Un libro di un cristiano combattente nel primo conflitto mondiale. Interrogativi provocatori e temi di estrema attualita, tra tensioni e affanni che si respirano ancora in questi giorni.
Poco più di dieci anni trascorsi tra la caduta del muro di Berlino, nel novembre 1989, e il crollo delle Twin Towers, nel settembre 2001, rappresentano una lunghissima cesura tra due epoche che si direbbero irriducibilmente opposte. Il mondo è cambiato dopo il 1989, con la fine del comunismo e l’avvento dell’era della globalizzazione e, ancora una volta, in modo assai più imprevedibile e meno rassicurante dopo l’11 settembre 2001. Quel giorno, un soggetto privato e non territoriale - l’organizzazione terrorista di Bin Laden - ha colpito duramente il più forte soggetto pubblico territoriale del pianeta - gli Stati Uniti - vanificandone il poderoso apparato di sicurezza e irridendone la sovranità. Da allora, antiche alleanze e sperimentate solidarietà si sono avvitate in una spirale di crisi dalle conseguenze ancora difficilmente prevedibili e nuove amicizie ridisegnano la carta geopolitica del pianeta. Mentre l’Atlantico si fa sempre più largo, gli Stati Uniti preferiscono affidare la propria sicurezza e l’ordine mondiale al concetto, rivoluzionario e controverso, di guerra preventiva, anche a costo di inasprire il proprio isolamento. Alcuni tra i più affermati e promettenti studiosi americani e italiani si interrogano su quanto profondamente sia cambiato il mondo da quella tragica mattina dell’11 settembre 2001.
Vittorio Emanuele Parsi è professore associato di Relazioni internazionali nella Facoltà di Scienze politiche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ed è direttore del Master in Mercati e Istituzioni del Sistema globale presso l’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali (ASERI) di Milano. Con G. John Ikenberry ha curato la pubblicazione dei volumi “Manuale di Relazioni Internazionali. Dal sistema bipolare all’età globale” (Roma-Bari 2001) e “Teorie e metodi nelle Relazioni Internazionali. La disciplina e la sua evoluzione” (Roma-Bari 2001).
Negli anni Novanta era opinione diffusa che la caduta del muro di Berlino avesse decretato il trionfo della democrazia liberale e del capitalismo di mercato, cancellando l’ultima grande linea di demarcazione ideologica. Cominciava un’era di prosperità economica e di pace stabile, sotto l’egida dell’unica superpotenza planetaria rimasta: gli Stati Uniti. In questo libro avvincente e di grande visione prospettica, Charles A. Kupchan mette in luce l’inadeguatezza e i rischi di tale convinzione, come peraltro gli eventi di questo inizio secolo stanno mostrando. La fine della Guerra fredda ha segnato paradossalmente non la vittoria definitiva dell’America, ma l’avvio del suo declino e un periodo di forte instabilità. La tesi controcorrente sostenuta da Kupchan è che l’attuale ordine internazionale non durerà a lungo. In questa direzione preme l’avversione interna degli USA nei confronti del gravoso compito di guardiano globale. Se la lotta al terrorismo dopo l’11 settembre ha sospeso la storica tendenza isolazionista americana, essa tuttavia è destinata a riacquistare vigore nel tempo. Ma la sfida all’egemonia di Washington non è costituita dall’estremismo islamico, che oggi sta assorbendo le energie della sua politica estera. Va piuttosto profilandosi un ritorno della rivalità tra i maggiori soggetti dello scacchiere mondiale, con l’ascesa della Cina, aggressiva nel suo sviluppo economico, e soprattutto con il processo di integrazione dell’Europa che, dopo decenni di partnership, si pone come concorrente di pari forza, non solo sotto il profilo economico, ma anche, in prospettiva non remota, sul piano geopolitico. L’amministrazione americana – avventuratasi con la guerra all’Iraq nel pericoloso vicolo cieco dell’azione unilaterale – non mostra finora adeguata consapevolezza dei movimenti carsici che, sotto un’illusoria superficie di stabilità, stanno trasformando il contesto globale. Se si vogliono evitare rischiose derive, «la priorità americana dev’essere di preparare se stessa e il resto del mondo a questo futuro incerto. Gli Stati Uniti devono progettare ora, finché se lo possono permettere, una grande strategia per la transizione a un mondo fatto di molteplici centri di potere».
Charles A. Kupchan è associate professor alla Georgetown University di Washington e senior fellow presso il Council on Foreign Relations. È stato membro del Policy Planning Staff al Dipartimento di Stato degli Stati Uniti e, durante la prima amministrazione Clinton, Director for European Affairs presso il National Security Council. In passato ha collaborato con importanti centri di ricerca, tra cui il Center for International Affairs di Harvard, l’International Institute for Strategic Studies (Londra), e il Centre d’Etudes et de Recherches Internationales (Parigi). Tra le sue principali pubblicazioni: Atlantic Security. Contending Visions (New York 1998), Nationalism and Nationalities in the New Europe (Ithaca 1995) e The Vulnerability of Empire (Ithaca 1994).
Considerata nella tradizione del pensiero occidentale quale massima attività etica dell’uomo, la politica attraversa oggi un’innegabile e rischiosa fase di delegittimazione che tende a sminuirne il significato, riducendola a mera attività tecnica di gestione del conflitto, indifferente ai fini ultimi del proprio agire. E tuttavia – è altrettanto innegabile – non si può non ‘fare politica’. Ma laddove riemerge il desiderio di autentico impegno, spesso mancano conoscenze, nozioni e strumenti fondamentali per poter consapevolmente operare. Ecco perché questo volume, nel porgere l’invito al tavolo dove si costruisce la ‘città dell’uomo’, si configura come proposta di un percorso di formazione e di accompagnamento alla vita politica. Esso si fonda su una linea interpretativa di tipo antropologico, che riconduce tanto le teorie quanto i problemi concreti a una soggiacente visione dell’uomo; e a quest’uomo, in ultima analisi, si rivolge, sia che egli si ritenga «uomo del mondo e del tempo», sia che si consideri «uomo della creazione e della trascendenza». In questo cammino, si affrontano temi complessi, esposti in forma nitida e dentro una cornice sistematica. Questioni di estrema «attualità e urgenza», sulle quali, sottolinea Carlo Maria Martini nella sua presentazione, «gli autori ragionano e fanno ragionare, rimanendo sempre su un piano oggettivo e realistico, senza fughe utopiche, sforzandosi di saldare idealità e concretezza, progetti arditi e fattibilità».
Luigi Franco Pizzolato è ordinario di Letteratura cristiana antica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Allievo e successore di Giuseppe Lazzati, ne ha proseguito l’opera anche alla guida dell’Associazione di cultura politica «Città dell’uomo». Ha pubblicato una vasta serie di studi su questioni del Cristianesimo antico e, parallelamente, su problemi di politica, con spiccato interesse per gli aspetti antropologici. Filippo Pizzolato è ricercatore di Diritto pubblico presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Tra le sue pubblicazioni: Finalismo dello Stato e sistema dei diritti nella Costituzione italiana, Vita e Pensiero, Milano 1999; Il sistema di protezione sociale nel processo di integrazione europea, Milano 2002.
Dei processi Sme-Ariosto, Mondadori, Imi-Sir, che vedono imputati Brelusconi e Previti, gli avvocati Acampora e Pacifico, i giudici Squillante, Metta, Verde e Misiani, si sa poco o nulla. Gomez e Travaglio ricostruiscono giorno per giorno la storia dei tre processi e delle infinite manovre per farli saltare, e pubblicano i documenti più importanti per capire i fatti già accertati, le ragioni dell'accusa e le tesi delle difese. A cominciare dalla requisitoria orale (finora inedita) di Ilda Boccassini, nella trascrizione ufficiale del Tribunale di Milano. E poi i verbali di Stefania Ariosto, le carte svizzere, gli interrogatori di Previti, Pacifico e Squillante, la sentenza di prescrizione del Cavaliere.
Questo libro è un atto d'accusa contro la guerra. Uomini e donne, da diversi punti di vista, lanciano con urgenza un allarme: il sistema politico internazionale e i grandi organi di informazione hanno raggiunto il margine folle di preparare la guerra. Il diritto internazionale, la dottrina politica, il principio etico che ha permesso fino a oggi di raggiungere un precario equilibrio tra le diverse forze e le culture nel mondo, rischia di venire violato con conseguenze disastrose. Il libro segnala la sfiducia sempre maggiore nei confronti dei grandi apparati informativi e il bisogno di riattivare luoghi e strumenti che siano in grado di fornire capacità di argomentazione e di resistenza contro l'ideologia della guerra.
Se gli anni Ottanta e Novanta hanno significato enormi cambiamenti nell'Europa centrale e orientale, hanno allo stesso tempo stimolato speranze di un futuro migliore per le nazioni coinvolte nei processi di democratizzazione. Dalla prospettiva del giorno d'oggi, è evidente che questi processi sono ancora in pieno svolgimento. Prova ne sia la diffusa nostalgia per il passato recente, che getta ombre sulla realtà politica e sulle attuali condizioni sociali ed economiche. A questa si va ad aggiungere il rimpianto per i vecchi tempi: il passato è divenuto oggetto di disputa, ma sempre più anche di nostalgia. Questa antologia mostra le diverse facce di questo fenomeno, che negli ultimi anni ha coinvolto la sfera politica, sociale, culturale e artistica.
Che cos'è un conflitto? Che cosa accade in esso, e perché? Si può parlare di una teoria generale del conflitto? E inoltre: ci sono strategie per la trasformazione/risoluzione dei conflitti? Queste sono alcune delle domande poste da un campo di studi in piena crescita in questo decennio, la cui struttura è fortemente interdisciplinare, ma dove frequenti sono anche i tentativi di un'unificazione teorica. Questo libro è uno strumento introduttivo che presenta l'intreccio di problemi generali e casi concreti attraverso un linguaggio chiaro ed evitando tecnicismi.
Nonostante tutti i tentativi del pensiero postmoderno di liberarsene, il "soggetto scabroso", il soggetto cartesiano, continua a tormentare chiunque provi a sostenere un pensiero e una pratica fondati sulla pretesa di avere un effettivo potere di emancipazione e liberazione. In questo libro Zizek, docente presso l'istituto di Sociologia di Lubiana, segue un percorso che lo porta a confrontarsi con il tentativo heideggeriano di superare la soggettività, con le elaborazioni politiche di stampo postalthusseriano, con il femminismo decostruttivista e con le teorie della "società del rischio" elaborate da Giddens e Beck.
Questo libro raccoglie una selezione di articoli pubblicati sul tema della giustizia, pensati e scritti in tempo reale, per raccontare le vicende parlamentari che hanno segnato un intenso anno di dibattiti e di confronto a volte molto duro e decisivo per la tenuta del nostro tessuto democratico. Il falso in bilancio e le rogatorie, Previti e Dell'Utri, Cirami e Berlusconi, le riforme della giustizia e le condizioni delle carceri, la convivenza con la mafia e i pianisti del Senato. Ma anche piazza Navona e il Palavobis, piazza san Giovanni e le donne dei girotondi, Nanni Moretti, i nuovi slogan e gli antichi simboli della lotta alla mafia, evocati con la forza dal rimbalzo degli anniversari.