
"Nessuno scrive al colonnello" costituisce un prezioso tassello di quel ciclo di Macondo che troverà la sua grande sintesi in "Cent'anni di solitudine". Il vecchio militare in attesa da quindici anni di una pensione che non arriva mai e che sacrifica persino i magri pasti per allevare un gallo da combattimento da cui si aspetta scommesse e guadagni, appartiene alla galleria di ritratti maschili di cui è ricco l'universo di Macondo. La sua semplicità ne fa uno tra i più riusciti personaggi dello scrittore.
In un paese occupato da armate straniere, due gemelli, Lucas e Klaus, vengono mandati in campagna dalla nonna. Una donna terribile, analfabeta, sporca, avara, cattiva. I bambini crescono a quella scuola spietata di crudeltà e durezza, e ne resteranno segnati per sempre. Klaus riesce a passare la frontiera verso un mondo che presume libero, ma farà presto l'esperienza della disillusione e dello sradicamento; Lucas resta. Cerca di costruire un mondo a misura d'uomo, aiuta le persone che gli sono vicine, distribuisce tesori di generosità, ma si scontra con la freddezza burocratica di un regime totalitario che vuole cancellare ogni slancio di solidarietà.
Introduzione di Claudio Magris Jan Neruda (Praga 1834-1891) non è soltanto uno dei grandi classici e padri fondatori della letteratura céca moderna, ma è soprattutto uno dei creatori di quel magico, fantastico e sanguigno paesaggio poetico che è l'immagine di Praga, città storica e insieme favolosa, realistica e mitica, una delle capitali della poesia moderna.
GLI AUTORI
Jan Neruda (Praga 1834-1891) non è soltanto uno dei grandi classici e padri fondatori della letteratura céca moderna, ma è soprattutto uno dei creatori di quel magico, fantastico e sanguigno paesaggio poetico che è l'immagine di Praga, città storica e insieme favolosa, realistica e mitica, una delle capitali della poesia moderna.
Due sono i protagonisti di quest'opera, un'opera, come è stato detto, "bella senza abbellimenti", forse la più amata dagli spagnoli fra quelle di questo secolo: il poeta e il suo asino - anzi, l'asino e il poeta - e, come sfondo, il leggendario paesaggio dell'Andalusia. È un libro dolcissimo, pieno di colori e di luci; un'elegia leggera, che narra la storia dell'amicizia, della solidarietà fra l'uomo e l'animale, compagni di viaggi, scorrerie, ricordi, riflessioni; una favola, sì, ma come scrive Carlo Bo nella prefazione a questa sua incantevole traduzione, una "favola che si nutre soltanto e specialmente di realtà e di conoscenza dell'uomo, di cui l'asino Platero resta il simbolo per eccellenza, così vero, così rassicurante".
Opera prima di Tolstoj, pubblicata nel 1852 sulla rivista "Sovremennik "Infanzia" era destinata a comporre, con le successive Adolescenza, Giovinezza, Età della piena giovinezza, un romanzo dal titolo complessivo "Le quattro età dello sviluppo", che non andò però mai oltre Giovinezza, anch'essa peraltro incompiuta. Il successo fu immediato, tale da collocare l'ancora anonimo Tolstoj tra i maggiori scrittori della Russia del tempo. Tra i motivi di questo riconoscimento, sta probabilmente il fatto che Infanzia non si presenta come le tante 'memorie' spesso aprirono la carriera di tanti scrittori dell'Ottocento, ma come un vero e proprio romanzo nel quale è già presente e sviluppato il grande scrittore delle opere successive.
Scritto nel 1906 e considerato il romanzo di esordio di Musil, la storia, di ispirazione autobiografica, narra attrverso crudi episodi sadomasochistici e avventure intellettuali, il momento di passaggio dall'adolescenza alla virilità nella crisi della società mitteleuropea. Come scrisse lo stesso Musil, in quest'opera risiede la chiave dell'"Uomo senza qualità": l'assenza di sentimento, di morale e di "esperienze" di Toerless, lo rende nostalgico, vuoto. Parabola di profonda attualità, nei tratti psicologici del giovane protagonista si delinea il fiero e consapevole rifiuto di un patrimonio di valori svalutato, paragonabile al vuoto "ideologico" e alla noia esistenziale di molti giovani di oggi.