Nelle omelie di Santa Marta, divenute ormai il luogo di un magistero umile e feriale, ma anche nell'Evangelii gaudium e nella Gaudete et exsultate, papa Francesco spesso ci mette in guardia dalla tentazione di essere oggi un po' "pelagiani" o meglio "neopelagiani". Cosa vuole dire il Papa con il richiamo a questa antica eresia? Pelagio, monaco cristiano vissuto tra il IV e il V secolo, riteneva l'uomo capace di meritare la salvezza con le sue sole forze, senza l'ausilio della grazia. Rapportata al vivere ecclesiale odierno, questa concezione dell'uomo e del suo rapporto con Dio potrebbe portare la Chiesa a confidare più nelle sue strutture che nel primato della grazia, a cui Francesco ha dato il nome di «misericordia». A questa riduzione del cristianesimo antica, ma sempre nuova, il Papa, come ben dimostra il presente volume, contrappone la centralità del compito «pastorale», con una Chiesa chiamata a favorire in tutti i modi possibili l'incontro fra Cristo e l'uomo e non semplicemente a «regolarlo» con delle norme.
Il termine reciprocità ricorre spesso nei pronunciamenti magisteriali di Francesco, o nei suoi scritti di vario genere. E numerosi sono anche i sinonimi, le perifrasi e le metafore che ne enfatizzano le diverse semantiche. L'insistenza della terminologia che esprime e declina la reciprocità nell'insegnamento del pontefice, produce una serie di conseguenze teologiche, dando adito al ripensamento - in prospettiva sistematica, ma anche pastorale e spirituale - di alcuni temi importanti, come l'ontologia agapico-trinitaria, la fraternità ecclesiale, l'amore coniugale e la vita familiare, il dialogo interreligioso ed ecumenico, nonché una visione cristiana del mondo ricompresa nei termini di quella che papa Bergoglio chiama «ecologia integrale». La lezione sulla reciprocità, in questo articolato orizzonte, può far maturare l'attitudine pro-esistenziale - che dev'essere sostenuta anche da una lucida consapevolezza teologica - a portarsi dentro l'altro e a portarsi l'altro dentro.
I grandi cambiamenti nella concezione del mondo, dell’essere umano e di Dio degli ultimi due secoli richiedono, per Helmut Fischer, che i fondamenti della fede cristiana – validi nonostante il mutare del contesto e del periodo storico – vengano riformulati in un linguaggio nuovo e ricettivo di tali mutamenti: la sua proposta è quindi quella di esprimerne il nucleo cercando di prescindere dalla sovrastruttura teista, dogmatica e metaforica costruitagli intorno nei secoli.
«Non esiste e non può esistere una forma linguistica oggettiva in cui la realtà divina possa trovare una formulazione valida per ogni tempo. La teologia cristiana fa quindi bene ad affrontare ogni critica contemporanea alla sua concezione di Dio. Una concezione di Dio che possa essere comunicata deve articolarsi in modelli, modalità di pensiero, simboli e metafore che si collochino entro l’orizzonte della comprensione del mondo dei contemporanei. Ciò comporta non soltanto la trasformazione ma anche la revisione del materiale ricevuto in eredità. Si tratta di enucleare – nelle condizioni intellettuali del presente – l’elemento specifico e caratteristico della concezione cristiana di Dio, accantonando cognizioni che, pur facendo parte della forma storica della tradizione, hanno perso plausibilità per la concezione
del mondo del presente»
Helmut Fischer
«Potremmo dire che, per Barth, la fede è per tutti altrettanto facile e altrettanto difficile. Nella continua riflessione su questa dialettica, egli, pur non rinunciando al principio della trascendenza divina e della condanna di ogni antropocentrismo in campo filosofico-teologico, si vorrà aprire ad una strada nuova nell’impegno storico-razionale dell’uomo e dell’azione della Chiesa. Vorrà istituire una forma di mediazione tra l’umano e il divino, il peccato e la grazia, la finitudine e l’infinito [...]. Parisi ci offre un nuovo, fresco sguardo sulla rilevanza della teologia di Barth oggi. Spero che i lettori di quest’opera siano da essa stimolati a fare il punto su come noi, in quanto cristiani, riconosciamo oggi la Signoria di Dio nel mondo. Per Barth questo è nel cuore della Chiesa stessa» (dalla Prefazione).
Si può toccare Dio? Si tratta di verificare se il testo di Gv 20, 1-18, permetta, o meno, di sostenere questa tesi.
E’ il viaggio verso un tema di confine, un tema-parete, un tema.limite tra il sé creatura della Maddalena e il tu di Dio, in Cristo; tra il tempo dell’uomo e l’eternità di Dio stesso. Qui, l’esperienza della Maddalena si pone come esperienza di fisicità e di sensoriali, oltre che di fede.
Il teologo della liberazione brasiliano Leonardo Boff e il sociologo portoghese Boaventura De Sousa Santos dialogano in modo serrato su temi di rovente attualità: la crisi agonica in cui versa l’Europa, il ruolo dell’America Latina nello scenario politico contemporaneo, l’imperialismo, la biodiversità, un grido accorato in difesa della Terra e della Natura, il riscaldamento globale, i diritti umani dei popoli indigeni, la critica a un capitalismo distruttivo fondato sui principi di un neoliberismo selvaggio. Se il Sud globale è stato vittima di un’esclusione causata dal colonialismo, da queste pagine emerge chiaramente che sarà proprio guardando al Sud del mondo, alle sue sperimentazioni politiche e sociali, che la vecchia Europa potrà trovare, forse, linfa vitale per risollevarsi dalla crisi e speranza per aprire nuovi cammini.
I discorsi raccolti in questo volume mirano a lasciare una porta aperta sul dialogo, così che l'incontro con l'altro non diventi motivo di scontro, ma al contrario occasione di confronto. Infatti, chi si pone dalla parte della fede può incorrere nel rischio di ritenersi depositario di una verità che non può mai essere messa in discussione. Ma in tal caso che senso avrebbe il dialogo? Risulterebbe superfluo ed inefficace. Certamente per un cristiano la verità è Gesù Cristo, ma il cammino per giungervi non è dato una volta per tutte. L'approccio alla verità non può che essere graduale: «Veritas indaganda est».
I personaggi della Bibbia si affannano e lavorano, s'innamorano e combattono, mentono e tradiscono, uccidono e vengono uccisi, desiderano e sognano, mangiano e si emozionano: sono, dunque, come gli uomini e le donne di ogni tempo e di ogni luogo, di ieri e di oggi, chiamati a fare i conti con la fragilità dell'essere umani. Questa è la chiave di lettura con cui Brunetto Salvarani ci presenta alcune figure del libro sacro agli ebrei e ai cristiani. Nelle sue pagine incontreremo la paradossale riluttanza del profeta Giona, le fatiche di Noè, l'ansia febbrile del patriarca Giacobbe, la solitudine ferita di Giobbe, lo sguardo perso nel vuoto di Qohelet/Salomone, le delusioni a ripetizione di Gesù e i tormenti dei primi cristiani. In un percorso che mescola l'antica sapienza della Bibbia e la nostra odierna condizione esistenziale, guarderemo alla Sacra Scrittura come un lungo, lento e faticoso esercizio a riconciliare l'umanità con la propria debolezza, la propria finitezza, le proprie cicatrici. Senza scansarle. Senza trovare rifugio in universi consolatori, in comodi ma improbabili Dio-tappabuchi, cercando di accettare i nostri limiti.
L’evangelo della grazia
Atti dell’VIII Convegno ecumenico internazionale di spiritualità della Riforma
Bose, 26-28 maggio 2017
“Come posso avere un Dio misericordioso?”. Questa la domanda che ha portato il monaco Lutero alla liberante riscoperta dell’aspetto fondamentale del messaggio evangelico: la giustificazione del peccatore, la grazia immeritata, offerta incondizionatamente da Dio. Alla tematica della giustificazione ha voluto dare spazio l’VIII Convegno ecumenico internazionale di spiritualità della Riforma, di cui presentiamo qui gli atti. La giustificazione, che fu al cuore del movimento di riforma del XVI secolo, è oggi anche una questione significativa in una prospettiva ecumenica, come parola di libertà e di speranza per gli uomini e le donne del nostro tempo. Attraverso approfondimenti storici, biblici, teologici e spirituali, i relatori, appartenenti a confessioni cristiane diverse, presentano linguaggi nuovi e condivisi per ridire questa parola del vangelo, che dischiude per le chiese e per ogni cristiano un rinnovato cammino di unità aperto al futuro.
Contributi di M. Arnold, E. Bianchi, A. Birmelé, Ch. Chalamet, J.-F. Chiron, S. Coakley, É. Cuvillier, S. Durber, F. Ferrario, W. Kasper, D. G. Lange, A. Maffeis, P. Ricca, B. Sesboüé.
Questo libro è stato scritto per tutte quelle persone che, nonostante le loro limitazioni, si sforzano giorno dopo giorno di migliorare la qualità del loro amore. È utile anche per chi ha scarsa famigliarità con la vita cristiana. Chi, infatti, non cerca la pace interiore, l'autostima senza inganni o una maggiore capacità di amare? Nella prima parte del volume, l'autore invita ad assumere un atteggiamento positivo e realistico nei confronti di un'umile autostima. La condotta opposta, l'orgoglio, genera conflitti e compromette la qualità di tutti i nostri amori. La seconda parte mostra, invece, come l'amore di Dio contribuisce a risolvere in modo stabile i gravi danni causati dall'orgoglio, restituendo alla persona la sua autentica dignità.
Il teologo Giuseppe Ruggieri affronta la complessa questione dell'unificazione della realtà nell'esperienza di fede e si chiede se la teologia possa ancora continuare a fare ricorso a un'ontologia generale e a un sapere metafisico che funga da raccordo tra le varie esperienze e linguaggi contemporanei. Il volume avanza la proposta di una "teologia storica", ovvero di un sapere credente che, consapevole della distanza che separa il tempo presente dal clima culturale ed ecclesiale del passato, è in grado non solo di cogliere svolte e continuità, ma anche di aiutare a discernere nuove vie di testimonianza del vangelo.