Il romanzo è ambientato nella Russia mezza bianca e mezza rossa degli anni Venti. Dove tutto cade in pezzi, ma il protagonista, Nikolaj Vasil'evic, continua a occuparsi imperterrito delle sue miniere d'oro in Siberia e a coltivare l'"incantevole bouquet" delle sue tre figlie, diversamente irresistibili. Il che non gli impedisce di accogliere in casa una folla smisurata di amanti, parenti in vario grado delle medesime, impostori, parassiti e mere comparse, che danno luogo a una sgangherata e sofisticatissima commedia di equivoci, sostituzioni, tradimenti.
La cellula originaria del comico ebraico si trova plausibilmente nello "shtetl". E in uno di questi villaggi dell'Europa Orientale, in Ucraina, passò la sua infanzia Sholem Aleykhem, uno dei primi maestri di quel genere poi sviluppatosi sino a oggi tra molte diramazioni. "Un consiglio avveduto" è il primo dei tre racconti radunati in questo volume. È difficile non essere squassati dal riso mentre si segue il tormentoso e logorroico personaggio che cerca di farsi dare un "consiglio avveduto" per uscire da una situazione che è già irreparabile, giustappunto per la travolgente e lamentosa tediosità di colui che parla.
Chris è una bellissima bambina di dieci anni. Ha tutto per poter essere felice ma non sembra esserlo: è solitaria, triste, taciturna e ostinatamente aggressiva con chi le sta attorno, tranne che con Waldo, suo fratello maggiore. È lui che, tutte le notti, la viene a trovare nel suo lettino: è lui che la costringe a condividere un terribile segreto. Fino a quando, prima di partire per le vacanze, Chris per evitare un bacio spinge Waldo da un dirupo. Terrorizzata la ragazzina fugge con il fratellino minore e cerca rifugio nella macchina di una anziana istitutrice in pensione. È l'incontro di due solitudini, di due vite segnate e ferite quello che avviene tra Chris e l'istitutrice. E forse l'inizio di una nuova vita.
Tutto in Jona affiora da "percezioni troppo organiche per essere formulate in pensieri", come in una Virginia Woolf amazzonica, arruffata e vagamente stregonesca. La sua storia è il silenzioso ruotare di un prisma che guida la luce "vicino al cuore selvaggio della vita". Questo romanzo è il libro d'esordio di Clarice Lispector.
Portogallo, 1947. Nascono Pedro e Paula: sono due gemelli ma non si somigliano affatto, né fisicamente né per carattere. Dopo un'adolescenza trascorsa nel Mozambico coloniale al seguito del padre, Pedro diventa medico e tornerà a Lisbona solo alla morte del genitore. Paula, invece, fa la pittrice e partecipa al maggio francese, per poi raggiungere a Londra Gabriel, il suo padrino, e divenirne l'amante. Negli anni Ottanta i due gemelli avranno un violento litigio dalle conseguenze dolorosissime. Nel romanzo di Macedo cinquant'anni di politica portoghese rivivono attraverso la storia dei due gemelli.
Uno studente fuori corso si trova a ospitare a casa sua, per tre giorni, il figlio della donna di cui è stato a lungo innamorato. La sua vita viene scombussolata in modo tragicomico: da un lato il giovane riversa sul bambino manifestazioni affettive esagerate, dall'altro sente, brutalmente, di volerne la morte. Il racconto è già stato pubblicato nella raccolta "Tutti i racconti".
Nella bottega di un rigattiere parigino, Casimir de Chateauneuf vede una miniatura che ritrae il volto di una giovane donna e ne resta folgorato. Sulla piccola cornice dorata solo due parole: La Poupée (La Bambola). Bramoso di trovare la bella Poupée, Casimir si lascia sedurre dall'oriente profumato e misterioso e parte per un viaggio sconvolgente: Alessandria d'Egitto, Il Cairo, Tebe, Damasco, Costantinopoli. Un viaggio che lo trasforma irreversibilmente, prima di consegnarlo nelle braccia del suo kismet, il suo destino. Perché gli amanti non si incontrano per caso, ma fanno parte l'uno dell'altra fin dall'inizio...
Il 10 maggio 1996 erano otto i gruppi di scalatori diretti alla vetta dell'Everest, quando si scatenò una terribile bufera di vento e neve. Tenzing Norgay racconta la storia della terribile avventura a cui prese parte. La sua è una voce diversa da quella degli occidentali che hanno scritto della tragedia. La storia narrata da Norgay è una sorta di pellegrinaggio sulle tracce del padre (che conquistò l'Everest nel 1953) e il suo racconto si dirama a esplorare la cultura del luogo, il buddismo, il mondo degli scalatori e il loro rapporto con gli sherpa che rischiano la vita per assisterli.
Lo scrittore portoghese, saggista e drammaturgo, racconta il raro caso clinico che lo ha visto involontario protagonista. Quale può essere uno dei peggiori incubi per uno scrittore? Non essere più in grado di leggere e scrivere, di avere a che fare con la parola, scritta e parlata. Ed è ciò che è successo a José Cardoso Pires che in una normale domenica in famiglia si trova a chiedere, stupito, il nome della moglie. È l'inizio di un incubo che si chiama ischemia cerebrale. Un coagulo di sangue che si rifiuta di pompare sangue al cervello. All'incirca due anni dopo Cardoso Pires tenta di ricostruire la perdita dell'uso della parola, della capacità di scrivere e, quindi, il miracoloso ritorno alla realtà e alla parola.
Dopo tanta vita e tanti abbandoni, tanti libri scritti e tanta nostalgia, in questo nuovo libro Isabel Allende racconta il suo Cile, immaginato e sognato nella distanza. Il racconto disegna, sul filo di una memoria che aggira i fatti troppo intimi, un paesaggio interiore dove aleggiano gli spiriti dei defunti e dove i ricordi si sovrappongono senza un ordine cronologico. L'autrice fa rivivere le dimore ora scomparse, i paesaggi cancellati dall'edificazione urbana e le persone che hanno segnato la sua vita fino a quando è fuggita alla repressione della dittatura e si è stabilita prima in Venezuela e poi negli Stati Uniti.
Maria è stata abbandonata da poco. Raquel si è vista costretta a lasciare il suo amante, un uomo sposato. Elsa non riesce a superare il trauma di uno stupro e Susi quello della morte del fratello. Le quattro vivono sole, senza legami sentimentali, si mantengono, hanno una carriera a cui pensare, e condividono la stessa città, che è solo un alveare caotico e anonimo in cui nessuno si conosce e mostra il minimo interesse per i problemi degli altri.
Le opere di Kawabata, uno dei massimi scrittori giapponesi, sono pubblicate in Italia dal 1959, ma la fama dell'autore crebbe soprattutto dopo il conferimento del premio Nobel. Questo Meridiano, il primo di un autore giapponese, offre una scelta ragionata dei suoi testi, alcuni molto conosciuti altri mai tradotti, che mettono in luce la varietà dei toni della sua narrativa: da un raffinato erotismo alla sperimentazione vicina al dadaismo e al surrealismo.