
Il liberalismo sottolinea il valore positivo della libertà individuale, l'autonomia del singolo, l'opposizione al conservatorismo sociale. Sorto come una giustificazione teorica della necessità della limitazione del potere statale, il liberalismo non è però riuscito a declinare in termini universalistici il suo discorso ideologico. Come per ogni movimento storico, si tratta di indagare sì i concetti ma anche in primo luogo i rapporti politici e sociali in cui esso si è espresso. E la storia dei paesi in cui il liberalismo ha gettato radici più profonde risulta inestricabilmente intrecciata con la storia della schiavitù e dello sfruttamento.
Meghnagi cerca di analizzare l'esperienza dei sopravvissuti alla Shoah affrontando il tema dell'elaborazione del lutto collettivo attraverso quattro significative figure: quella del politico (Marek Edelman, medico vicecomandante della rivolta del ghetto di Varsavia), del testimone (lo scrittore Primo Levi), dell'eretico (Isaac Deutscher, il biografo di Trockij), del sionista convinto (Gershom Scholem). Da angolature diverse e con prospettive diverse essi rappresentano tutti coloro che si sono misurati con il male assoluto. David Meghnagi, Tripoli 1949, è membro ordinario della Società psicoanalitica italiana e dell'International Psychoanalytical Association e professore di psicologia clinica all'Università di Roma III.
Docente di Letteratura francese all'Università della Tuscia e all'Istituto Universitario di suor Orsola Benincasa, Benedetta Craveri concentra la sua attenzione in questo libro su Versailles e affronta una questione centrale nel corso di tutto l'Ancien Régime: quella legata al potere delle donne. Per secoli è stato infatti predicato che affidare a una donna una qualsivoglia responsabilità di governo fosse "cosa ripugnante alla natura, contumelia a Dio, sovvertimento del retto ordine e di ogni principio di giustizia". Eppure, questo potere a loro ostinatamente sottratto le donne se lo sono arrogato, vanificando di fatto le leggi e le consuetudini. Lo dimostrano le storie di Caterina de' Medici, Maria Antonietta, Diana di Poitiers e tante altre.
Sono molte le immagini di donne con armi in mano e con il seno scoperto adottate come vere e proprie allegorie a rappresentare un'intera nazione. A partire da queste figure, Alberto Mario Banti ricostruisce l'incrociarsi tra sesso, amore, virtù e patria nella letteratura sentimentale e nelle icone del patriottismo repubblicano del XVIII secolo; per poi studiare la retorica del nazionalismo ottocentesco elaborata intorno alla metafora del sangue e della parentela. Materiali diversi (da Kleist, Schiller, Hayez, Delacroix, Sue, Garibaldi, Wagner) convergono nella formazione del discorso patriottico che verrà utilizzato nella Grande Guerra, per accettarne i massacri ed esaltare qualità eroiche.
Scritto mentre era rifugiato a Londra nel 1941, "Schiuma della terra" racconta le avventure di Koestler nella Francia del 1939-40, dallo scoppio della guerra all'invasione tedesca, all'espatrio clandestino dell'autore. "Straniero indesiderabile", ebreo e antifascista, prima rinchiuso in un campo di prigionia sui Pirenei, poi fuggiasco per la Francia in rotta, arruolato nella Legione straniera, Koestler riassume nelle sue concitate avventure il destino di una generazione di esuli che nell'età dei totalitarismi furono braccati e perseguitati, a un tempo protagonisti e vittime della storia.
Fu un ragazzo di colore il più giovane soldato americano morto in combattimento in Vietnam. Il marine veniva da una famiglia povera di Brooklyn e aveva sedici anni. Questa storia è dedicata a quel ragazzo. È la storia del Vietnam nero. La storia, raccontata dalle loro stesse parole, del sacrificio, del coraggio, del patriottismo di ragazzi che hanno combattuto a diecimila miglia di distanza dalla loro povertà e dalla loro discriminazione. Per trovare un'ingiustizia peggiore, per combattere una guerra su due fronti: contro i vietcong e contro il razzismo di commilitoni e alte gerarchie dell'esercito statunitense.
Nato da un reportage in Giappone a pochi mesi dall'esplosione, "Hiroshima" è una radiografia del male: il racconto della più grande catastrofe che l'uomo abbia provocato, ricostruito attraverso le vicende di sei esseri umani catapultati nell'inferno allucinante di un fungo radioattivo. Per milioni di uomini e donne, per una generazione di americani ed europei che non riusciva neppure a immaginare i giapponesi, le vittime della bomba ebbero di colpo nome, volto, storia. Quarant'anni dopo la prima pubblicazione, John Hersey è tornato a Hiroshima alla ricerca delle sei persone di cui aveva raccontato la vicenda. Il suo lavoro si arricchisce così di un nuovo capitolo conclusivo. Per continuare a scuotere la coscienza dell'umanità.