Lorenzo Teràn è un buon presidente ma abulico. Il capo di Gabinetto è servile, corrotto e sedizioso. Il ministro degli interni è un uomo il cui stile morigerato fa da contraltare a una grande ambizione. Il colto e severo generale Mondragon von Bertrab è il custode di quella fragile stabilità che impedisce al paese di precipitare in una guerra civile, e soprattutto è l'unica persona in grado di tenere a freno il capo della polizia. Il Vecchio dei portici, che dispensa saggezza, nasconde un prigioniero illustre che potrebbe ribaltare gli equilibri politici. Tutti diversi, ma tutti in lotta per lo stesso obiettivo: la successione alla presidenza, conquistare il trono dell'aquila. Solo una donna si ritrae da questa lotta, perché ne è lei stessa la burattinaia. In un paese rimasto all'improvviso senza telefoni, fax, e-mail, computer, rete, satelliti, l'élite politica è costretta a ricorrere alla comunicazione epistolare. Parole che non dovrebbero essere neanche pensate si riversano copiose nero su bianco. Ed è proprio in forma di romanzo epistolare che si snoda una vicenda di corruzione, ambizioni, segreti politici e speranza.
"Il dio delle piccole cose" narra la vicenda di una donna che lascia il marito violento e torna a casa con i suoi due bambini, i gemelli Estha e Rahel, maschio e femmina. Ma nell'India meridionale dei tardi anni Sessanta, una donna divorziata come Ammu si ritrova priva di una posizione sociale riconosciuta; a maggior ragione se commette l'errore imperdonabile di innamorarsi di un paria. Non è dunque una vita facile quella toccata ai due gemelli, legati nel profondo da "un'unica anima siamese". Attraverso lo sguardo di Estha e Rahel, prende forma la storia di un grande amore, in cui si riflette il tema universale dei sentimenti in conflitto con le convenzioni.
"Gli dèi delle cose come stanno" sovrintendono all'opera di Kipling. Già, ma come stanno le cose? Lo scrittore non può che andare di persona - attraverso i personaggi - a scoprirlo nei dettagli. Ad esempio: come si sopravvive schiavi ai remi su una antica galera e che cosa si vede quando il mare raggiunge il parapetto prima di sommergerti? Come ci si sente quando un mostro degli abissi marini, che mai avrebbe dovuto risalire in superficie, ti guarda in faccia, o quando quella che blandamente chiamiamo ispirazione ti penetra, lacerando il tessuto individuale e costringendoti a scrivere una poesia come se fossi Keats? Che cosa significa essere un ragazzo-lupo, "un animale imperfettamente snaturato, soggetto a intermittenza alle imprevedibili reazioni di un'area spirituale non localizzata", che per Mowgli - la figura di fanciullo primordiale più amata della letteratura nasce in uno dei racconti - si trova nella pancia? Distillando l'acre alcol del lavoro, senza timori reverenziali di fronte a "sua maestà il vapore" o all'aglio dello slang, a onde hertziane o putrelle; scomodando metempsicosi e telegrafo senza fili e all'occorrenza un intero consesso di divinità indiane; addentrandosi persine nella giungla arcaica del ciclo, tra "la plebe degli dèi", Kipling, inguaribile Proteo all'apice della vita creativa, non fa che cambiare avventura.
I racconti de "Il migliore dei mondi" descrivono le geometrie delle relazioni famigliari, o di personaggi in conflitto con sé stessi o con il mondo. Nel racconto intitolato "Mamma" un bambino crede che gli insulti dell'amico vogliano realmente suggerire che sua madre è una prostituta... La famiglia di "Mio fratello" non accetta la morte di un figlio e così, il fratello rimasto, per evitare che i genitori soffrano, continua a fare come se fosse ancora vivo: lo sveste, lo mette a letto e lo porta a scuola... In "Vacanze estive" un padre vaga per Barcellona nei luoghi della sua infanzia con nella borsa del supermecato il feto del figlio nato morto. Al centro della raccolta sta il lungo racconto intitolato "Davanti al re di Svezia", la storia di un poeta catalano ossessionato dal Premio Nobel e che vive un oscuro complotto.
"Credo che l'Occidente sappia straordinariamente poco dei Vietcong: dei loro progetti, delle loro difficoltà, dei loro conflitti interni. Le circostanze della guerra e l'estrema attenzione con cui i Vietcong nascondevano le loro attività hanno ammantato di segretezza la rivoluzione. Eppure solo comprendendo i vietnamiti che combattevano sul fronte opposto si potrà avere un quadro vagamente completo di una guerra sulla quale gli americani sembrano aver riflettuto così tanto, l'unica guerra che abbiano mai perduto". Molti libri, centinaia di articoli, decine di grandi film si sono preoccupati di ricostruire la guerra del Vietnam, uno dei conflitti più celebri, devastanti e gravidi di conseguenze del nostro tempo. Ma nessuno, prima d'ora, aveva raccontato l'altro lato della medaglia, l'altra parte della barricata. Questo è "l'altro Vietnam", il racconto di quella guerra attraverso gli occhi del"nemico".
"Mia madre, Soumini, e mia nonna, Janaki, hanno appagato la mia sete di miti e leggende. E quando ho cominciato a scrivere questo libro, ho cercato di ricreare le loro storie e la loro arte nel raccontarle". Apre così la sua raccolta, ispirata al patrimonio magico e mitologico dell'India, Anita Nair. È una rivisitazione dell'immaginario della sua India quella che propone in questi racconti, rivolti in primo luogo ai bambini indiani: un universo mitologico ricco di dei, demoni, asceti, re mitici e animali magici, che sin dalla notte dei tempi scandisce la ricerca del senso della vita terrena, dell'avvicendarsi delle stagioni, dei sentimenti e delle passioni dell'animo umano, del conflitto perenne tra le forze del bene e del male. Krishna e Vishnu, Shiva e Brahma, gli asaro demoniaci sempre a caccia dell'amrita, il nettare della vita eterna, e ancora gli avatar, incarnazioni di un dio. Anita Nair trasmette questo patrimonio di fiabe e di miti alle nuove generazioni e alle altre culture. Cinquanta storie che si dipanano in un intreccio tra favola e mito; storie in ciò assai diverse da quelle della mitologia dell'Occidente: eppure, come osserva Francesca Emilia Diano, esse sono "manifestazioni che si diramano nel tempo e nello spazio in infinite direzioni e gemmazioni, che tessano trame senza fine, segnando di sé ciascuna cultura, tanto che forse non è una cultura che crea i suoi miti, ma l'opposto". Età di lettura: da 10 anni.
Uno scrittore cinese con alle spalle un matrimonio fallito parte per il Tibet. Durante i suoi vagabondaggi assiste alla "sepoltura celeste" di una ragazza morta di parto, divide la tenda con un nomade diretto a una montagna sacra a chiedere perdono per aver avuto rapporti sessuali con la figlia, incontra un orafo che a un muro della caverna tiene appeso il corpo della sua amante incartapecorito dal vento, ascolta la storia di una giovane lama morta durante un rito di iniziazione. Nell'aria rarefatta dell'altopiano, il confine tra realtà e finzione narrativa diventa labile e l'uomo si immerge in una cultura diversa che lo tormenta in sogno. Messo clamorosamente all'indice in Cina nel 1987 e soltanto ora pubblicato in Italia, "Tira fuori la lingua" ha costretto Ma Jian all'esilio, rendendogli impossibile ancora oggi pubblicare in Cina.
"Leggete le mie semplici fiabe del 1903 e rendetevi conto voi stessi di dove ho fatto il mio apprendistato." Così, in un articolo del 1905, Strindberg ricorda la prima edizione della sua raccolta di fiabe, Sagor, in occasione del centenario della nascita di H.C. Andersen. Questa raccolta, scritta nel 1903 e presentata qui per la prima volta al pubblico italiano, appartiene alla piena maturità artistica di Strindberg e rappresenta l'unica incursione dell'autore in questo genere. "Strindberg riprende il suo gioco segreto di scrittore confessato nel romanzo," come scrive Alda Castagnoli Manghi nella sua introduzione, "e lo fa con tutta la libertà della fiaba, ma anche con sovrana indipendenza nei riguardi del genere. Non dissimula la realtà sotto il velo della fiaba, ma scompone, ricompone, separa e accosta ricordi, sensazioni, sogni e presentimenti 'come pezzi di una scatola di costruzioni'. Queste fiabe, a distanza di un secolo, conservano in ogni modo la loro efficacia di stile, colpiscono ancora l'immaginazione per la loro ricchezza inventiva e, soprattutto, restano a lungo nella memoria per la suggestione delle immagini visive."
Liu, affermata ricercatrice genetica, e suo marito Li sono dei privilegiati, fulgido esempio della nuova borghesia cinese: prestigiosi studi all'estero, una bella casa, un vita in continua ascesa. Soprattutto da quando Li è stato nominato capo responsabile del progetto della diga delle Tre Gole, nella remota contea di Liang. Una coppia all'apparenza perfetta, almeno fino al giorno in cui Liu non riceve una telefonata misteriosa. Una voce femminile afferma di dover consegnare urgentemente un regalo. Lo manda Li, che dopo la promozione manca sempre più spesso da casa. Ma, alla vista dell'inaspettato dono, un costoso profumo femminile così lontano dalla fredda personalità di Li, lo spettro del tradimento si insinua nella mente di Liu che decide di partire subito per raggiungere il marito. Sulle sponde del fiume Yangtze, mentre fervono i lavori per la costruzione della diga, Liu s'imbatte in verità sconvolgenti e inimmaginabili. Ma sarà l'incontro con l'enigmatico pittore Yueming a svelarle il passato segreto della sua famiglia e a darle una nuova consapevolezza del presente.
Pubblicato a puntate su una rivista femminile nipponica nel 1966, "Abito da sera" (Yakailuku) è un'opera atipica nel panorama della produzione dello scrittore giapponese, solitamente incentrata sui temi alti ed eroici. Rimasto finora inedito in Italia, il testo costituisce una feroce, irresistibile satira dell'alta borghesia giapponese nel dopoguerra, prona ai desideri degli occidentali, stregata dal fascino di modelli di vita viziati e dimentica dell'antica, nobile tradizione del paese dei samurai.