
Gli studi riuniti in questo volume riguardano soprattutto i Vangeli sinottici (nn. 1-7), il Quarto Vangelo (nn. 4 e 8), le lettere paoline (nn. 9-12) e la Prima lettera di Pietro (n. 13); ma si estendono all’esegesi patristica (nn. 4, 16, 17, 18), alla teologia biblica (n. 15) e alla metodologia esegetica (n. 19).
I cinque saggi di esegesi “canonica”, tre dei quali già pubblicati su diversi periodici, sono preceduti da un’ampia introduzione, che ne giustifica l’orientamento e il metodo. Ripercorrendo la ricerca ermeneutica recente e i principali interventi del Magistero dal Vaticano II a oggi, l’A. dà risalto al1’esigenza di ricuperare il grande modello dell’esegesi patristica, consapevole della sostanziale unità della Parola di Dio scritta, al centro della quale è il mistero di Cristo.
Francesco Mosetto, docente emerito dell’Università Pontificia Salesiana, Sezione di Torino, è autore di commentari e studi sugli scritti del N.T. Tra di essi: I miracoli evangelici nel dibattito tra Celso e Origene (LAS, Roma 1986); Lettura del Vangelo secondo Luca. Seconda ediz. riveduta (ivi 2009); Attende tibi et doctrinae…” (I Tm 4,16). Studi neotestamentari (ivi 2010); Lettere di San Paolo, 3 voll. (Elledici, Torino 2011-2012); Vangelo di Giovanni (ivi 2013); Lettera agli Ebrei. Lettere di Giacomo, Pietro, Giovanni, Giuda (ivi 2014); Gesù “cresceva. Storia e mistero (LAS, Roma 2015); Uno sguardo nuovo su Gesù. I misteri della vita di Cristo (Elledici, Torino 2016). In corso di stampa, presso l’editrice Queriniana (collana Commentari biblici): Marco nella sinfonia delle Scritture.
Modello della fede cristiana, secondo l'insegnamento di san Paolo, è Abramo, la cui fede consiste nell'obbedire a Dio e nell'abbandonarsi a Lui con fiducia. Tutti e quattro i Vangeli mostrano chiaramente che Gesù stesso ha camminato «sulle orme della fede del nostro padre Abramo», La lettera agli Ebrei presenta Gesù come il sommo sacerdote della nuova alleanza e il leader della fede, quella dei cristiani, che si pone sul prolungamento della fede d'Israele. La fede cristiana è è fede in Dio e anche fede in Gesù, il Figlio di Dio che compie le promesse fatte a Israele. Alla dimensione interpersonale ed esistenziale della fede è sottesa quella veritativa, sulla quale insistono gli ultimi scritti del Nuovo Testamento.
Il presente commento al più antico dei quattro vangeli intende assecondare un'autorevole indicazione dell'esortazione apostolica Verbum Domini di papa Benedetto XVI (n. 34). Di fatto, esso si propone di avviare a una rinnovata lettura "canonica" del testo evangelico, collocandolo nell'orizzonte complessivo dell'unica e molteplice "parola di Dio". Questo genere di lettura viene suggerito mediante due specifiche attenzioni aggiuntive nella spiegazione del testo, che per il resto segue il modello consueto e rodato dei commentari: a) una citazione tratta da un commento dei Padri della Chiesa, la cui funzione è quella di illustrare in modo esemplificativo l'esegesi della grande trazione; b) una esplorazione delle risonanze del testo di Marco nell'insieme delle Scritture: di volta in volta ci si sofferma su di un singolo tema, il più significativo per quella pericope, dando forma a un Excursus dedicato. Se un'esegesi sempre più specialistica rischia di smarrire la ricchezza del testo biblico, sciupandone la fecondità, questo nuovo commento evidenzia come il racconto di Marco appartiene a un discorso unitario che dalla Genesi giunge all'Apocalisse e le cui singole parole acquistano il loro pieno significato se ricondotte a quella parola che è il Verbo fatto carne. Un commento al Vangelo di Marco che conduce alla scoperta di un orizzonte più arioso, suggestivo di molteplici attualizzazioni.
A Gerusalemme e nel suo territorio hanno avuto il dono e il privilegio di vivere molti giovani che si sono preparati, o si preparano, nello studio e nella preghiera, a diventare ministri della chiesa, nel servizio della divina Parola e della celebrazione dei sacramenti cristiani. Gli studi raccolti in questo volume, al quale hanno collaborato docenti sia salesiani che delle istituzioni teologiche dell'area gerosolimitana, documentano l'impegno dello Studentato teologico salesiano in Terra Santa di accostare i giovani studenti alle fonti della rivelazione e di aiutarli ad approfondire il suo messaggio e nello stesso tempo di collegare lo studio della teologia con la missione pastorale alla quale si preparano.
Questo breve commento alle due lettere di san Paolo alla comunità cristiana di Tessalonica si propone di guidare nella lettura del testo biblico secondo il suo senso letterale, ma anche di aiutare il lettore nella lectio divina mediante alcuni spunti di attualizzazione. Poiché il pensiero dell'Apostolo è sostanzialmente coerente, il commento valorizza i testi paralleli delle altre sue lettere. In secondo luogo si presta attenzione alle circostanze storiche e alla situazione delle comunità. Infine, oltre a sottolineare il rapporto tra la dottrina di Paolo e la tradizione apostolica, il commento evidenzia il contesto "canonico" delle lettere, costituito dall'insieme delle Scritture sia dell'A.T. sia del N.T.
Le lettere di Paolo sono i testi più antichi del Nuovo Testamento, così antichi che al momento della loro redazione il cristianesimo non esiste ancora. Ci raccontano di giudei e greci che credono che Gesù di Nazareth, un predicatore galileo morto crocifisso, sia il Messia. La loro non è la fede generica in un dio amorevole che ricompenserà i suoi devoti: il Regno di Dio è il risultato dell'imminente scontro apocalittico in cui Cristo sconfiggerà le forze del male, e il vangelo deve essere annunciato alle nazioni affinché si schierino dalla parte giusta. Se il quadro generale è chiaro, assai meno lo sono i dettagli: Paolo non ha elaborato una teologia coerente e sistematica, né ha fondato un'organizzazione gerarchica dei credenti; l'annuncio del vangelo ha dato vita a una ekklêsia, ma non c'è ancora una chiesa. Questo libro tenta di ricostruire quello che nei testi si trova solo in forma frammentaria e implicita, un "manuale di istruzioni" per prepararsi all'apocalisse: come si fa a vivere in un mondo condannato alla distruzione? come vanno riconfigurati i rapporti sociali? che cosa è lecito e che cosa è proibito? In altre parole: che cosa significa rivestirsi di Cristo e diventare uomini nuovi?
A proposito dell'apostolo Tommaso, tutti sanno che infilò il dito nel costato di Gesù. Ma lo fece davvero? Un'approfondita disamina del Vangelo di Giovanni rivela quanto poco comprendiamo in realtà della più enigmatica delle figure bibliche, e quanto invece potrebbero insegnare le strane metamorfosi che la sua storia ha subito nel tempo. A partire dal Nuovo Testamento, Glenn W. Most ricostruisce le trasformazioni di Tommaso nei secoli: santo gnostico, missionario in India, eroe di scetticismo ed esempio negativo di miscredenza, blasfemia e violenza. Ricche di paradossi e tensioni, queste trasformazioni creative operate da narratori, teologi e artisti rivelano il complesso intreccio di relazioni fra i testi e le loro interpretazioni e i misteriosi meccanismi della fede, dell'amore e dell'identità personale. Partendo dalla decifrazione del ventesimo capitolo del Vangelo giovanneo, messo a confronto con le conclusioni dei Sinottici, il libro termina con un'analisi dettagliata del dipinto dedicato da Caravaggio a Tommaso l'Incredulo, passando per le tradizioni pittoriche della tarda antichità, il Medioevo e il Rinascimento. Lungo questo percorso, l'autore prende in considerazione le reazioni al racconto di Giovanni da parte di interpreti di diversa matrice filosofica e religiosa, e le letture teologico-cristiane dal II secolo alla Controriforma, mostrando come la storia di Tommaso si confronti con le questioni fondamentali della religione, della filosofia, dell'ermeneutica e della vita.
Tra tutti i libri del Nuovo Testamento, l'Apocalisse vanta forse la tradizione più consistente di interpretazioni diverse, contrastanti e creative. Per questo commentario, che si propone lo scopo di fornire un'esposizione meticolosa e aggiornata da un punto di vista scientifico ma anche fedele alla Bibbia considerata come Parola di Dio, ogni approccio interpretativo presenta degli importanti contributi a una corretta comprensione del libro anche se nessuno di essi si rivela sufficiente. Secondo Mounce, il Veggente prese spunto dal suo contesto immediato, per proferire profezie che avrebbero avuto un adempimento storico, ma nello stesso tempo anticipò, per loro mezzo, la fine dei tempi e rivelò i principi soggiacenti al susseguirsi degli eventi nella storia. Al di là degli approcci interpretativi, il commentario di Robert Mounce contribuisce a far godere pienamente il messaggio di speranza che il Veggente ricevette mediante le sue visioni, anche quando il lettore viene a trovarsi nel mezzo delle più grandi difficoltà.
La questione dell'origine della fede nella Risurrezione di Gesu, tratto costante della tradizione esegetica della seconda meta del Novecento, viene affrontata da Muller nell'ottica di continuita tra la predicazione di Cristo e il piu antico credo pasquale. L'ipotesi di questa ricerca i ntende sottolineare la dimensione di continuita tra la predicazione di gesu`e il piu`antico credo pasquale". Il testo si articola attorno ai due temi essenziali: il significato fondamentale dell'agire di gesu`, in cui si fa esperienza della sovrabbondanza salvifica della signoria di dio; l'attesa della risurrezione del martire mediata dalla visione della risurrezione escatologica di gesy. L'autore si colloc a percir nella scia della questione dell'"origine" della fe de nella risurrezione di gesu, che rappresenta un tratto costante della tradizione esegetica della seconda meta del nove"