Se il rapporto tra uomo e natura, in tutte le sue forme, si presenta oggi come sopraffazione e dominio, la responsabilità grava sul mondo occidentale e sulla cultura che, come ne ha determinato la leadership, ne minaccia ora la sopravvivenza: tra i capostipiti filosofici Francesco Bacone, teorico del primato del pensiero scientifico; e Cartesio, che ponendo il "cogito" al centro della metodologia, ha reso onnipotente la soggettività umana. A partire da questi presupposti filosofici, muove l'autore di questo saggio per sviluppare una critica della civiltà occidentale moderna, che oggi rischia drammaticamente la propria autodistruzione: l'inquinamento, l'invenzione di armi chimiche e batteriologiche sempre più potenti, l'imporsi di forme estreme di manipolazione genetica delle risorse alimentari, sono gli effetti dell'abuso che l'uomo occidentale ha fatto e continua a fare delle proprie capacità e un segnale che impone un cambio di direzione rapido e radicale. Nasr, di religione musulmana ma anche studioso della tradizione cristiana, indica la via per ritrovare la sacralità della natura e "comprendere pienamente il significato simbolico delle forme, dei colori e dell'aspetto delle cose che ci circondano". In sostituzione di una "filosofia della natura" che l'attuale visione scientifica del mondo fisico ha cancellato, occorre ritrovare una "teologia della natura" che eviti le derive mistiche e razionaliste e riscopra le basi della gnosi. Prefazione di Martino Doni.
Siamo all'alba di un nuovo mondo politico? La grande crisi finanziaria ha prodotto le rivolte della Primavera araba e il movimento degli indignados in Spagna, Grecia, Stati Uniti e Gran Bretagna. Sono rivolte meno organizzate rispetto al passato ma la loro forza è proprio quella di essere grandi e spontanei movimenti popolari che si oppongono alle parole d'ordine di questa modernizzazione: modernizzare, riformare, cambiare. I movimenti popolari nascono anche come risposta alla falsa disputa tra opposti schieramenti che si riduce tutt'al più a chi davvero possa proporre il "vero" cambiamento, a colpi di riforme e liberalizzazioni. Alain Badiou critica questa condivisa visione delle cose che vuole a tutti i costi il cambiamento e la modernizzazione, per riaffermare la potenza dell'idea. Sono proprio le rivolte a riaprire d'improvviso la storia che molti, a cominciare da Fukuyama, avevano frettolosamente considerato finita.
Alla base di ogni attività intellettuale umana, alla radice di ciò che definisce la nostra unicità nel regno animale, c'è il ragionamento, la capacità di argomentare. In una parola, la logica. In questo libretto agile e discorsivo Graham Priest non indulge in tecnicismi e formule matematiche, ma esalta il fascino e le suggestioni offerte da paradossi e sillogismi. Esempi pratici e richiami letterari diventano quindi lo strumento con il quale Priest accompagna il lettore nel cuore di una delle discipline speculative più raffinate dello scibile umano. Far riflettere, più che fornire nozioni. Suggerire, più che affermare. Per scoprire infine come la logica, che affonda le sue origini nell'antichità, ha offerto non più di mezzo secolo fa le fondamenta teoriche alla cultura digitale e informatica che oggi pervade la nostra società.
Secondo Nietzsche la filosofia non nasce affatto, come si è soliti pensare, da un afflato disinteressato al sapere, ma da un'inquietudine esistenziale figlia dell'incapacità dell'uomo di dare senso alla precarietà della propria vita. Abbracciando tale prospettiva, questo libro invita a liberarsi dalla tendenza a considerare patologica ogni forma di disagio esistenziale per provare a pensare filosoficamente "la fatica di essere se stessi". Capitolo dopo capitolo, il volume si rivela un percorso di autenticità nel quale la malattia e l'eccesso di medicalizzazione, l'ansia da prestazione e il senso d'inadeguatezza, la bassa soglia di sopportazione delle difficoltà, il risentimento e il senso di colpa rispetto al tempo passato, la frustrazione per quello presente e l'angoscia per quello futuro, la relazione tra la paura di morire e quella di vivere si trasformano in opportunità per esaminare il nostro modo di essere al mondo e per vedere se l'esistenza, inquadrata da nuove prospettive, possa apparire sotto una luce diversa che ne rischiari il senso e le dia nuovo slancio. E se la filosofia non sarà sempre in grado di apportare agli uomini quella guarigione che "consisterà nel liberare l'anima dalle preoccupazioni della vita, per condurla alla semplice gioia di esistere" - come amava dire Epicuro -, essa potrà almeno insegnargli "a non farsi ingannare".
"Aut aut" è una rivista bimestrale di filosofia fondata da Enzo Paci nel 1951. Attraverso la pubblicazione di materiali, saggi e interventi fornisce un quadro aggiornato del dibattito filosofico e culturale di oggi. La rivista si rivolge in modo speciale agli studenti e agli studiosi di cose filosofiche, ma anche a coloro che si occupano di problemi connessi con la psicologia, e a tutti gli operatori del mondo culturale, letterario, artistico e politico, che hanno a cuore una riflessione sulle loro pratiche.
Alcune dei temi filosoficamente, e non solo filosoficamente, più urgenti, quali la questione della verità, la laicità e la democrazia, il pluralismo religioso e i nuovi ateismi, le condizioni e i limiti della libertà umana, vengono qui affrontati con un metodo ermeneutico dotato di una forte impronta speculativa. Il libro è perciò anche una difesa di un modello molto distante dalla vulgata ermeneutica: esso mostra come il pensiero ermeneutico si debba radicare in una concezione non relativistica della verità e nell'affermazione di un originario pensato come libertà. A questo pensiero dell'originario viene qui tentato un nuovo approccio attraverso l'idea kierkegaardiana della coscienza come rapporto che si rapporta a se stesso.
Questo libro parla di quasi niente. Di un quasi-niente che riguarda ogni essere umano e che, aduso com'è al (diabolico?) camuffamento, ci giunge qui celato sotto la doppia maschera del morbo più celebre della storia e della finzione letteraria, che di quel morbo fa metafora, canto, fabula. Le voci antiche e recentissime (da McCarthy a Lucrezio, a Camus, a Poe, a Leopardi...) che si susseguono e si richiamano "in eco" da queste pagine sono altrettante declinazioni di un'unica domanda, che è poi il quesito fondamentale di ogni filosofia: perché? Perché siamo al mondo, se dobbiamo morire? Specie se la morte può arrivare nella forma di una catastrofica, immotivata e noncurante malattia che appare e scompare senza senso alcuno. Una malattia che uccide, ma che può far di peggio, lasciando le sue vittime "solo" vive, nude e private di qualunque parvenza di civile umanità. Perché anche l'umanità può rivelarsi una maschera. Siamo qui per scontare una colpa? Magari solo quella di essere? È un'ipotesi amara, che però lascia spazio alla speranza, alla scintilla divina che scopre un senso possibile nel cuore stesso del non-senso. Oppure non c'è alcun destino e nessuna colpa? La natura è una macchina demente, il cielo è vuoto, e il niente la vince sul quasi-niente.
Diversi fattori contribuiscono alla ricchezza della lingua dantesca, che richiamano l'ambito filosofico, estetico, morale e teologico. La parola, per il Poeta, immessa nel circolo comunicativo, è portatrice della profondità emotiva dell'agente linguistico. Se tale profondità si trova in contrasto con il Sommo Bene, la parola stessa può diventare un "seme di operazione" distruttivo. Nella Commedia, tale concezione è espressa da un'immagine polisemica, dal forte valore religioso: la lingua di fuoco. La lingua come il fuoco brucia, distrugge o illumina e riscalda diventa il mezzo della rivelazione dello spirito e può essere causa di un'azione moralmente positiva o negativa.
Come è andato strutturandosi il cosmo dal disordine all'ordine, un movimento che sembra contraddire le leggi della fisica? Quale principio evolutivo può spiegare il modo in cui la realtà terrestre si è sviluppata fino alle forme più sofisticate del mondo organico? Come giustificare una tendenza che, pur scaturendo dalla materia, in essa non si esaurisce ma rinvia a una dimensione trascendente? Precisi interrogativi sono inanellati da Hans Jonas in questo saggio apparso nel 1988. Domande che scandagliano le origini della natura e dell'uomo: è lo scenario nel quale si inscrive la scelta primordiale dello spirito creatore di rinunciare alla propria onnipotenza in favore dell'autonomia cosmica. Riconducendo alla dialettica fra "libertà" e "responsabilità", Jonas mostra qui l'originalità di una prospettiva, lontana tanto dall'evoluzionismo quanto dalle più recenti teorie dell'intelligent design, tutta da riscoprire.
Il problema della storia s'impone nei momenti di crisi, e conduce a interrogarsi sul significato del proprio destino. È il motivo di fondo della riflessione di Jean Daniélou, sviluppato in questo classico della teologia cristiana della storia e nel confronto con le diverse prospettive filosofico-teologiche. Da una parte vi sono le concezioni progressiste ed evoluzioniste per le quali il tempo è in se stesso creatore di valore; queste però privano l'uomo della sua responsabilità, giacché il progresso è ineluttabile. Dall'altra le filosofie esistenzialiste fanno della libertà il valore supremo, con un esito altrettanto pericoloso. Per il cristiano la libertà non si compie e non si realizza che inserendosi in un ordine: l'unico ordine in cui essa possa iscriversi senza annullarsi è quello di Dio, del Mistero della storia. Una visione che non minimizza l'importanza dei valori terreni - e in particolare dell'azione politica - a vantaggio dei valori soprannaturali, ma, in contrappunto a una falsa mistica dell'azione temporale, mostra come il piano di Dio a confronto prima di tutto con quello degli uomini generi la speranza dell'agire terreno.
«Il testo che qui presentiamo, che esce per la prima volta in traduzione italiana a più di settant’anni dalla sua edizione originale (É. Gilson, Réalisme thomiste et critique de la connaissance, Vrin, Paris 1939), va inquadrato nel dibattito che, sul finire degli anni Trenta, coinvolse Gilson e alcuni illustri esponenti dell’Università di Lovanio, fondata dal cardinal Mercier. Tra essi, oltre a Mercier, J. Maréchal, B. Picard, L. Nöel, M.-D. Roland-Gosselin, p. P. Descoqs. La questione controversa riguardava la legittimità del “realismo critico”, cioè dell’incontro tra Tommaso e Cartesio e/o Kant, proposto, in sede conoscitiva, dai tomisti sopra indicati. Una legittimità che Gilson non era disposto a riconoscere e che susciterà un dibattito molto acceso sulla natura della gnoseologia tomista, sulla sua differenza o sulla sua possibile convergenza con l’impostazione critica moderna».
Dall’introduzione di Massimo Borghesi
Étienne Gilson (Parigi 1884 - Cravant 1978), storico del pensiero medievale e studioso di fama mondiale, è stato professore alla Sorbona, al Collège de France, al Pontifical Institute of Medieval Studies di Toronto. È autore di opere fondamentali dedicate al pensiero di Sant’Agostino, San Tommaso, San Bonaventura, Duns Scoto.
Ne La dignità umana e le sue radici esistenziali di Gabriel Marcel si dà un posto eminente, nella bipolarità dell’opera dell’autore, ad un tempo filosofo e drammaturgo, al cosiddetto “versante teatrale”. L’esposizione della pièce Il dardo introduce in maniera decisiva la tematica della dignità umana impregnata di un kantismo che, seppur teoreticamente incontestabile, ha perso molta della sua vitalità. Al di là di ogni intellettualismo razionalistico ed anche di una pur generosa proposta cristologica, secondo Marcel, la dignità umana si ritrova quando si coglie l’uomo nella sua nudità e debolezza, cioè come lo si scopre nel fanciullo, nel vecchio, nel povero, ossia «a livello della vita e della morte e non di una razionalità definita in astratto».
Enrico Piscione, allievo a Perugia di Armando Rigobello, ha conseguito nel 1973 il diploma di specializzazione nella ricerca filosofica all’Università “La Sapienza” di Roma. Insegna Storia della Filosofia all’Istituto Superiore di Scienze Religiose “San Luca” di Catania. Fra i suoi contributi si segnalano: Antropologia e Apologetica in Gabriel Marcel (Reggio Emilia 1980); Amicizia ed Amore. Dal pensiero antico al Medio Evo cristiano (Catania 1990); Giustizia e legge. Modelli filosofici della dimensione giuridica da Platone a Tommaso D’Aquino (Catania 1993); Doctor Amicitiae. L’itinerario filosofico-spirituale di Aelredo di Rievaux (Caltanissetta 2011). Nelle nostre collane ha curato i volumi di Gabriel Marcel, Fede e realtà. Osservazioni sull’irreligione contemporanea, e, insieme a Mario Tamburino, di Peter Wust, L’uomo e la filosofia.