Gli osservatori sempre più adoperano l'espressione "modello cinese" per capire il presente e, ancor più, per prevedere il futuro. La Cina avrebbe realizzato un modello politico ed economico che viene proposto oltre i confini nazionali, in quanto ritenuto valido ed efficace a livello globale. L'elemento principale del modello cinese è la commistione tra centralismo totalitario e sviluppo economico e tecnologico. Contemporaneamente viene esercitato un controllo rigoroso della popolazione, comprese le convinzioni etiche e religiose. Questo nesso tra totalitarismo politico e tecnologie avanzate sembra essere destinato - ma non tutti concordano - a fare della Cina un colosso geopolitico che ridisegnerà le relazioni globali. Si dice che ci sia una incompatibilità di fondo tra il modello cinese e le democrazie occidentali ma, considerato l'appeal che esso esercita qui da noi e le debolezze dell'Occidente, si può pensare anche il contrario. Basti vedere il crescente accentramento di potere e degli strumenti di controllo sistemico nelle democrazie occidentali per motivi sanitari, fiscali, commerciali, burocratici, mass-mediali e così via. Anche nelle nostre democrazie c'è una oligarchia politica, un controllo sempre più minuzioso della vita dei cittadini, una sorveglianza sulla vita religiosa, una pianificazione familiare imposta dall'alto. Per molti versi il modello cinese è già qui. Con saggi di: Gianfranco Battisti, Riccardo Cascioli, Paolo Gulisano, Maurizio Milano, Steven Mosher, Daniele Onori, Gaetano Quagliariello, Aldo Rocco Vitale. E un intervento del Cardinale Joseph Zen. Il Rapporto è redatto dall'Osservatorio Cardinale Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa, in collaborazione con i seguenti Centri di ricerca: Centro Studi Rosario Livatino, Roma; CIES-Fundación Aletheia, Buenos Aires; Fondazione Magna Carta, Roma; Fondazione Osservatorio sociale, Wroclaw; Fundación Pablo VI, Madrid; Centro de Pensamento Social Católico dell'Universidad San Pablo, Arequipa.
Una ricerca realizzata da IRES Toscana per la Regione Toscana dedicata alle questioni della spesa militare. A quanto ammontano le spese militari internazionali? Quanto si spende e come si spende? Quali sono i costi di questa spirale di riarmo? Quanto costa ed è realmente costata la guerra globale al terrorismo? Quali le spese per le missioni in Afghanistan e in Iraq? Chi spende di più e come spende? Quale ruolo comporta l'entità e la tipologia di spesa per l'Italia e per l'Europa? La domanda determina l'offerta oppure è l'offerta di armamenti che influisce sulla domanda e sulle modalità di risposta? Quali relazioni intercorrono tra spesa militare, complesso militare industriale ed economia dei principali paesi? Quali ricadute sulle spese sociali, per la sanità e l'istruzione? Quali ricadute sullo sviluppo e sulla cooperazione? Molteplici sono gli spunti di riflessione che scaturiscono dai tentativi di risposta a tali domande e che implicano uno sforzo di rilettura critica del ruolo dei principali attori internazionali e delle modalità di affronto delle nuove sfide in un contesto internazionale mutato. Il volume presenta una disamina aggiornata sui temi degli armamenti, con particolare attenzione all'Italia, in parallelo a rapporti simili pubblicati in altri paesi europei. Uno strumento di documentazione rivolto a studiosi, ricercatori e operatori, o anche cittadini interessati alle tematiche della pace, delle armi e dei conflitti su scala internazionali.
Non c'è stata alcuna "fine della storia", nessuna affermazione globale della democrazia liberale. Piuttosto, assistiamo a una grande regressione. Mentre lavoro, ricchezza e stabilità si assottigliano pericolosamente nelle società occidentali, la retorica della sicurezza prende il posto della rivendicazione dei diritti umani e civili e i principi di cooperazione transnazionale sono sostituiti da violenti appelli per il rafforzamento della sovranità degli stati, come "Make America Great Again!" e "Les Français d'abord!". I flussi migratori diretti verso i paesi dell'Unione europea aumentano giorno dopo giorno. La crisi economica, forse, non è mai finita. E improvvisamente ci troviamo di fronte alla necessità di misurarci con alcuni fenomeni che credevamo appartenere a un'epoca passata: l'ascesa di partiti nazionalisti come il Front National francese, l'imporsi di una demagogia come quella impersonata da Donald Trump, le tendenze autoritarie che attraversano l'Europa centrale e orientale, un'ondata di xenofobia e odio, la brutalizzazione del discorso pubblico, l'inversione protezionistica della Brexit. Di fronte a questi fenomeni dobbiamo prendere atto che tutti gli strumenti che consideravamo efficienti per affrontare le crisi si sono esauriti. È questa la denuncia di quindici grandi intellettuali da tutto il mondo, da Bauman a Zizek, da Arjun Appadurai a Paul Mason, che ragionano insieme per scoprire e analizzare le radici di questa involuzione, e cercano di inserirla nel suo contesto storico, di tracciare gli scenari possibili e di ideare le strategie per contrastare le tendenze inquietanti che stanno dando forma a un mondo nel quale non vogliamo vivere. Quindici voci diverse e autorevoli, riunite per la prima volta in un libro che fornisce le coordinate necessarie per orientarsi nel nostro tempo.
Il volume ripercorre l’evoluzione della crisi mondiale e mira a fare il punto dell’impressionante quantità di informazioni e studi prodotti sul tema, analizzando separatamente, in distinti capitoli, con un taglio sintetico ma esaustivo, gli aspetti finanziari, gli effetti sull’economia reale, le risposte di politica economica, l’impatto sull’Italia e gli sviluppi del dibattito accademico. L’esperienza professionale degli autori, appartenenti a importanti istituzioni, pubbliche e private, ha reso possibile “inquadrare” la crisi da “punti di osservazione” differenti. La crisi, iniziata nell’agosto del 2007 con le turbolenze sulmercato dei titoli subprime, dopo aver attraversato diverse fasi,
si è riaccesa nei primi mesi del 2010, quando si sono manifestate forti tensioni sul debito sovrano di alcuni paesi europei ed è culminata, in maggio, con l’intervento di
salvataggio straordinario a favore della Grecia.
Superata l’emergenza, restano ancora molte ombre per il futuro che costringono a considerare quella che si racconta come la storia, incompiuta, di tre anni difficili e non come la storia di una crisi oramai alle spalle.
A cura di Antonella Crescenzi
Contributi di Antonella Crescenzi, Paolo Biraschi, Fabrizio Marconi e Stefania Tomasini
Il volume presenta una "nuova storia economica" dell'Italia nei primi 150 anni di unità nazionale. Attraverso ua visione ampia dei successi e dei ritardi delle imprese italiane, dei lavoratori, dell'azione pubblica nel rispondere alle sfide del mutamento economico internazionale, il libro delinea le ragioni dell'attuale insoddisfacente risposta dell'economia Italiana alla "seconda globalizzazione". La prospettiva storica è essenziale per afferrare le debolezze presenti, come il divario Nord-Sud, il basso livello di capitale umano, il fragile sistema d'innovazione e l'inefficienza della pubblica amministrazione. Gli ultimi vent'anni di stagnazione rivelano radici antiche, i recenti shock aggravano i problemi irrisolti.
Vengono pubblicati in forma antologica testi di grande attualità. L'economista del Mahatma Gandhi ci spiega i mali dell'economia moderna e come curarli in modo equo e nonviolento. Un libro, quindi, non solo di denuncia, ma che indica con chiarezza le alternative, che ridà speranza e voglia di agire. Kumarappa è stato l'economista di Gandhi, il suo più stretto collaboratore nel tracciare le linee di un programma economico nonviolento.