
Il volume raccoglie i contributi presentati nel corso del Convegno internazionale dal titolo "Institutions, society and markets: towards a new international bilance", organizzato dalla Fondazione "Centesimus Annus - Pro Pontefice" e tenutosi il 4 e 5 maggio 2012 presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che ha affrontato un tema particolarmente discusso dalla dottrina sociale della Chiesa, vale a dire i rapporti tra stato, società ed economia. Gli scritti qui raccolti mostrano come, per comprendere l'odierna crisi socio-economica, sia necessario allontanarsi da una visione strettamente economica e affrontare così il problema collocandosi nel contesto più ampio dei rapporti tra istituzioni, società ed economia. Il lavoro si inserisce nella collana "Fondazione Centesimus Annus Pro Pontefice" ed è rivolto a tutti gli imprenditori e i dirigenti cristiani, ma anche alle famiglie e agli studenti delle facoltà economiche.
Perché un paese affannato, isolato e quasi arcaico nella sua ortodossia arriva al punto di minacciare una guerra atomica? Cos'è che spinge il "paese eremita" per eccellenza, ormai allo stremo delle proprie forze a sfidare non solo le grandi potenze della regione e gli Stati Uniti, ma lo stesso processo di globalizzazione (e occidentalizzazione) rimanendo chiuso ad ogni contatto con il mondo esterno in un baldanzoso isolamento? Ed infine che cos'è oggi la Corea del Nord ed il suo eccentrico e spietato regime? In ultima istanza, queste sono le domande cui si vuole rispondere, analizzando l'intima natura del più isolato e misterioso del pianeta e il suo modo di approcciarsi al mondo esterno. Tentando, come in puzzle, di ricomporre le varie tessere: dai profondi retaggi storici, alle logiche della propaganda, dalle politiche di appeasement condotte dalla Corea del Sud, agli aspetti più tecnici relativi alla forze armate nordcoreane e alla caparbietà atomica, sino a giungere all'attualità più prossima con un focus particolare sulla leadership del terzo líder máximo: Kim Jong-un.
Prima delle ultime elezioni il compito di ricostruire la Repubblica appariva urgente, ma dopo il loro esito è ancora piú cogente e chiama in causa il ruolo del cattolicesimo democratico. Questa è la tesi sostenuta da Giuseppe Vacca che, in un momento di drammatica incertezza per l’avvenire del Paese, ripercorre alcune delle esperienze piú importanti e significative della politica italiana. Ogni qualvolta si è voluto affrontare il problema storico dell’unità della nazione il ruolo della Chiesa è stato determinante. Oggi, come agli inizi dell’epoca moderna, ritorna di vivo interesse il tema del rapporto fra religione e politica. Esso non può essere affrontato negli stessi termini del passato: di fronte ai rischi di una deriva nichilistica del mondo globale emerge tutta l’importanza di una nuova alleanza fra credenti e non credenti. Pagine di stringente attualità, accompagnate da ricostruzioni storiche dettagliate sostenute da fonti autorevoli, documentano l’implosione della Seconda Repubblica e tratteggiano possibili scenari futuri.
"Il mio partito non ha paura degli altri, è curioso. Il mio partito abbatte i muri, non alza i ponti. Il mio partito accoglie, non respinge gli elettori. Il mio partito si fa giudicare dai cittadini con il voto, non li giudica con moralismo supponente. Il mio partito usa la digitale, non il rullino. Il mio partito non è schizofrenico per cui un giorno vuole arrestare Berlusconi e il giorno dopo lo farebbe presidente della Convenzione costituente. Il mio partito rispetta la magistratura non solo quando manda gli avvisi di garanzia agli avversari. Il mio partito prende i voti degli altri. Perché se non prende i voti degli altri, poi gli tocca prendersi i ministri degli altri. Il mio partito difende le donne non una volta l'anno, ma tutti i giorni, con la parità di genere. E sa che le quote rosa sono un sistema grezzo. Ma non ne ha trovato uno migliore. Il mio partito rispetta i referendum. Anche quando dicono che il finanziamento pubblico ai partiti va abolito. Il mio partito si chiamerà Partito democratico. Ma non l'abbiamo ancora costruito davvero". Con il suo stile veloce, la battuta pronta, e ironico come solo un fiorentino sa essere, Matteo Renzi traccia i confini di un'Italia possibile e futura. Perché adesso basta rottamare. È il momento di andare "oltre". Oltre la rottamazione di una classe politica che ha sprecato la propria opportunità di cambiare le cose. Questo libro è il manifesto politico di una bella Italia, che parla di lavoro, di politica e di futuro.
Si parla spesso di giovani, pur sapendone molto poco, e "senza quella necessaria riserva di pudore che sarebbe probabilmente dovuta a chi ha ereditato, senza averne colpe, situazioni che altri, in anni ormai lontani, hanno contribuito a creare". Questo volume presenta i risultati di un'ampia e rigorosa ricerca effettuata dall'Istituto Demopolis per IAL e CISL e racconta un intero segmento del Paese che, fra precarietà, incertezza occupazionale e tutele sociali ridimensionate, tenta di realizzarsi nella vita e nel lavoro: i cittadini italiani fra i 18 e i 34 anni. Gli aspetti qualitativi e i dati dell'indagine demoscopica sono stati raccolti e organizzati ascoltando i giovani, studiandone le dinamiche di formazione e di ingresso nel mondo del lavoro, le modalità di orientamento, i vissuti personali e lavorativi, la percezione del futuro, le sicurezze attese, i punti di riferimento valoriali e istituzionali. La fotografia di una generazione in difficoltà, in cui il disincanto convive con un realismo insospettato e una forte capacità di adattamento, che non è rassegnazione.
Le "virtù" di cui si parla in questo libro sono scelte, orientamenti, saperi, comportamenti e abitudini che nascono e si sviluppano solo in un ambito di condivisione e reciprocità e in contesti conflittuali nei confronti sia delle classi dominanti sia dell'isolamento, dell'individualismo e di quella competizione di tutti contro tutti. Sono anche percorsi di formazione di una nuova capacità di autogoverno necessaria per esautorare, con altri metodi e un diverso rapporto con le comunità, le attuali élite politiche, imprenditoriali, manageriali, amministrative e culturali incapaci di assicurare un futuro sia al nostro paese che al pianeta. Garantiscono a tutti un'apertura verso un "mondo diverso" e la possibilità di sottrarsi all'attesa impotente della catastrofe economica e ambientale che incombe. Ogni capitolo del libro, nel presentare una "virtù", fa in realtà riferimento a contesti di lotta e a processi organizzativi concreti in cui specifici atteggiamenti e comportamenti sono cresciuti e si sono rivelati determinanti nel promuovere un aumento sostanziale della solidarietà, della consapevolezza, dei saperi e della forza dei suoi protagonisti. L'elenco delle "virtù" prese in esame chiarisce il significato di questo approccio: dignità, accoglienza, empatia, sobrietà, conoscenza... Ovviamente non è una rassegna completa delle "virtù" necessarie a imboccare la strada che porta alla trasformazione del mondo, ma un buon bagaglio da cui partire.
A Paolo Borsellino, spazzato via venti anni fa da un'autobomba sotto casa di sua madre, in via D'Amelio a Palermo, piaceva citare dal Giulio Cesare di Shakespeare la frase secondo cui "è bello morire per ciò in cui si crede. Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola". Il fatto è che l'omicidio di Borsellino è ormai diventato uno di quei buchi neri della storia italiana, simile in questo al rapimento Moro, in cui come in un gorgo si annodano e si raccolgono tutti i misteri, i protagonisti, le inconfessabili verità di un paese che ha sempre avuto molto da nascondere, in primo luogo a se stesso. "Questo è stato il destino del nostro eroe; e l'Italia non è un paese per eroi. La ricerca della verità sul suo assassinio implicava un contributo di onestà, che è stata soffocata. Difficile ormai che si possa recuperare il tempo perduto, perché ormai quella stessa ricerca della verità è strettamente connessa (i luoghi, i palazzi di giustizia, i contesti) con la ricerca delle ragioni della disonestà di chi doveva cercarla. E dunque, diventa un'impresa quasi impossibile." Ma quello che è possibile fare è mettere insieme tutti i pezzi, ripulirli a uno a uno e metterli nell'ordine giusto, per raccontarli a chi li ha dimenticati, o li ricorda solo confusamente. Questo è ciò che Enrico Deaglio ha fatto in questo libro. Con una nuova introduzione dell'autore.
Il grande slancio e i sogni generati dal miracolo economico ci hanno fatto credere che una crescita indefinita avrebbe permesso di garantire senza aggravi fiscali i diritti sociali ed economici. In realtà, dagli anni settanta in poi l'Italia ha pagato benessere e diritti anche ipotecando il proprio futuro. Secondo la stringente interpretazione proposta in questo volume, fenomeni come l'industria di stato, il crollo delle nascite, il Servizio sanitario nazionale hanno avuto un peso maggiore di quello del terrorismo o del compromesso storico nelle vicende di un paese che ha scelto di rinviare finché possibile il faccia a faccia con il declino demografico, il ristagno e ora la decrescita, la perdita di posizioni dell'Occidente. Appendice statistica a cura di Carlo d'Ippoliti.
È stato per più di mezzo secolo tra i protagonisti della storia italiana ed europea, accompagnando la ricostruzione e lo sviluppo del Paese dopo la seconda guerra mondiale e partecipando agli snodi decisivi del processo di integrazione europea. Dopo la militanza nelle file dell'associazionismo cattolico, l'elezione, a 26 anni, all'Assemblea costituente segna l'inizio di una vita politica vissuta, nei decenni della supremazia democristiana, ai vertici del partito e delle cariche dello Stato. Più volte ministro, dall'Agricoltura all'industria, dal Tesoro agli Esteri, è stato presidente del Consiglio dal 1970 al 1972 e presidente del Parlamento europeo dal 1977 al 1979. Dal 2003 è senatore a vita. In questa intervista con Arrigo Levi ha accettato di rivivere e raccontare per la prima volta i momenti cruciali della sua intensa vita politica. Dalla riforma agraria al piano di industrializzazione del Paese, dai negoziati europei ai rapporti atlantici, tra l'ascesa e il declino della DC.
Carlo Azeglio Ciampi per quasi quindici anni ha ricoperto diversi ambiti di responsabilità istituzionale: prima capo del governo, poi ministro del Tesoro, infine presidente della Repubblica. È possibile e forse utile provare a ragionare sul significato delle due decadi che abbiamo alle spalle e sul filo rosso della traiettoria di Ciampi all'interno del mare tempestoso che ha attraversato. Il volume nasce dalla ricerca di nuovi percorsi partendo da una selezione di temi emersi dai colloqui tra l'autore e il presidente Ciampi e dallo spoglio delle sue agende sulle quali era solito annotare appuntamenti, impegni, impressioni, talvolta commenti e giudizi. Dalla crisi finanziaria del 1992 alla caduta della prima Repubblica, da Tangentopoli alla 'discesa' in campo di Berlusconi, dall'ingresso dell'Italia nell'euro alla recente crisi economica e istituzionale: un contributo alla storia della Repubblica nel quindicennio compreso tra lo scorcio finale del Novecento e l'inizio del nuovo secolo. Ne emerge uno spaccato significativo, un punto di vista che permette di seguire alcuni snodi cruciali della transizione italiana: una griglia di interrogativi che si spingono fino a noi, alle inquietudini di un presente incerto e imprevedibile. Un'ipotesi interpretativa, uno sguardo che vuole anche essere uno stimolo per non disperdere un patrimonio prezioso di idee e di speranze.
Attraverso l'intreccio delle alterne vicende personali di Niccolò Machiavelli con la storia del suo tempo, Maurizio Viroli restituisce al lettore un'immagine inedita, complessa e inquieta dell'autore del Principe. Gli incontri con i potenti, le amicizie e gli amori, i viaggi, i successi e le sconfitte - ricostruiti anche attraverso gli studi più recenti - gettano luce sulla Firenze dei Medici, sul gioco politico degli Stati italiani del Cinquecento e sui profondi mutamenti dell'Europa all'inizio dell'età moderna. Un sorriso enigmatico "che non passa drento" accompagna sempre Machiavelli, da quando giovanissimo ascolta le prediche del "profeta disarmato" Savonarola e assiste alla cacciata dei Medici da Firenze, a quando diventa integerrimo e raffinato Segretario della Repubblica di Soderini. Quel sorriso che non si spegne né a seguito del ritorno al potere dei Medici, che destituiscono Machiavelli da ogni incarico pubblico e lo rinchiudono nelle carceri del Bargello, né quando, dopo aver quasi perso la vita, si ritira nelle campagne fiorentine e si dedica alla scrittura dei suoi capolavori della politica. I suoi consigli restano inascoltati e, ironia della sorte, la morte lo coglie mentre gli eserciti stranieri saccheggiano quella patria che ha amato più dell'anima. "Il sorriso di Niccolò" si rivela un gioco di specchi capace di illuminare, machiavellianamente, anche il nostro presente.