1665. Un guazzabuglio di impalcature, mucchi di pietre tagliate, carri, lastre di marmo, cisterne, polvere e confusione. È così che appare Versailles, il cantiere più grande di Francia, agli occhi delle migliaia di persone che dalla Normandia, dalla Bretagna e perfino dalla Linguadoca, vi giungono in cerca di un lavoro e di un futuro. Tra loro c'è Batiste, con la testa piena di vento e un porcospino al posto del cuore, implacabile seduttore dal sorriso irresistibile e dall'ingegno affilato. Sua madre è una povera donna che si procura da vivere facendo da esca per le sanguisughe, suo fratello si spacca la schiena preparando la malta per i muratori, ma Batiste coltiva per sé altre ambizioni: osserva le fontane della reggia, spia non visto l'organo idraulico sognato dal Re e poi realizzato nella grotta di Teti, dove Luigi XIV ama appartarsi con le sue favorite, e pianifica di diventare, un giorno, esperto nell'arte di domare le acque e di governarne il movimento. Anche la giovane Nine non è tipo da stare al suo posto. Figlia del proprietario dei Bagni più famosi di Parigi, ha ossa da uccellino e un carattere di ferro. Sfidando le convenzioni del tempo e i limiti imposti al suo sesso, confeziona parrucche e intanto studia da erborista e guaritrice. Dall'incontro fra questi due personaggi prende le mosse un'avventura straordinaria, fatta di amori, rivalità e tradimenti, miraggi di gloria e quotidiane ingiustizie, sudore, sangue, menzogna, paura e poesia.
Dalla costa danese alle Orcadi, dopo aver galleggiato sulle acque del mare per chissà quanto tempo, una bottiglia che racchiude un vecchio messaggio ritorna in Danimarca e finisce sulla scrivania dell'ispettore Carl Morck, capo della Sezione Q per i casi irrisolti. Il pezzo di carta è ingiallito, la scritta confusa. Mancano alcune lettere, e l'acqua salmastra e la condensa hanno fatto il resto: il testo risulta incomprensibile. Fatta eccezione per una parola, scritta con il sangue: AIUTO. Grazie alla preziosa assistenza di Assad e di una Rose in veste inedita, non passerà molto prima di capire che a lanciare nel mare quel messaggio disperato sono stati due ragazzi imprigionati che chiedono di essere liberati. Ma chi sono questi ragazzi, e perché negli anni nessuno ne ha denunciato la scomparsa? Potrebbero essere ancora vivi? In un'indagine il cui ritmo incalza giorno dopo giorno e la tensione si fa sempre più palpabile, Morck incrocia la strada di una donna prigioniera di un matrimonio disperato e di un seducente rapitore che agisce con molto sangue freddo. Un uomo misterioso che lo conduce nel mondo chiuso delle sette religiose, dove troppo spesso il significato di "amore per il prossimo" viene tragicamente frainteso e menzogna e reticenza sono compagne silenziose di una fede distorta che può solo generare odio. Un uomo che conosce la verità spaventosa che le onde del mare hanno trascinato alla deriva troppo a lungo.
Il 6 marzo 1931, nella nuova sala Gaumont degli Champs-Elysées, venne proiettato il primo film parlato francese, quel "David Golder" che Julien Duvivier aveva tratto dal fortunato romanzo di Irène Némirovsky, apparso due anni prima. Alcuni critici sospettarono che l'autrice, abilissima nel dare ritmo ai dialoghi, lo avesse addirittura scritto in vista dell'adattamento. Non era così, naturalmente, ma che il cinema fosse una sua passione, e che abbia sempre esercitato una forte influenza sul suo modo di raccontare, è indubbio: "I personaggi si muovono davanti ai miei occhi" diceva lei stessa. E proprio alla tecnica cinematografica si ispira "Film parlato" - il primo e il più lungo dei racconti qui radunati -, che la Némirovsky conduce con mano sicura, in un magistrale alternarsi di dissolvenze incrociate, flash-back, campi e controcampi, ellissi temporali, e con un'attenzione maniacale, come fa notare il curatore, per i dettagli visivi e sonori: il risultato è di un'efficacia e di una novità sorprendenti. Appassionata lettrice di Cechov, Irene Némirovsky non smise mai di scrivere racconti, fino agli ultimi giorni della sua vita.
Diogo Mainardi ha scritto un libro sulla paternità, sulla felicità di essere padri e sull'amore suscitato dalla nascita di un figlio. Tito è nato tredici anni fa con una paralisi cerebrale, a causa del terribile errore di un medico, in un ospedale di Venezia. Quando la disabilità è stata diagnosticata, Diogo ha vissuto una settimana di "angoscia e terrore". Poi è successo qualcosa. Sua moglie Anna è caduta inciampando in un tappeto, Tito si è messo a ridere, Diogo si è messo a ridere, Anna si è messa a ridere. "La comicità slapstick era un linguaggio che capivamo tutti. Tito cade. Mia moglie cade. Io cado. Ciò che ci unisce - che ci unirà sempre - è la caduta". Diogo ha capito che Tito aveva bisogno di essere amato per quello che era, senza patetismi. Ciò che ci accomuna, "disabili" e "abili", è la caduta come categoria dello spirito: siamo nati come esseri in bilico, ognuno instabile a modo suo. Questo libro è dunque anche un'accusa formidabile contro il cliché della "normalità", contro la stupidità umana che affiora nel mondo in tempi diversi e in modi sempre nuovi, nel mito del corpo perfetto o peggio nell'eugenetica nazista. E poiché nei suoi primi anni Tito comunicava soltanto attraverso immagini, gesti, simboli e analogie, Diogo ha adattato il suo racconto al linguaggio del figlio. In un rovesciamento radicale di prospettiva, la storia universale viene letta attraverso la storia di Tito.
"Non capivo fino in fondo quello che sta accadendo mentre salivo sull'aereo che avrebbe portato me, mia sorella e mia madre fuori dall'Iran, forse per sempre. Era il 1979 e io avevo nove anni. Ero disperata e arrabbiata perché nei preparativi della partenza i miei si erano sbarazzati di ogni cosa, compreso il mio amato agnello Baboo. Ma mia madre sapeva tutto, scappavamo per salvarci la vita e a ogni passo che la portava via provava un dolore mai provato prima. Avevamo detto addio alle persone a cui volevamo bene e con cui ero cresciuta, alla cucina di casa profumata di zafferano ed erbe e di frutta dolce. Mi sembrava solo ieri che la mia vita scorreva felice tra libri e cioccolata, tra la scuola e i giochi e in breve tutto era diventato cupo. La paura faceva parlare i grandi a mezza voce, li faceva arrabbiare per niente, tenere le finestre chiuse e mettere il velo alle donne. Qualcuno spariva, e presto sarebbe toccato anche a noi. A Londra arrivammo da rifugiate, mio padre sarebbe arrivato dopo. L'Inghilterra ci accolse e io abbandonai le mie radici. Poi un giorno la voce dei ricordi mi ha chiamato e ho trovato la strada di casa."
Pubblicato per la prima volta in Romania nel 1966, il romanzo presenta in tre parti (Vecchi, Donne, Bambini-Gli specchi carnivori), un mondo in cui la mancanza del principio della forza, dell'uomo-padrone porta all'autodistruzione. Lo spirito dominante è quello del saggio morale, che si declina nel piacere dell'analisi obiettiva da un lato e dall'altro in una certa ebbrezza narrativa.
La guerra è in corso quando Hugo compie undici anni e il ghetto della città ucraina in cui vive insieme alla madre è diventato un luogo ancora più insicuro. Dalla finestra dell'appartamento dove è rimasto solo con lei - il padre è stato spedito in un campo di lavoro - assiste alle deportazioni di uomini, donne, ragazzini come lui. Osserva quello che gli accade intorno, senza trovare un senso, e impara a non chiedere, ma ad ascoltare il silenzio tra le parole. E sarà proprio questa durissima educazione a permettergli di sopravvivere nell'unico rifugio che la madre, per disperazione, è riuscita a procurargli: lo sgabuzzino di un bordello, dove a occuparsi di lui è una prostituta, Mariana. Nascosto dietro la porta, in perenne attesa che si apra e arrivino un po' di cibo e di calore umano, Hugo sente quello che un ragazzino non dovrebbe sentire. Ma nelle tenebre giorno dopo giorno si fa largo la luce di Mariana, radiosa pur nelle sue intemperanze e nelle sue improvvise tristezze, focosa, seduttiva, profumata, irresistibilmente bella. Una magnifica, tragica creatura che gli insegna non soltanto i segreti del corpo e i turbamenti dell'amore, ma che cosa significa essere, fino in fondo e nel modo più importante, un uomo.
Nella piccola e bizzarra scuola Muhammadiyah di Belitung, un'isola dell'arcipelago indonesiano, è sempre mancato di tutto: pezzi di tetto, gessetti, il bagno, compassi, matite, cartine e perfino i soldi per pagare i maestri. Ma i bambini no, non sono mai mancati. Fino alla mattina del primo giorno di scuola in cui Bu Mus, la nuova insegnante appena quindicenne, si trova a fare i conti con un decreto governativo che fissa a dieci allievi il limite minimo per la sopravvivenza della (pericolante) struttura. E i ragazzini radunati davanti all'ingresso? Sono solo nove. Pak Harfan, il preside, ha già abbandonato ogni speranza quando all'orizzonte compare il faccione sorridente di Harun, un ragazzo lento a imparare ma veloce a conquistare l'amicizia di tutti. Comincia così l'avventura dei Laskar Pelangi, i guerrieri dell'arcobaleno, piccoli grandi sognatori pieni di speranza nel futuro. C'è Mahar, l'artista della classe, e Lintang, il piccolo genio con il pallino dei numeri e della geometria, A Kiong con la testa a barattolo, Trapani, irriducibile mammone, e Sahara, che non sa dire bugie. Attorno a loro, una natura magica e selvaggia, piena di pericoli e di meraviglie. Tra disavventure e piccoli trionfi, coccodrilli sacri e mucche vagabonde, maestre bambine e saggi sciamani, insieme alla voglia di crescere sbocciano anche i primi, timidi amori.
"Tengo, dove sei?" Ci sono amori che devono attraversare universi per incontrarsi. Ci sono amori che devono superare ostacoli, difficoltà, avversari, enigmi. Amori che devono, soprattutto, vincere le paure interiori inquietanti e terribili come piccole creature che albergano dentro di noi per poter creare a propria volta un mondo in cui non ci sia più la paura, un mondo nuovo in cui essere al sicuro in due. Aomame e Tengo vivono da sei mesi in una realtà che non è la loro, un mondo "al di là dello specchio" su cui brillano due lune. Divisi e braccati, costantemente in pericolo di vita, sembra che tutto congiuri per impedire che si incontrino. Sulle loro tracce, oltre la setta Sakigake e forze ancora più sfuggenti e misteriose, adesso c'è anche l'investigatore privato Ushikawa, un ostinato segugio il cui bizzarro aspetto fisico (guardarlo "era come trovarsi di fronte a uno specchio deformante, e tuttavia nitido in modo spiacevole") si accompagna ad un intuito strepitoso. Ushikawa, però, è anche il terzo, inedito punto di vista che, alternandosi a Tengo e Aomame, accompagna il lettore nella vertiginosa conclusione di 1Q84. Qui Murakami tira le fila di tutte le trame, i personaggi, gli enigmi con cui ha costruito la sua narrazione: le domande, le coincidenze, i misteri daranno corpo a una nuova verità, come una costellazione che all'improvviso rivela il suo disegno. Murakami ha creato un universo per raccontarci come si creano gli universi.
Il naufragio di Piscine Molitor Patel, un ragazzo indiano chiamato da tutti Pi, e quattro insoliti compagni di viaggio - una zebra ferita, un orango, una iena e una tigre - si trasforma in un'avventura sospesa tra realtà e magia. La sfida del protagonista sarà la sopravvivenza nonostante la sete, la fame, gli squali e la furia del mare. Un libro unico, un po' romanzo d'avventura e un po' favola surreale dall'inattesa anima nera.
"L'inizio della fine". Tra le fiamme che divorano un'auto e i suoi due occupanti nel centro di Stoccolma, il commissario Jeanette Kihlberg intuisce che l'intricatissima indagine in cui è coinvolta sta precipitando verso il suo epilogo. Molti dei principali attori sono già usciti di scena, assassinati uno dopo l'altro da una mano misteriosa e senza volto, mossa da motivi che restano insondabili. Il commissario e il fedele collega Jens Hurtig sembrano arrivare sempre un istante dopo che l'orrore abbia svelato l'ennesimo frammento di un disegno indecifrabile. Al centro di uno spaventoso commercio di vite umane, una sola figura rimane inafferrabile: il cerchio si stringe attorno all'avvocato Viggo Durer, uomo dal passato controverso e apparentemente inattaccabile. Parallelamente, nella psiche di Sofia (Zetterlund, psicologa e profiler dalla doppia personalità che assiste Jeanette nelle indagini, riemergono con fatica le ferite del passato, cicatrici mai rimarginate che lentamente si ricompongono in un disegno via via più chiaro e sconcertante: non può neppure immaginare quanto sia profondo il legame con il male che l'ha segnata. La verità è sempre più vicina, ma coinciderà con la sconfitta della ragione: celata dalle nebbie della mente, o rinchiusa nei sotterranei di una casa sperduta in mezzo ai boschi.
Se Rebecka Martinsson pensava che accettare il posto di procuratore a Kiruna significasse ritirarsi a vita tranquilla, si sbagliava. Lasciato lo studio di Stoccolma per tornare a nord, ora lavora in una terra ai confini del mondo, dove la natura vibrante e incontaminata diventa teatro dell'esplosione di passioni e istinti violenti. Quando in una casa ai margini della foresta viene ritrovato il corpo senza vita di Sol-Britt Uusitalo, Rebecka decide di indagare e scopre che una serie di morti apparentemente accidentali ha colpito negli anni la famiglia della vittima, una catena di sciagure che sembra avere inizio in un passato lontano. Era il 1914, e a Kiruna, la "città più giovane del mondo" che si preparava a vendere preziose materie prime ai paesi coinvolti nella Guerra imminente, arrivava carica di speranze la nonna di Sol-Britt, giovane e incantevole maestra di scuola affascinata dal progresso, la cui bellezza ed entusiasmo conquistano il direttore della ricchissima miniera di ferro, l'uomo più influente di tutta la Lapponia. Dimostrando una grande padronanza di intreccio, suspense e conoscenza dell'animo umano, Asa Larsson conduce la quinta indagine di Rebecka in un paesaggio rimasto immutato da allora, con i suoi personaggi ostinati, ribelli e vendicativi, e dove la forza della natura si può toccare con mano.