell’intera Trilogia va considerato Niente resurrezioni, per favore: il confronto, nella Germania opulenta del dopoguerra, fra l’ebreo emigrato Simon Elsas e i suoi vecchi compagni di scuola non garantirà la riconciliazione, ma suggellerà la ferita dell’animo, la reciproca incomprensione, la colpevole dimenticanza del passato.
Prima del silenzio. Una notte d’inverno, la strada ghiacciata, neve tutt’intorno, un’auto sbanda, si schianta contro un albero, il guidatore è gravemente ferito. Aveva appuntamento con lo sconosciuto che poche ore prima aveva rapito suo figlio Sven, mentre era fuori casa con il fratello maggiore. Adesso tutto è inutile: l’uomo sa che sta per morire. E sa che anche suo figlio morirà.
Dopo il silenzio. Da ventitré anni lo psichiatra Jan Forstner vive con l’angoscia della scomparsa del fratellino. Tutto ciò che gli resta è un registratore che Jan aveva portato con sé la notte in cui erano usciti insieme e dove sono incise le ultime parole di Sven: «Quando torniamo a casa?» E poi il silenzio. E gli incubi che da quella notte non hanno smesso di tormentarlo. La notte in cui il padre è morto in un incidente d’auto.
La vita di Jan si riassume tutta in quella notte: ha studiato psichiatria come suo padre, si è specializzato in criminologia e ora è tornato al punto di partenza: alla Waldklinik, la clinica dove lavorava il padre e dove adesso lavorerà anche lui. Vorrebbe ricominciare a vivere, lasciarsi alle spalle l’incubo, ma quando una paziente della clinica si suicida, Jan si trova coinvolto in un’indagine che svelerà un segreto atroce rimasto sepolto per ventitré anni...
Per la prima volta da quando si era trasferita in Germania, Janet Beerbaum si sente diversa: libera, senza passato e senza futuro, senza vincoli e impegni. Il suo viaggio nel Kent finalmente la fa sentire a casa, nel suo ambiente e con la gente giusta. Ritrovare a Londra Andrew, l’ispettore di polizia di cui era da sempre innamorata, la farà sentire, dopo tanti anni, una donna ancora in grado di amare e di essere amata. Eppure Janet sa di avere delle grosse responsabilità nei confronti della famiglia che ha creato, verso Phillip, suo marito, uomo mite e sempre disponibile, e verso Mario e Max, i suoi affascinanti e inseparabili gemelli, che però le causano non poche preoccupazioni...
Andrew non può aiutarla, né può indagare sulle cause che l’hanno spinta a ritornare da lui: qualcosa gli impedisce di comprendere qual è il tipo di relazione in cui ora Janet lo vuole coinvolgere, ma il suo istinto di poliziotto e la sua ostinazione gli suggeriscono di indagare a fondo. Qual è il segreto di Janet? Da che cosa sta scappando? Perché appare così turbata quando lui le racconta dell’assassino che ha catturato e che sta per essere processato? E, soprattutto, quando viene a sapere che Mario è in Provenza in vacanza con la sua ragazza, l’equilibrio che Janet si era imposta comincia precipitosamente a frantumarsi. Un turbine di eventi sconvolgerà la vita di tutti, il passato tornerà imperioso a saldare i conti, ma fino a che punto Janet si spingerà per salvaguardare le persone che ama veramente?
Jasper Lüdemann ha trentun anni, si è trasferito da Bochum a Chicago con in testa una sola certezza: «tra i trenta e i quaranta bisogna darci dentro». Del resto, chi potrebbe pensare diversamente avendo in tasca un biglietto da visita come il suo: trader alla Rutherford&Gold, un colosso della finanza internazionale, e sulla scrivania un portafoglio di speculazioni di prim'ordine, prezioso lascito di un collega fatto fuori nel giro di mezz'ora?
Meike Urbanski ha piú o meno la stessa età di Jasper Lüdemann e un'idea che le frulla nella mente: mollare tutto, compagno, casa, Amburgo, gli amici con prole e carrozzine, i vini pregiati, gli elettrodomestici da design e altre amenità, e trasferirsi in una casetta sul mare del Nord, dove passare il tempo a tradurre le opere di Henry LaMarck, il celebre scrittore americano che sta per consegnare il suo nuovo romanzo.
Henry LaMarck ha quasi il doppio dell'età di Jasper Lüdemann e Meike Urbanski e un pensiero che lo tormenta e non lo abbandona mai: l'incubo di stare per diventare irrimediabilmente, tragicamente, orribilmente vecchio.
Credendo di tributargli un grande onore, la sua casa editrice ha organizzato un party per i suoi sessant'anni. Un party con sorpresa: l'annuncio del secondo Pulitzer vinto dallo scrittore. Insomma, il classico premio alla carriera prima di relegarlo nel dimenticatoio, ad ammuffire tra le vecchie glorie della narrativa d'antan. Meglio scappare, lasciarsi alle spalle quel mondo di sotterfugi e ipocrisie, tenuto conto che lui, il celebre, riverito Henry LaMarck, ha il blocco dello scrittore e da un pezzo non è piú in grado di mettere giú una sola riga.
Tre vite, tre esistenze differenti che, in un momento cruciale, sono destinate a incontrarsi nella metropoli americana, dove Jasper si è infilato dritto dritto nella manovra speculativa che può dargli il definitivo successo oppure mandare in rovina sia lui sia la banca; dove Meike insegue Henry, la sua fonte di reddito svanita nel nulla, e dove Henry vaga nei bar alla ricerca di una qualche ispirazione.
Un incontro che li trasformerà profondamente, poiché Jasper troverà in Meike la sua ancora di salvezza, il ricordo di una vita fatta di amicizie e sentimenti, Henry troverà in Jasper una fonte di nuove ambizioni e Meike troverà in Henry l'uomo, fragile e insicuro, dietro lo scrittore celebre e vanesio.
È San Pietroburgo a ispirare e ospitare questi trentatré attimi di felicità sotto forma di altrettanti racconti. Sfila un serissimo carnevale di malavitosi, impiegati, prostitute, turisti, miserabili e milionari, maschere che si alternano e incrociano su un palcoscenico sempre mobile che si tinge di giallo, rosa, nero e rosso. Un microcosmo dove sesso e violenza sembrano spesso gli unici punti di riferimento. Un mondo illuminato da quella felicità che nessuno sembra trovare ma che si trova ovunque.
Transmontania. 5 novembre 1957. Il mondo sta con il naso all'insù, la cagnetta Laika è il primo essere vivente a sfidare la legge di gravità e i russi celebrano la loro temporanea vittoria nella gara per la conquista dello spazio. Ma a Baia luna, nel cuore dei Carpazi, altri, inquietanti fatti accendono gli animi, turbando gli equilibri del piccolo e colorito villaggio. Una catena di eventi inspiegabili, che ha inizio con la misteriosa scomparsa della maestra del paese, continua con il brutale assassinio del parroco e culmina con il furto della statua della Madonna, spinge il giovane Pavel, nipote del rispettato bottegaio e taverniere del paese, a indagare su vicende più grandi di lui. A sedici anni, Pavel si ritrova così proiettato in uno scenario di torbidi intrighi politici, storie di ricatti, festini e foto a luci rosse, che segneranno per sempre la sua esistenza come quella del paese, dagli anni della guerra fredda al fatale 1989. Rolf Bauerdick, giornalista, esperto di cultura rom, racconta una storia complessa, di ampio respiro, portando il lettore in un mondo bizzarro e multietnico, fatto di zingari veggenti e zingarelle impertinenti, sassoni baldanzosi e algidi funzionari di partito, miti di paese e tragedie nazionali. Nell'intreccio delle vicende, i protagonisti evolvono, si trasformano, si rincorrono e si reincrociano in combinazioni solo apparentemente casuali. Con un'arte tutta speciale nel creare aspettativa e una narrazione fisica e plastica, Bauerdick fonde romanzo di formazione, noir, giallo, passando con agilità dal grottesco al tragico, dal comico al patetico, creando una galleria di personaggi destinati a rimanere nel cuore del lettore.
"«La montagna incantata è un fedele, complesso, esauriente ritratto della civiltà occidentale dei primi decenni del Novecento e, nella sua incantata fusione di prosa e poesia, di vastità scientifica e di arte raffinata, è il libro, forse, più grandioso che sia stato scritto nella prima metà del secolo.» Con queste parole, un entusiasta Ervino Pocar concludeva l’introduzione all’edizione della Montagna incantata da lui tradotta nel 1965 e salutata come esemplare e capace di trasmettere appieno lo stile e lo spirito dell’opera. Edizione che è stata poi ripresa nella collana degli Scrittori di tutto il mondo nel 1992 e che da allora ha fatto conoscere e apprezzare ai lettori italiani questo Bildungsroman straordinariamente complesso ambientato in un sanatorio svizzero, il celebre Berghof di Davos.
Quando il protagonista, il giovane Hans Castorp, vi arriva, è il tipico tedesco settentrionale, un solido e rispettabile borghese; ha però le sue curiosità spirituali ed è intellettualmente aperto all’avventura. A contatto con il microcosmo del sanatorio, vero e proprio panorama di tutte le correnti di pensiero dell’epoca, il suo carattere subisce un’evoluzione e un incremento: passa attraverso la malattia (Behrens e Krokowski), l’amore (la signora Chauchat), il razionalismo e la gioia di vivere (Settembrini), il pessimismo irrazionale (Naphta), senza che nessuna di queste posizioni lo converta. Ma in mezzo a tante forze contrastanti, Castorp trova il proprio equilibrio. Nel mondo della «montagna magica» dove il tempo si dissolve e il ritmo narrativo si snoda in sequenze di ore, giorni, mesi e anni resi tutti indistinti dalla routine quotidiana, egli può liberamente crescere. Paradossalmente (l’umorismo di Mann), dopo essere stato convertito alla vita Castorp tornerà alla pianura per perdersi nell’inutile strage della «grande» guerra.
«Il Graal che egli, anche se non lo trova, intuisce nel suo sogno quasi mortale prima di essere trascinato dalla sua altezza nella catastrofe europea», disse Mann, parlando agli studenti di Princeton nel 1939, alla vigilia di un’altra strage, «è l’idea dell’uomo, la concezione di un’umanità futura, passata attraverso la più profonda conoscenza della malattia e della morte. Il Graal è un mistero, ma tale è anche l’umanità: poiché l’uomo stesso è un mistero, e ogni umanità è fondata sul rispetto del mistero umano... Fate il favore di leggere il libro sotto questo angolo visuale: troverete allora che cosa sia il Graal, il sapere, l’iniziazione, quel 'supremo' che non solo l’ingenuo protagonista, ma anche il libro stesso va cercando.»