Emma De Tessent. Eterna stagista, trentenne, carina, di buona famiglia, brillante negli studi, salda nei valori (quasi sempre). Residenza: Roma. Per il momento - ma solo per il momento - insieme alla madre. Sogni proibiti: il villino con il glicine dove si rifugia quando si sente giù. Un uomo che probabilmente esiste solo nei romanzi regency di cui va matta. Un contratto a tempo indeterminato. A salvarla dallo stereotipo dell'odierna zitella, solo l'allergia ai gatti. Il giorno in cui la società di produzione cinematografica per cui lavora non le rinnova il contratto, Emma si sente davvero come una delle eroine romantiche dei suoi romanzi: sola, a lottare contro la sorte avversa e la fine del mondo. Avvilita e depressa, dopo una serie di colloqui di lavoro fallimentari trova rifugio in un negozio di vestiti per bambini, dove viene presa come assistente. E così tutto cambia. Ma proprio quando si convince che la tempesta si sia finalmente allontanata, il passato torna a bussare alla sua porta: il mondo del cinema rivuole lei, la tenace stagista. Deve tornare a inseguire il suo sogno oppure restare dov'è? E perché il famoso scrittore che Emma aveva a lungo cercato di convincere a cederle i diritti di trasposizione cinematografica del suo romanzo si è infine deciso a farlo? E cosa vuole da lei quell'affascinante produttore che continua a ronzare intorno al negozio dove lavora?
C'era una volta un bambino che aveva un dolore, non se ne separava mai. "Il dolore era fedele al bambino," ed era solo con lui che voleva giocare. Il bambino se ne prende cura, lo nutre, lo accompagna ai margini del piccolo paese ai piedi di una montagna, nel bosco, lo tiene con sé a scuola, sotto la tavola quando mangia. Anche il padre del bambino ha un dolore, che a volte, senza preavviso, butta giù le porte della casa, e latra con urli che sembrano arrivare dal centro del mondo. Quel dolore così distruttivo spaventa il bambino e lo fa sentire solo: almeno fino a quando, insieme al suo cucciolo, conosce la bambina sottile che vive oltre la ferrovia. Allora ogni cosa prende la forma di lei, le foglie che cadono sono le sue mani, il passaggio a livello le sue ciglia che sbattono, i binari le sue gambe sottili distese nell'erba. Con un testo critico di Emanuele Trevi.
Andrea conduce una vita ai limiti dell'insignificanza e del torpore morale insieme alla compagna Livia. Poi arriva una lettera: il padre, sparito in Kenya moltissimi anni prima, sta morendo. C'è ancora il tempo per accomiatarsi da lui come un vero figlio. Il padre è in ospedale e Andrea fa appena in tempo a sentirne la stretta della mano. Combattuto fra pietà e risentimento, Andrea sta per tornare in Italia quando gli viene presentato suo fratello, il figlio che il padre ha avuto da una donna keniota: Charlie. Reazione: rifiuto, negazione. Piuttosto che portarlo con sé, Andrea è pronto a pagare un collegio e a rintracciare, dopo un avventuroso viaggio nell'interno del paese, i nonni kenioti che, in verità, hanno maledetto e bandito la memoria della figlia. Charlie è di pochissime parole ma fra i due cresce - faticosamente, conflittualmente, come in un disegno più grande di loro - una simpatia, un rapporto. Fratello-padre, Andrea finisce con il portare Charlie in Italia. E qui la fatica ricomincia, Charlie è un diverso ma soprattutto è un bambino che ha conquistato il cuore di Andrea. Livia capisce che tutto è cambiato. Tommaso non accetta che tutto sia cambiato. Lo stesso Andrea sa che deve giocare il tutto per tutto. Da una parte c'è la carriera, il successo professionale, dall'altra la tentazione di impegnare gli affetti e puntare su una vita nuova.
Seconda metà del diciottesimo secolo. In un piccolo villaggio tedesco. Il piccolo Abel nasce in una famiglia di poverissimi contadini: gracile di salute, ha dalla sua una sensibilità e un'intelligenza fuori dal comune. Se ne accorge il parroco e maestro, Rupprecht Radebach, un pastore luterano tormentato: ha avuto una brillante carriera nelle gerarchie della chiesa cattolica ma, alla fine di una profonda crisi teologica ed esistenziale, ha abbracciato la dottrina di Lutero e ha sposato la donna che ama. Radebach chiede alla madre di Abel il permesso di impartire al ragazzino lezioni supplementari. Abel rivela una disposizione eccezionale per lo studio, ma il carattere chiuso e incline alla meditazione gli fa il vuoto intorno.
Seconda metà del diciottesimo secolo. In un piccolo villaggio tedesco. Il piccolo Abel nasce in una famiglia di poverissimi contadini: gracile di salute, ha dalla sua una sensibilità e un'intelligenza fuori dal comune. Se ne accorge il parroco e maestro, Rupprecht Radebach, un pastore luterano tormentato: ha avuto una brillante carriera nelle gerarchie della chiesa cattolica ma, alla fine di una profonda crisi teologica ed esistenziale, ha abbracciato la dottrina di Lutero e ha sposato la donna che ama. Radebach chiede alla madre di Abel il permesso di impartire al ragazzino lezioni supplementari. Abel rivela una disposizione eccezionale per lo studio, ma il carattere chiuso e incline alla meditazione gli fa il vuoto intorno.
Questa è la storia di Aldo, figlio di Palmiro Togliatti, il Migliore. Una storia di solitudine, timidezza e gentile follia. La storia di un uomo che non ha lasciato memoria in un mondo pieno di memoria. Lo chiamano Aldino, anche quando è un uomo adulto. Dal 1926 al 1944 ha vissuto in Russia e ha frequentato la scuola di Ivanovo (destinata ai figli dei dirigenti di tutti i partiti comunisti del mondo). Dopo i funerali del padre, Aldo scompare. Sappiamo che ha già avuto problemi di salute mentale e che vive con la madre, a Torino. Tra lui e la madre, Rita Montagnana, immaginiamo una stretta vicinanza, come in tante vicende di vite che non riescono a distendersi e si aggrovigliano intorno a un genitore. Una volta lo trovano a Civitavecchia, sul molo. Sembra un barbone, vuole salire su una nave, partire. Più tardi succede ancora, a Le Havre. Aldo sembra spiare, in fondo all'orizzonte, un'altra parte del mondo. Per la seconda volta viene riportato a casa. Più tardi lo ritroviamo in una casa di cura privata, villa Igea, a Modena, dove resta per 31 anni, fino alla morte nel 2011 a 86 anni. In clinica, per via di quel cognome pesante, è menzionato solo come "il signor Aldo". È un paziente mite: legge romanzi in francese e in russo, compila la "Settimana Enigmistica" che gli porta un militante del Pci, Onelio Pini, insieme alle sigarette Stop. Nell'89 è quest'ultimo a dovergli dire che l'Unione Sovietica non c'è più. E Aldo dice: "Non ci credo".
1881, Gheel, anche conosciuto come "il paese dei matti". Teresa Senzasogni non è pazza, ma come tale è stata registrata per poter godere, come è uso in quel villaggio fiammingo, dell'ospitalità della famiglia Vanheim. Un giorno avrà una dote e sposerà il suo Icarus, che le racconta le ingiustizie del mondo. Ma poi arriva un nuovo ospite, un vagabondo rosso di capelli, schivo, rude, gli occhi accesi da una febbre sconosciuta, e Teresa sembra riconoscere in lui un destino incompiuto: diventerà un pittore - lei lo sa, lei lo sente -, troverà nei colori una strada universale. Quando la "profezia" si avvera sono passati una decina d'anni e molto è accaduto, a Teresa e a Vincent van Gogh. Teresa scrive al caro signor Van Gogh perché si ricordi, perché la aiuti a mettere ordine nel disordine, speranza nella disperazione, amore nel disamore e colore nel grigio. Lui, in verità, è l'unico vero amore di tutta la sua vita. E come tutti gli amori è pieno di luce e di futuro. Il romanzo di Giovanni Montanaro è una lunga lettera che si trasforma in una storia di anime in gabbia, di sentimenti che vogliono lasciare il segno e di un bisogno di libertà grande quanto l'immaginazione che lo contiene.
"Mi son ricordato di una cosa che ho imparato dai vecchi: falli parlare di quello che veramente conoscono e amano, e capirai cosa pensano del mondo. Io di cose che conosco davvero, e amo senza smettere mai, ne ho due o tre. Una è i libri. Mi è venuta un giorno questa idea: che se solo mi fossi messo lì a parlare di loro, prendendone uno per volta, solo quelli belli, senza smettere per un po', be', ne sarebbe venuta fuori innanzitutto una certa idea di mondo. C'erano buone possibilità che fosse la mia." (Alessandro Baricco)
Attila, il "flagello di Dio", sinonimo di devastazione, di male assoluto, di diversità assoluta. Gli Unni, guidati da lui, sono stati spesso descritti come alieni feroci, dotati di poteri demoniaci, animati da un unico, terrificante desiderio di sterminio e morte. Eppure Attila - il mostro venuto da lontano in realtà passò la propria giovinezza a Roma. Mentre Flavio Ezio, il suo grande nemico, "l'ultimo dei romani", da ragazzo trascorse molti anni presso i barbari. Qualcosa non torna. Qual è dunque la verità? Il V secolo è un periodo tempestoso, enigmatico e decisivo. Grandi guerre. Disgregazioni di imperi. Migrazioni di popoli che, come onde inarrestabili, si spingono a vicenda da est a ovest, modificando l'assetto del mondo conosciuto. Questo libro parla di quel tempo, ma anche del nostro tempo. Ricostruisce l'avventurosa vicenda di Attila condottiero e la sua vita privata, piena di misteri. Alleanze, tradimenti, battaglie, vendette, amori reali o irraggiungibili, in una narrazione che alterna più voci. Un romanzo nato da una lunga e documentata ricerca storica, nutrito dalla leggenda e dall'immaginazione, narrato con i toni potenti e fantastici delle più grandi avventure. Età di lettura: da 11 anni.
Torino, tra le Molinette e il Valentino. Adriano, professore ottantaduenne che ha appena perso la moglie, ha un segreto di cui si vergogna un po': da quando la sua compagna non c'è più, continua a rivederla tra le corsie delle Molinette, anche se sa che non può essere vero. O forse sì? A soccorrerlo dal dubbio di essere sull'orlo della pazzia intervengono uno stravagante tassista, certo che sia più che normale che i morti continuino ad abitare accanto ai loro cari, e altre tre persone, che incrociano la sua strada. Gemma, libraia trentenne che nel fine settimana fa la volontaria al Filo d'Argento, un call center per anziani. Olga, un'arzilla zitella settantaseienne ricoverata con una gamba rotta. E Fausto, un giovane grafico precario fidanzato a una ragazza della Torino bene e padrone di Archibald, un bracco che ha il vizio di darsi alla macchia proprio nel parco dove fa jogging Gemma. Le vite di questi quattro personaggi si intrecciano, come in una danza, tra il parco e l'ospedale, dove si aggirano altre due inafferrabili presenze. Perché chi l'ha detto che morendo si deve per forza andare nell'aldilà, in un paradiso perfetto, algido e lontano? Non è forse più consolante - e infinitamente più divertente - immaginare di poter restare nell'aldiquà, invisibili a tutti tranne a chi ci vorrà vedere, fantasmi della porta accanto con tutte le nostre stupende imperfezioni?
Thailandia e Cambogia, Somalia e Repubblica Democratica del Congo, Brasile e Colombia, Pakistan e Italia. Sono alcune delle aree in cui Medici Senza Frontiere svolge da più di trent'anni la sua opera di soccorso rivolta alle popolazioni povere e alle vittime delle catastrofi e delle guerre. Nove scrittori italiani (Alessandro Baricco, Stefano Benni, Gianrico Carofiglio, Mauro Covacich, Sandro Dazieri, Silvia Di Natale, Paolo Giordano, Antonio Pascale, Domenico Starnone) le hanno visitate e in questo libro raccontano ciò che hanno visto e le loro reazioni di fronte a realtà fatte di violenza urbana, prostituzione, conflitti, diritti calpestati, fame, malattie. Sono storie, ritratti, brevi affreschi dipinti a volte con toni accesi, altre volte con tinte lievi o addirittura "leggere", ciascuno specchio di una diversa sensibilità. In comune, c'è la capacità di far rivivere l'impatto con situazioni estreme, impensabili, in cui è annichilita ogni dimensione umana e di giustizia. Situazioni che ci riguardano però in maniera diretta. E di cui non dovremmo più dimenticare l'esistenza, se non vogliamo diventare tutti un po' complici dei mali che affliggono il nostro tempo.
1881, Gheel, anche conosciuto come "il paese dei matti". Teresa Senzasogni non è pazza, ma come tale è stata registrata per poter godere, come è uso in quel villaggio fiammingo, dell'ospitalità della famiglia Vanheim. Un giorno avrà una dote e sposerà il suo Icarus, che le racconta le ingiustizie del mondo. Ma poi arriva un nuovo ospite, un vagabondo rosso di capelli, schivo, rude, gli occhi accesi da una febbre sconosciuta, e Teresa sembra riconoscere in lui un destino incompiuto: diventerà un pittore - lei lo sa, lei lo sente -, troverà nei colori una strada universale. Quando la "profezia" si avvera sono passati una decina d'anni e molto è accaduto, a Teresa e a Vincent van Gogh. Teresa scrive al caro signor Van Gogh perché si ricordi, perché la aiuti a mettere ordine nel disordine, speranza nella disperazione, amore nel disamore e colore nel grigio. Lui, in verità, è l'unico vero amore di tutta la sua vita. E come tutti gli amori è pieno di luce e di futuro. Il romanzo di Giovanni Montanaro è una lunga letterache si trasforma in una storia di anime in gabbia, di sentimenti che vogliono lasciare il segno e di un bisogno di libertà grande quanto l'immaginazione che lo contiene