Riproposti alla cultura internazionale nel 1831 da una celebre edizione di Angelo Mai, i tre scrittori noti come Mitografi vaticani rappresentano ciascuno con la stesura di un fabularius di leggende sugli dèi ed eroi dell'antichità greco-latina - una testimonianza insostituibile sulle credenze del pantheon religioso pagano. Indagini recenti hanno collocato gli Autori delle sillogi in epoca medievale (tra il IX e il XIII secolo) suggerendo, almeno per il terzo Mitografo, una possibile paternità: si tratti di Alberico di Londra (XII sec.) o di Alessandro di Neckam (m. 1217). L'antologia di testi presentata comprende cento fabulae dei Mitografi in prima traduzione italiana, essenziali per comprendere come il Medioevo recuperasse il volto leggendario dell'antichità reinterpretandolo in chiave allegorica. L'importanza delle fabulae, accettate e discusse da un pubblico di dotti ed artisti, risiede anche nel fatto che divennero il referente figurativo per le divinità dell'Olimpo classico dall'età del Gotico fino a Petrarca, Boccaccio e l'Umanesimo.
Questa raccolta di aforismi, pubblicata un anno dopo la morte di Wilde dal suo esecutore testamentario, rappresenta una parte minore ma significativa della produzione letteraria dell'autore. Gli aforismi, infatti, esprimono il suo pensiero e i suoi sentimenti in forma immediata e solo apparentemente superficiale. Si tratta della messa in prosa libera delle più complesse profondità di un animo irrequieto e controcorrente, delizia, stupore, scandalo dell'Inghilterra vittoriana, che in poche righe riesce a dare conto delle sue convinzioni più severe e autentiche sulla vita, le donne, la morale, l'arte e la società. Con un saggio di James Joyce.
Tre racconti inediti sulla nostalgia, l'egoismo e l'illusione di vivere. Il racconto "Un amore in pericolo" fu pubblicato il 22 febbraio del 1936 su "le Figaro littéraire". Irène Némirovsky mise in scena il rammarico delle cose perdute, i momenti felici che sempre, e per sempre, svaniscono. Per Sylvie, in punto di morte, il senso della perdita si tinge d'una interrogazione morale: dove vola il pensiero nell'ora fatale, incerto tra il pentimento e il rimpianto? All'ansietà dolorosa di un lungo amore o alla breve convulsione di un momento di piacere? Il suo dilemma servirà all'autrice tre anni più tardi per l'ossatura del romanzo "Due". Un delicato studio filosofico sulle età della vita è invece lo spartito del secondo racconto, "Un giorno d'estate", in cui Irène Némirovsky abbatte uno scandaglio sull'adagio solipsistico che accompagna e scocca le ore delle vite umane ("Ciascuno vede solo se stesso"), ma devia poi su un piano chimico, biologico, ineluttabile: l'indifferenza universale della natura, l'incessante mormorio dell'esistenza, "Io, io, io". Quello stesso egoismo che sembra ispirare la madre del giovane assassino e il procuratore incaricato di condurne il processo, protagonisti dell'ultimo racconto, L'inizio e la fine, apparso sul settimanale "Gringoire" il 20 dicembre del 1935. Quell'egoismo che nella prima, per paura della morte, scatena una difesa insensata, e al secondo, col mero tramite di una fredda requisitoria, fornisce l'illusione di vivere.
La vita dei tre fratelli norvegesi Eriksen, funestata durante l'infanzia dalla perdita del padre, ha avuto una svolta positiva grazie al sostegno di un istituto di beneficenza che ha provveduto alla loro istruzione. La laurea in ingegneria che Lauritz, Oscar e Sverre hanno conseguito in Germania ha svelato pienamente il loro innato ingegno nonché la passione e l'impegno di Lauritz nella costruzione della ferrovia Bergen-Oslo. Gli ingegneri sono i pionieri del Novecento, il grande secolo delle innovazioni della tecnica, della scienza e della cultura: anche le donne ne sono partecipi come dimostra la bella Ingeborg, intelligente, energica e disinibita, che Lauritz può finalmente sposare perché ha raggiunto quel benessere economico che gli consentirà di superare le barriere imposte dal padre di Ingeborg, il barone von Freital. Grazie a Oscar, Lauritz diventa infatti uno dei principali soci dello studio ingegneristico Lauritzen & Haugen. In Africa Oscar ha costruito linee ferroviarie paragonabili a quelle tedesche e, inaspettatamente, ha fatto anche fortuna. Mosso dall'idea di fuggire da una delusione d'amore, si è svelato in tutta la sua competenza tecnica ed è diventato uno degli uomini più ricchi di Dar es-Salaam. Ma la Belle Epoque è finita: Germania e Inghilterra entrano in guerra e il mondo intero sta per impazzire proprio quando Oscar decide di andare via dall'Africa. Dopo tanti anni trascorsi nel Continente Nero, si trova coinvolto suo malgrado in un conflitto atroce...
Testimonianza lucida e disperata, ritualizzata per vent'anni a ogni anniversario del tragico eccidio di piazza Tian'an men, la raccolta di Elegie di Liu Xiaobo ha l'unitarietà organica di un piccolo poema, sintesi lirica di raro equilibrio tra denuncia e canto. Liu Xiaobo riesce a liberare spirito poetico dai pesanti ceppi della lotta politica, superando i limiti spazio-temporali della Primavera di Pechino, in una rappresentazione che restituisce a piazza Tian'an men e alle sue vittime il senso sacro e universale della storia. Il valore delle Elegie risiede proprio nel rendere omaggio ai protagonisti sconosciuti della tragedia, studenti e cittadini spesso rimasti senza riconoscimento, madri e parenti cui nessun conforto, nessun risarcimento, nemmeno quello del ricordo è stato concesso. È l'urgenza di non dimenticare che spinge Liu Xiaobo a denunciare la "solenne menzogna" del potere e una crudele tradizione di sopraffazione che si annida nella millenaria cultura cinese. Da messaggio politico di resistenza (Liu sta scontando una condanna a otto anni per istigazione alla sovversione del potere dello Stato), la poesia si fa riflessione dolente sulle ragioni della morte e della sofferenza, sul senso di colpa dei sopravvissuti e sulla facile smemoratezza del popolo. A tali sgomente domande sul tradimento delle "anime dei defunti" e sul destino della propria gente, Liu Xiaobo sembra non poter dare risposte definitive... Prefazione del Dalai Lama.
Nella vita da uomo qualunque dell'architetto Pablo Simó c'è una fessura inconfessabile, una crepa che gli tormenta la coscienza: Nelson Jara. Forse era solo un piccolo truffatore, una "canaglia", ma anche Pablo Simó sa di essere una canaglia, nonostante l'apparenza di irreprensibile professionista e buon padre di famiglia. Come una crepa che si allunga e si allarga, tutte le piccole certezze quotidiane di Pablo si sgretolano: una giovane donna che sembra sapere chissà cosa su Jara scatena in lui un'attrazione dirompente, la famiglia va in frantumi, il lavoro diventa insopportabile, e passo dopo passo la tentazione di essere canaglia fino in fondo lo travolge. Ancora una volta Claudia Piñeiro ci narra i piccoli inferni di una variegata umanità, nella monumentale Buenos Aires invasa dal cemento delle speculazioni edilizie dove l'apparenza, più che mai, inganna.
Yuko è in grado di vedere cose che gli altri non vedono, e di indovinare i desideri e i pensieri di chi le sta intorno grazie a una sensibilità fuori dal comune. Compiuti quattordici anni, tutto sembra assumere sfumature misteriose, e il mondo si popola di bizzarre creature. Yuko sta imparando ad assegnare un colore a ogni stato d'animo e a ogni emozione; a insegnarglielo è Kyu, il suo maestro di disegno, che ha il doppio dei suoi anni. Quando dal fusto di una pianta fuoriescono degli strani omini verdi, loro sono gli unici a vederli. Nello stesso istante, Yuko assapora l'incanto sottile del primo amore. Sospesa tra realtà e immaginazione, un'adolescente va incontro alla vita accompagnata dagli affetti più cari, e scopre, giorno dopo giorno, i turbamenti del cuore, la tenerezza dei sentimenti e la difficoltà di diventare grande.
"Tutto ciò che sono" è il romanzo di quattro giovani irriducibili che hanno rischiato la vita per allertare il mondo sul pericolo rappresentato da Hitler. Ruth, i cui ricordi hanno la potenza del sogno, Ernst, il leader-artista, la coscienza di un'epoca, Hans, fragile e combattuto, e soprattutto Dora, Dora Fabian, un'affascinantissima eroina della Resistenza antinazista, fino a oggi del tutto sconosciuta, una donna moderna, libera e consapevole, così coraggiosa da non riuscire a salvare se stessa. La loro storia è l'emblema della lotta per la libertà di amare, di vivere, di immaginarsi un futuro. Un romanzo di amore, sacrificio e tradimento, una storia incalzante, tragicamente vera, attenta ai dettagli, profondamente intrisa di paura, tristezza, rabbia e ricordi avvolti dalla nostalgia.
Nato da madre tedesca e padre nigeriano, formato alla Nigerian Military School di Zaria e trapiantato adolescente negli Stati Uniti, lontano da affetti e radici, il narratore Julius, all'ultimo anno di specializzazione in psichiatria, non appartiene a nessun luogo. Quando comincia a vagare per le strade di New York, nell'autunno del 2006, lo fa con il distacco dell'outsider, la profondità dell'intellettuale e l'agio del flàneur. La migrazione degli uccelli è l'occasione per riflettere sul "miracolo dell'immigrazione in natura", ai cartelli che annunciano la chiusura della catena Tower Records fanno da contraltare le meditazioni sulla musica amata, Mahler in testa, e un acquazzone sulla Cinquantatreesima è causa di una precipitosa ritirata nell'American Folk Art Museum e della conseguente fascinazione per la pittura di John Brewster li esposta. Di casualità in intenzione, Julius si muove nelle geografie newyorchesi incontrando persone di ogni classe e cultura, vedendo scorci scolpiti o in mutamento, lasciando che ogni impressione si depositi sul fondo della coscienza e da li, come cerchio in uno stagno, si propaghi ad altri cerchi, ad altre impressioni.
Un ragazzo di quindici anni, maturo e determinato come un adulto, e un vecchio con l'ingenuità e il candore di un bambino, si allontanano dallo stesso quartiere di Tokyo diretti allo stesso luogo, Takamatsu, nel Sud del Giappone. Il ragazzo, che ha scelto come pseudonimo Kafka, è in fuga dal padre, uno scultore geniale e satanico, e dalla sua profezia, che riecheggia quella di Edipo. Il vecchio, Nakata, fugge invece dalla scena di un delitto sconvolgente nel quale è stato coinvolto contro la sua volontà. Abbandonata la sua vita tranquilla e fantastica, fatta di piccole abitudini quotidiane e rallegrata da animate conversazioni con i gatti, dei quali parla e capisce la lingua, parte per il Sud. Nel corso del viaggio, Nakata scopre di essere chiamato a svolgere un compito, anche a prezzo della propria vita. Seguendo percorsi paralleli, che non tarderanno a sovrapporsi, il vecchio e il ragazzo avanzano nella nebbia dell'incomprensibile schivando numerosi ostacoli, ognuno proteso verso un obiettivo che ignora ma che rappresenterà il compimento del proprio destino. Diversi personaggi affiancano i due protagonisti: Hoshino, un giovane camionista di irresistibile simpatia; l'affascinante signora Saeki, ferma nel ricordo di un passato lontano; Òshima, l'androgino custode di una biblioteca; una splendida prostituta che fa sesso citando Hegel; e poi i gatti, che sovente rubano la scena agli umani. E infine Kafka. "Uno spirito solitario che vaga lungo la riva dell'assurdo".
"In una semplicissima newsletter, un giovane agente pubblicitario inserisce la fotografia, in apparenza banale, di un gregge: uno degli animali, una pecora bianca con una macchia color caffè sulla schiena, suscita tuttavia l'interesse di un inquietante uomo vestito di nero, stretto collaboratore del Maestro, un politico molto potente i cui esordi si perdono nel torbido passato coloniale giapponese. Al giovanotto viene affidato l'incarico - ma si tratta in sostanza di un ordine - di ritrovare proprio quella pecora: unico indizio, la foto in questione, ricevuta per posta dal Sorcio, un amico scomparso da anni. Accompagnato da una ragazza con le orecchie bellissime e dotata di poteri sovrannaturali, attraverserà tutto il Giappone sino a raggiungere la gelida regione dello Hokkaido, vivendo una vicenda mirabolante e al tempo stesso realistica nella descrizione di luoghi e circostanze. Considerato l'esordio letterario di Murakami, 'Nel segno della pecora' introduce molti dei temi cari all'autore: la solitudine dell'uomo, l'arroganza e lo strapotere della politica, la nostalgia per l'atmosfera esaltante degli anni Sessanta, la passione per il rock e il jazz, l'irrompere del surreale nella prosaicità della vita quotidiana. Un romanzo che ci trasporta in uno di quegli scenari onirici che nelle storie di Murakami fanno da cassa di risonanza ai nostri dubbi e alle nostre ansie più profonde." (Antonietta Pastore)
Scritti e pubblicati in Giappone nell'arco di oltre un ventennio, i racconti che compongono questa raccolta ci offrono, nella estrema varietà di ispirazione, lunghezza e stile che li caratterizza, un affascinante campionario delle tematiche e delle atmosfere che troviamo nei grandi romanzi di Murakami. Dalla leggerezza di brevi episodi come "II tuffetto" e "Splendore e decadenza delle ciambelle a cono", condotti sul filo della comicità e dell'assurdo, passiamo alla nostalgica, eppure lucida rievocazione di ricordi autobiografici nel racconto "II folclore dei nostri tempi" e in quello che dà titolo al volume, "I salici ciechi e la donna addormentata", entrambi basati sull'esperienza giovanile dei mitici anni Sessanta. L'angoscia di scoprire sotto l'apparente trasporto verso qualcuno un senso di repulsione ispira "Granchi", mentre "I gatti antropofagi" porta alla luce l'angoscia dell'uomo che per scelta ha dato alla sua vita una svolta irreversibile, rinunciando a tutto ciò che aveva creduto di amare. Altrove ("Lo specchio", "Storia di una zia povera", "Nausea 1979", "L'uomo di ghiaccio"), troviamo l'irruzione del fantastico nella vita quotidiana, mentre ne "II settimo uomo" il tema dell'errore di gioventù che condiziona, e rovina, la vita intera di una persona, è introdotto da una di quelle visioni folgoranti con cui lo scrittore sa rappresentare l'orrore di una tragedia.