Il giorno di Pasqua del 2018, durante il tradizionale discorso urbi et orbi, il papa, dopo un lungo silenzio, esclama a gran voce: "Dio non esiste!". Tre parole che gettano nello sconcerto cristiani, ebrei, musulmani, agnostici, atei, e scatenano uno tsunami nel mondo intero. È l'inizio di una settimana folle, che incendierà il pianeta e farà piazza pulita di ogni sentimento religioso. Ma che cosa ha spinto il sommo pontefice a un intervento così intempestivo? In tempi di massacri nel nome della religione, questa favola contemporanea, visionaria e insolente, che tiene il lettore con il fiato sospeso, lascia trasparire gli accenti di una fede illuministica nella ragione: forse, senza la violenza che a volte il sentimento religioso comporta, la fratellanza tra gli esseri umani non sarebbe più un'utopia.
Una serie di scorribande nel mondo della scienza ma anche dell'arte e dell'etica: fra intrecci di esistenze talvolta straordinarie e scontri di idee che hanno mutato la concezione stessa della realtà, questo libro prospetta in modo inedito l'avventura della conoscenza. Fra i protagonisti spiccano i matematici, che spesso trovano cose che non stanno cercando semplicemente perché queste non esistono da sempre, ma prendono forma nel percorso dell'intelligenza. I matematici ignorano i confini sia nella politica sia nel sapere. Ma se i pedanti si arroccano nel loro specialismo, Claudio Bartocci, matematico e filosofo, fa suo il detto di Popper: "Siamo studiosi di problemi, e non di discipline ". La matematica si permette il lusso di "inventare il mondo" e può costruire il nuovo perché sa distruggere i vecchi pregiudizi. E quando un problema sfida il senso comune, l'intuizione creativa rovescia il motto di Sherlock Holmes: non bisogna più abbandonare l'impossibile per l'improbabile, ma dimostrare proprio quello che non pare possibile a coloro che si sentono "padroni del pensiero".
Sono pochi i giorni in cui non facciamo, almeno implicitamente, uso del "noi" collettivo, che si stia parlando o semplicemente pensando. Ma che cosa ci legittima a usare questo "noi"? Margaret Gilbert pone qui la questione del fondamento del noi collettivo, cruciale per ogni ontologia sociale, a partire da un originale approccio esistenziale: "Non si può sperare di avere una comprensione adeguata della condizione umana senza rispondere a questa domanda". Elaborando i concetti di "impegno congiunto" e di "soggetto plurale", l'autrice affronta alcuni problemi decisivi del noi collettivo protagonista delle nostre vite quotidiane. Esistono valori collettivi, i valori di un soggetto plurale, di un noi collettivo? E che ne è della libertà dei singoli individui nella condivisione dei valori di un soggetto plurale? Se diciamo che noi siamo moralmente responsabili per qualcosa, che cosa dice questo di me e di te, singoli individui appartenenti a quel collettivo? Qual è la relazione tra l'impegno congiunto costitutivo del noi collettivo e il fenomeno della fusione degli io nell'amore? Che cosa distingue un mero aggregato di singoli esseri umani da un'unità sociale? Nel caso della comunità europea, siamo in presenza della costituzione di un nuovo noi, di un nuovo popolo con le caratteristiche di europei?
La religiosità della terra non è una devozione neopagana e nemmeno un culto. È un modo di sentire umano tra i più immediati e istintivi. È meraviglia, commozione, sgomento dinanzi al manifestarsi della natura in forme molteplici e discordanti: bellezza sublime, supremazia, indifferenza. Sia il credente sia il non credente, dinanzi alla natura, non possono che provare identiche emozioni. Per questo oggi è necessaria una comune fede civile, un'alleanza feconda nella custodia del mondo, tra tutti coloro che intendono opporsi alle aggressioni, alle negligenze, ai saccheggi indiscriminati contro la nostra terra che, da madre si rivela sempre più figlia.
"Cultura materiale" ricostruisce i punti salienti di un dibattito classico all'interno della storia dell'antropologia. Qual è il rapporto tra l'uomo e l'infinito numero di oggetti che compongono la sua vita quotidiana? Cosa trasforma un oggetto in oggetto d'arte, simbolo identitario, strumento di potere, mezzo di distinzione sociale, ricettacolo di memoria, oggetto di valore o oggetto senza valore pronto per essere gettato via? Come la cultura e le relazioni tra uomini prendono forma attraverso il mondo delle cose che ci circonda? Come la materialità si lega con il campo dell'immaginario e dell'azione sociale? Questi e altri interrogativi compongono il campo di studi sulla cultura materiale, che qui ci portano ad analizzare la passione coloniale per il collezionismo dell'esotico, i culti cargo, i processi di mercificazione in Tanzania, la globalizzazione del sushi, l'arte dei nativi australiani o, ancora, la sfrenata passione per la Coca-Cola nella ex Germania dell'Est.
Chi siamo e che tipo di relazioni stabiliamo gli uni con gli altri? Luciano Floridi sostiene che gli sviluppi nel campo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione stiano modificando le risposte a domande così fondamentali. I confini tra la vita online e quella offline tendono a sparire e siamo ormai connessi gli uni con gli altri senza soluzione di continuità, diventando progressivamente parte integrante di un'"infosfera" globale. Questo passaggio epocale rappresenta niente meno che una quarta rivoluzione, dopo quelle di Copernico, Darwin e Freud. L'espressione "onlife" definisce sempre di più le nostre attività quotidiane: come facciamo acquisti, lavoriamo, ci divertiamo, coltiviamo le nostre relazioni. In ogni campo della vita, le tecnologie della comunicazione sono diventate forze che strutturano l'ambiente in cui viviamo, creando e trasformando la realtà. Saremo in grado di raccoglierne i frutti? Quali, invece, i rischi impliciti? Floridi suggerisce che dovremmo sviluppare un approccio in grado di rendere conto sia delle realtà naturali sia di quelle artificiali, in modo da affrontare con successo le sfide poste dalle tecnologie correnti e dalle attuali società dell'informazione.
Pioniere della cosmologia contemporanea, Vilenkin parla al lettore di una nuova immagine dell'Universo, inizialmente molto controversa e che sta ora diventando il paradigma cosmologico comunemente accettato. Con grande verve narrativa e un buon numero di utili illustrazioni, l'autore fornisce un fondamento scientifico alla possibile esistenza di una pluralità di mondi, ciascuno con proprietà fisiche differenti: quel che non accade nel nostro universo potrebbe realmente accadere in infiniti universi paralleli.
Come suscitare ancora interesse per la storia, accusata di riportare tutto all'Europa e al suo passato? Le narrazioni nazionali del passato non ci dicono molto in merito alle radici del nostro mondo globalizzato. Lo stesso vale per le produzioni dell'industria dell'intrattenimento: dai videogiochi a sfondo storico alle serie televisive "in costume", il passato riciclato propone raramente chiavi interpretative per comprendere il presente. Serge Gruzinski difende nel volume le ragioni di una storia capace di far dialogare criticamente passato e presente e il cui sguardo sia in grado di decentrarsi. Una storia globale, che ci invita a riconsiderare da nuovi punti di vista una tappa fondamentale per l'umanità: il Rinascimento. Con la conquista degli oceani, attraverso la scoperta di altri mondi, l'Europa prende coscienza di se stessa, gli orizzonti si ampliano, le idee cominciano a circolare, mentre iniziano ad articolarsi le prime reti commerciali mondiali. La storia di questo cambiamento illumina, attraverso numerose esperienze concrete, il presente multiforme in cui viviamo.
Ribaltando la tesi convenzionale che data la diffusione planetaria della storia europea a partire dal XIX secolo, Serge Gruzinski ne anticipa l’inizio nel Cinquecento. Più precisamente, nel Messico e nelle Americhe iberiche, dove i conquistadores colonizzano le società native e vi introducono il nostro modo di scrivere la storia.
Pur essendo funzionale all’affermazione dell’eurocentrismo storiografico, la “macchina del tempo” che si mette in moto in Messico agisce in un contesto estremamente frastagliato sul piano etnico, linguistico e culturale. Un contesto di cui l’autore ci restituisce l’articolazione attraverso un affascinante archivio fatto di codici pittografici coloniali, testi in azteco e opere in spagnolo rimaste per secoli al di fuori della circolazione a stampa. Per questa via, riaffiora alla superficie anche il contributo offerto da indigeni e meticci all’ampliamento degli orizzonti spaziali e antropologici della coscienza storica europea.
In questo dialogo sulle radici della sofferenza e del male, Ceruti e Fornari riprendono la metafora agostiniana della Città di Dio contrapposta alla Città puramente mondana. Nell'età della globalizzazione, gli autori costruiscono il prospetto delle "due paci": la pace umana degli uomini di Stato, che devono pur sempre ricorrere alla forza, ma anche la pace divina, che costituisce il bene comune delle tre grandi religioni monoteistiche dell'Occidente. Un libro rivolto non solo alle persone di una qualche fede, ma a chiunque si senta turbato dallo spettacolo della violenza e nutra speranze in una pace fra Terra e Cielo stipulata in nome della giustizia ma nutrita di carità.
Come fa un fiore di ciliegio a sapere quando è ora di sbocciare? Si rende davvero conto che è arrivata primavera? E come fa una Venere acchiappamosche a capire quando far scattare le sue foglie e intrappolare la preda? È forse in grado di avvertire le sottilissime zampe dell’insetto?
Per secoli abbiamo provato meraviglia di fronte alla struttura delle piante. Ora Daniel Chamovitz punta lo sguardo sulle modalità con cui i vegetali fanno esperienza del mondo, dai colori che “vedono” agli odori che “annusano”, e a quel che “ricordano”. Noi e i vegetali siamo figli della medesima evoluzione darwiniana, anche se due miliardi di anni fa è avvenuta la grande biforcazione tra le bellisime forme animali e quelle vegetali. In questo viaggio tra erbe, fiori e alberi, possiamo imparare come le piante distinguano l’alto dal basso, come si accorgano che una loro vicina è infestata, scoprendo che con i girasoli e le querce abbiamo in comune molto più di quanto possiamo immaginare.
L'autore
Daniel Chamovitz, biologo, dirige il Manna Center for Plant Biosciences all’Università di Tel Aviv. È autore di scoperte rivoluzionarie nell’ambito della biologia delle piante, e le sue ricerche sono state pubblicate sulle riviste più prestigiose.
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"Ho amato questo libro dalla prima pagina. Dice l’essenziale, e l’essenziale qui è la passione per il fascino della fisica. Un libro da bere d’un fiato."
Carlo Rovelli
In un ristorante cinese fuori Filadelfia un padre chiede alla figlia quindicenne: “Come definiresti il nulla?”. Per trovare la risposta, la ragazza intraprenderà con lui una caccia ai più grandi enigmi dell’universo che trasformerà la sua vita, affrontando senza paura i draghi della relatività generale e della meccanica quantistica. Questo libro è il resoconto di quell’appassionata esplorazione del mondo della fisica. Strada facendo, i Gefter si sono imbattuti nelle bizzarrie della scienza e in personalità ancor più stravaganti. Scoprendo qualcosa di sconvolgente: gli albori di un imponente cambio di paradigma in cosmologia, da un unico universo che tutti condividiamo a una realtà frammentaria in cui ogni osservatore ha il proprio mondo. Ben al di là di qualsiasi immaginazione – persino di quella di Einstein –, la realtà dipende radicalmente dall’osservatore, con conseguenze di incalcolabile portata per la nostra comprensione dell’origine del cosmo. Spassoso e insieme profondo, Due intrusi nel mondo di Einstein si rivela un entusiasmante intrecciarsi di narrazione e scienza. Alla fine non guarderete più l’universo nello stesso modo.
L'autrice
Amanda Gefter è giornalista scientifica e si occupa di fisica. Ha tenuto conferenze su scienza e giornalismo a Harvard e al mit. Suoi articoli sono apparsi in Scientific American, New Scientist, Astronomy, Mercury e Forbes.