Un'antologia di poesie tratte dalle più famose raccolte del grande poeta francese. Incentrata soprattutto sul tema dell'amore e su quello della libertà (libertà politica ma anche esistenziale), comprende alcuni dei suoi componimenti più celebri. Vi sono i ricordi autobiografici e le descrizioni della natura, l'amore per gli animali e l'affetto per gli amici; su tutto domina, viva e vibrante, Parigi, con le sue strade e i suoi ritrovi, i suoi colori e i suoi volti, così come l'ha restituita il suo impareggiabile interprete. Con testo originale a fronte.
Questa edizione raccoglie in ordine cronologico tutte le poesie e le opere teatrali pubblicate dal poeta e quelle postume. Le poesie compongono un itinerario creativo che, partendo dall'elaborazione romantico-simbolista degli elementi costitutivi del mondo infantile - il canto della ninna nanna, il mito della favola - e traendo successivamente ispirazione dal folclore gitano-andaluso, approda - arricchito dall'esperienza newyorkese - a un linguaggio surreale e barocco, fortemente immaginifico. La poesia di Lorca non è mai paga di sé e trae vita dal costante contatto con la realtà, dai contrasti più violenti - primo fra tutti quello tra amore e morte - e dal bisogno di conciliare la tradizione con l'avanguardia, perché "la luce del poeta è la contraddizione". Il teatro di Garcia Lorca, con i drammi, le tragedie, le farse, le commedie, i semplici divertimenti, testimonia una parabola creativa che, nell'ambito scenico, si presenta tanto rapida e breve quanto densa di motivazioni, di istanze, di confluenze tra eredità colta e tradizione orale popolare, linfa, questa, di un'arte intimamente rivoluzionaria. Fa da sfondo l'ambiente andaluso, il quale, peraltro, non è ridotto mai a pura evocazione regionalistica, ma agisce da protagonista nel dramma che di volta in volta racchiude.
Come le tessere multicolori e scintillanti di un mosaico, le strofe sciolte sono la forma poetica prediletta nell'India. Questa passione antica è ripresa oggi nell'antologia che qui si presenta, curata da due specialisti di levatura internazionale. I grandi scenari della natura - montagne, oceani, stagioni, albe e tramonti -, i momenti più intensi delle storie d'amore - l'incontro, il vagheggiamento, la prima notte insieme, le gelosie e le nostalgie, la voglia e la confidenza -, le riflessioni tenere o disincantate sul mondo e sulla vita, i paesaggi del mito o del quotidiano; le strofe più belle di Kalidasa (IV-V sec. d.C.), già salutato da Goethe come un genio poetico per l'inimitabile suggestione delle sue immagini, Bhartrhari (V sec.) che raccoglie in tre Centurie l'intera sapienza poetica sull'amore, sulla saggezza mondani e sulla rinuncia, Amaruka (VII sec.), delicatamente partecipe dei sentimenti femminili delle sue protagoniste, Bharavi (VI sec.) e Magha (ante IX sec.), i grandi virtuosi della parola, Jayadeva (XII sec.), il mistico cantore degli amori fra il dio Krishna e la pastorella Radha, emblema di quelli fra Dio e l'anima umana. Dai primi esperimenti della poesia classica, offerti intorno al IV secolo a.C. con le strofe suggestive dei poeti-monaci buddhisti, per giungere alle espressioni sempre vitali dei maestri più celebri alla corte dei favolosi imperatori Mughal, nel 1600, l'antologia attraversa venti secoli di produzione multiforme.
"Satura" è l'opera più sorprendente di Eugenio Montale. Uscita nel 1971, spiazzò i lettori dei suoi tre libri precedenti, mostrando la vitalità di un poeta che, a settantacinque anni, era diventato ormai un classico indiscusso della letteratura italiana. La rottura col passato è netta: non ci sono qui né la scabra concisione elegiaca degli "Ossi di seppia" (1925-28), né la tragicità modernista delle "Occasioni" (1939), né ancora l'espressionismo allegorico de "La Bufera e altro" (1956). C'è invece una lingua modernissima, una ricchezza di dettagli, una "satira" nel senso latino del termine che può toccare ogni argomento: dal dolore privato per la morte della moglie alla cronaca puntuale e corrosiva degli anni Sessanta. Il testo, corredato da un cappello introduttivo e da un commento a cura di Riccardo Castellana, è accompagnato da un saggio di Romano Luperini, da un profilo biografico dell'autore, da una bibliografia e da un intervento del poeta e critico Franco Fortini.
L'"Antologia di Spoon River" è stata pubblicata per la prima volta da Einaudi nel 1943, tradotta da Fernanda Pivano e scoperta da Cesare Pavese. Da allora sono state fatte innumerevoli edizioni; il numero di copie vendute, da autentico bestseller, è straordinario, soprattutto se si tiene conto del fatto che si tratta di un libro di poesia, tradotto per di più da un'altra lingua. Dal libro sono stati tratti dischi, riduzioni teatrali, musicali, radiofoniche, televisive. E intere generazioni l'hanno scelto come testo da leggere e come oggetto di studio. Con tre scritti di Cesare Pavese.
«Nel 1965 il Premio Vann'Antò fu assegnato alle poesie inedite di Giuseppe D'Alessandro da una giuria composta da Carlo Bo, Giacomo Debenedetti, Giorgio Caproni, Salvatore Pugliatti e Salvatore Quasimodo. Le sue poesie sono parole distillate. La novità per lui non sta nelle forme, che sono antiche e classiche, bensì nei connotati umani. I versi sono come cera, plasmabili. C'è l'assillo di un gioco vitale imparato e perduto, senza riuscire né a desiderare né ad apprendere un altro qualsiasi di quelli offerti dal mondo d'oggi». (Walter Pedullà)
Quando Robert Louis Stevenson era il piccolo Luly, ascoltava i racconti della nutrice Cummy e stupiva di fronte al gioco delle ombre di un divano, al riflesso di luna di una tinozza d'acqua. Molti, molti anni dopo ripensa a quel notturno formicolare di voci e scrive manciate di versi che sono storie in miniatura, avventure vissute sulla soglia del sonno, quando ci si può immaginare pirata, corsaro, cavaliere, indiano, quando il letto diventa la nave delle grandi traversate notturne verso le isole e i tesori della fantasia. Roberto Mussapi traduce e ricostruisce il "romanzo" di uno Stevenson fanciullo che si trasforma nel più straordinario raccontatore di storie della letteratura inglese. Un libro che, ancora più di ieri, può offrire al lettore adulto l'occasione per incantare i bambini e ai bambini l'occasione di trasformarsi in lettori.
Canzoniere di luce e di dolore, questo libro di Serricchio è il dono di una voce di acclarato calore nel campo della poesia italiana. Voce piena di pudore e forza, che accoglie l'esperienza della luce - quella abbagliante del sud e quella che è per l'anima - e l'esperienza del dolore e le ridona a noi che leggiamo in modo che dove c'è l'una non manca l'altro, e viceversa. Perché il miracolo della voce di un poeta è la presenza contemporanea di luce e pena, di carcere e di sole, nel segreto delle parole e della visione da cui nascono. La parola con due lingue di Serricchio in queste pagine, specialmente in quelle dedicate alla donna amata, trovano una misura che si può definire classica ma mai inerte, anzi tutta viva di emozione e di capacità di scoperta. Voce e andamento antichi e sempre nuovi della poesia. La personalità di questo poeta e il dono della sua voce sono tra le conferme del legame che sempre corre tra stoffa della vita e destino d'arte. In questo libro ricco e bellissimo, Serricchio ci fa sentire la unicità della sua terra, dei volti, dei suoni, delle visioni tra cielo e mare, e di una lunga storia d'amore. E anche l'universale parola della solitudine di un uomo che, commosso, apre le braccia al mistero dell'esistenza.
Pierluigi Cappello, Umberto Valentinis, Ida Vallerugo, Giacomo Vit, quattro tra i poeti più conosciuti del Friuli, ci accompagnano nei luoghi della poesia. Quattro diversi incontri a testimoniare come la parola possa ancora svelare il forte legame tra l'umanità e il mondo. Quattro diversi incontri dove il ritmo della poesia si intreccia mirabilmente al tempo d'ascolto delle immagini.