Suor Maria Elena Cortesi, contemplando il Trascendente (che è la personificazione del bello, vero, buono), è rimasta come rapita. Ed è riuscita a scrivere quello che ha provato.Il poeta proprio perché dotato di sensibilità si immedesima in quello che percepisce con i sensi e ancor più con il cuore e non può fare a meno di prendere la carta per fissare quello che percepisce.
Amare l’Europa dolceamara è un libro costituito da sessanta poesie, più un poema in prosa, con cinque sequenze dedicate al Lago di Garda, composte dall’autore dal 1985 ad oggi, atte a configurare le tappe, reali e immaginarie, di un viaggio nell’Europa che cambia, pronta a rinunciare alle proprie radici. Le vite travolte dallo stalinismo e dal nazismo, le vicende delle due guerre mondiali, l’odio che ha portato il nostro Continente nell’abisso, si coniugano qui con l’affermazione difficile della fede, la montagna di tutti i giorni, in Chiesetta ortodossa, o in Betulle del lutto, illuminate dal volto invisibile del Signore, nella tradizione ebraica e poi in quella cattolica che lo fa proprio. Le linee del viaggio europeo disegnano il groviglio della storia, ma non cancellano il gesto e la speranza del futuro. Un futuro che rinunci alla fuga dal mondo, all’isolamento, con la fine di tutte le cose (così intitolò Kant, il filosofo di Königsberg, un suo articolo del 1794, citato da Benedetto XVI nell’enciclica Spe salvi) e invece trovi lo spunto per vivere.
Nato a Costanza nel 1943, Godehard Schramm è cresciuto a Thalmässing, nella media Franconia, e vive a Norimberga. Scrittore indipendente, svolge da sempre un’intensa attività in vari ambiti, il romanzo, la poesia, il teatro, anche radiofonico. Membro del PEN-Club, insignito di premi prestigiosi, tra i quali il premio Friedrich Baur dell’Accademia Bavarese di Belle Arti, il Wolfram von Eschenbach del Distretto della media Franconia, Godehard Schramm è anche Cavaliere al merito della Repubblica Italiana. I suoi testi sono diffusi in tutta Europa, naturalmente in Germania, ma anche in Francia, Polonia, Ucraina e in Italia. Il mio lago di Garda, in tre volumi, e tre diverse stesure, è uno dei suoi libri più fortunati, anche da noi. Ad esso si aggiungono importanti saggi come Anche le comete sono teste, del 1998, e Bastone e pietra, del 2003.
Profondamente radicato nel suo Galles, intriso di compassione per i poveri che abitano questa terra di confine, Thomas rivela una straordinaria abilità poetica, alla ricerca costante di senso nella creazione e negli eventi, nello sforzo di raggiungere un Dio elusivo e sfuggente, che pure manda messaggi, ma di cui l'eco giunge con molta lentezza. Pochi hanno saputo come lui, mediante l'uso di metafore folgoranti, rinnovare la lingua della poesia religiosa fuori da ogni banalità devozionale, creando un linguaggio in cui dominano il silenzio, il vuoto, l'assenza, la domanda inevasa. Il volume è tradotto e curato da don Domenico Pezzini, già curatore dell'antologia di poesie di Elizabeth Jennings La danza nel cuore delle cose.
Con l’alternarsi armonico di versi poetici, citazioni bibliche e quadri, Chiaroscuri della famiglia evoca l’apertura del cuore nei confronti dell’Infinito, un’apertura che si incarna nella famiglia e nella casa intesa come luogo di grazia e d’incontro, ma anche zona d’ombra, di matrimoni finiti e di affetti spezzati.
“Ma quale futuro è riservato alla famiglia oggi?”. Questa è la domanda che si pongono le due autrici.
Questa precarietà che si alterna fra luci e ombre è interpretata dalle autrici come stimolo per aprirsi totalmente alla bellezza dell’amore; affinché il futuro riposi fra le braccia della tenerezza e dell’incanto della bellezza. Confidare nella tenerezza rende capaci di risvegliare in sé i germi del Bene; ma solo facendo esperienza dell’Assoluto e orientandosi verso l’Altro la famiglia ritorna a essere sinonimo di casa.
DESCRIZIONE: Insondabile il mistero che tutto avvolge, fonda, fa vivere. Per dirlo si deve ricorrere a metafore, in genere di carattere spaziale, che rimarcano la distanza abissale e quindi invalicabile, a meno che ci si lasci attrarre dalla irresistibile forza che da esso promana.
In queste poesie il mistero è fondamento, ragione (Grund), sostegno. E la morte non richiama forse l’abisso, gli inferi? Essa richiama il morire che è/fu di Cristo, ed è la condizione nella quale ci si perde nel nulla che però diventa il tutto, nella quale si abbandona la propria identità per diventare se stessi, poiché lì si raggiunge il fondamento dell’essere, la fusione con la sostanza originaria, che ora, caduto l’ultimo lembo del velo, rivela il suo volto di Seconda Intelligenza.
Audace affermazione, passibile di accusa di panteismo se non si trattasse di un linguaggio nel quale – come in questa mistica cristocentrica – le parole non corrispondono più al significato originario, dove anche il Nome pronunciato viene consumato dalla fiamma dell’amore.
(Giacomo Canobbio)
COMMENTO: Un evento editoriale: il primo libro di Arnoldo Mosca Mondadori, che rivela una originale mistica. Brevi ma intense meditazioni in forma di colloqui con il Padre, Gesù, la Trinità, Maria. La visione mistica diviene parola profonda che colpisce il lettore.
ARNOLDO MOSCA MONDADORI, trentotto anni, vive a Milano. È sposato e ha due figli. Laureato in filosofia, lavora in ambito editoriale, televisivo e sociale. Attualmente dirige la “Arnoldo Mosca Mondadori Editore”, casa editrice che si occupa d’arte e spiritualità.
Il compito della grande poesia è aiutarci
a diventare liberi artisti di noi stessi.
Dal viso che varò mille navi di Marlowe alla strada annerita di Eliot, passando per mille altre voci: è una cornucopia di versi quella che Bloom apre per noi con la padronanza e il lirismo di un sommo sacerdote della critica letteraria. Sfogliando le pagine del canone poetico occidentale, restituisce lo splendore di un linguaggio capace di rinnovare “i contorni più sottili delle parole”, insegna l’arte di distinguere il superbo dal mediocre e di riconoscere il genio nel suo continuo rinnovarsi. Una guida per orientarsi nel gioco di specchi che è la parola. E per goderne.
La poesia di Federico Italiano tenta le vie di una possibile epica per il nuovo millennio. Senza ridursi alle scarne e spesso vanitose registrazioni dell'esistente, e senza restare arrampicata ai modelli poetici centrali del Novecento anche italiano, la voce di questo poeta alterna, con misteriosa grazia e libertà, fraseggi narrativi a fendenti lirici. Il che costruisce, in virtù di un buonissimo orecchio interiore e mosaico, allenato sul battere di lingue diversissime e pur a molti livelli intrecciate, come la nostra e la tedesca, un corpo di poesia capace di sostenere racconti dal respiro minimo o di ere. Reagiscono, dunque, e fan scintille (dolorose scintille, a volte) il tempo grande e il tempo spicciolo. Ci viene incontro il racconto di qualcosa, dell'evento segreto o manifesto che riguarda tutti e che il poeta per tutti prova a fissare; o che riguarda solo lui, e però nello sguardo del poeta, nel suo fissarlo, si manifesta "per tutti". Nessuna divisione possibile, nessuna cucitura entro schemi tranquilli. La poesia di Italiano si muove seguendo un richiamo, incomprensibile a orecchi che non siano come i suoi allenati all'ultrasuono, è la fuga dalla rovina, la possibile letizia. (Davide Rondoni)
Il volume presenta innanzitutto l'intera produzione poetica di Antonio Machado divisa in due sezioni: la prima coincide con "Poesias completas", opera complessiva di Machado la cui quarta edizione, ultima durante la vita dell'autore, fu pubblicata nel 1936; la seconda raccoglie "Poesias sueltas", cioè poesie che da tale edizione per diversi motivi rimasero escluse. La sezione dedicata alle prose raccoglie "Juan de Mairena" e "Scritti scelti".
Dopo dieci anni dedicati alla narrativa, Paola Mastrocola torna alla poesia con una nuova raccolta di versi, la terza dal 1991. E il «ritorno», dopo la lunga e felice stagione dei romanzi, è sorprendente. Non che manchino segnali, per esempio, di quella curiosità verso i giovani che ha caratterizzato i libri precedenti: vi si ritrova l’attenzione all’adolescenza, al processo di formazione, alla ricerca di una personale «felicità», anche in dissonanza con il mondo circostante. E, qua e là, un rapido apparire, sempre più metaforico, di animali. Tuttavia, ecco il punto, il ventaglio tematico delle poesie risulta assai più ampio: da queste pagine emergono liriche d’amore e di meditazione, di nostalgia e di esortazione, in un dettato attento alla grande lezione di Orazio. Come quando (Tra i propositi dell’anno non nuovo) l’autrice suggerisce a un’amica di ritirarsi in campagna: «Invita a mensa pochi amici, noi. / Sorridi, non ti far del male, / il mondo s’è impigliato fuori».
È l’idea di una vita contemplativa che osi contrapporsi al caotico e molteplice dell’oggi, e imprevedibilmente lo vinca. È la continua, pervasiva e anche un po’ ribelle tentazione a lasciar cadere, stare a guardare, non fare. Un caparbio tenersi in disparte e percorrere «viottoli» anziché autostrade. Meta privilegiata è l’isola, che si fa di volta in volta biblioteca, mare, ufficio, «biro in tasca», «sasso giusto», o anche solo la «posizione di una virgola»: il variegato appartarsi in luoghi dove, per fortuna, non ci sia «partita, pubblico e punteggio».