Tra cinema e psicoanalisi esiste un rapporto articolato e profondo e nei film, forse più che in altre opere d'arte, tale legame risulta spesso fondamentale per una migliore comprensione del testo. In questo libro, vero e proprio breve compendio metodologico, a un'introduzione teorica sulle implicazioni tra psicoanalisi e cinema, segue una serie di chiavi interpretative di film scelti come esempi emblematici. Emergono così insieme a una figuratività stilistica molto vicina al linguaggio dell'inconscio, alcuni meccanismi preminenti nel rapporto tra schermo e spettatore: l'immaginario e l'onirismo, l'identificazione speculare e l'erotismo...
Grazie al cinema, dall'indomani della prima guerra mondiale si compie il prodigio di trasformare il popolo americano- sconosciuto, selvaggio e stravagante, non nell'invasore barbarico, ma nel "prossimo tuo" da accogliere e amare come te stesso. E di creare una dipendenza diffusa dal sogno americano. Il libro esplora, insieme, le strategie pubblicitarie e le reazioni individuali e collettive alla "Marcia su Roma" delle Majors hollywoodiane dai primi anni venti. In generale viene descritta la parabola delle tecniche di advertising con cui Hollywood ha puntato a impadronirsi dei gangli emotivi e desideranti dello spettatore universale. Nello specifico si stabilisce un contatto ravvicinato con le strategie adottate in Italia e con lo spettatore italiano tra il 1922 e il 1938, dalle Majors e, in particolare, dalla Metro Goldwyn Mayer. "Il ruggito del Leone" ci fa rivivere le percezioni di mondi possibili per lo spettatore italiano tra le due guerre, in cui accanto ai profumi delle divinità hollywoodiane era possibile respirare anche i profumi della libertà.
Un rapporto molto particolare, quello tra Venezia e il cinema. Se le altre grandi città "cinematografiche" costituiscono quasi sempre la tela di fondo su cui si muove l'azione, Venezia è, per sua natura, una co-protagonista del film, un personaggio che risalta nel tessuto della storia, un'ambientazione che non può mai essere casuale. Attraverso queste venti storie, raccontate senza fare critica né storia del cinema, Irene Bignardi ha costruito un itinerario veneziano molto personale tra calli e campi, chiese e palazzi, drammi e commedie. E fa rivivere, con una scrittura lieve e sapiente, l'allegria kitsch di Cappello a cilindro, ovverosia Venezia vista da Hollywood, e le atmosfere risorgimentali di Senso; la nobile scenografia dell'Othello di Welles e le faticate vicende de II mercante di Venezia; i brividi di A Venezia... un dicembre rosso shocking e il sentimentalismo di Tempo d'estate; la ribelle giovinezza veneziana inventata dal primo Tinto Brass con Chi lavora è perduto e il rigore politico de II terrorista di De Bosio; la decadenza della città raccontata da Visconti con Morte a Venezia e i film veneziani ispirati a Henry James; un'inedita esplorazione della città lagunare firmata da Susan Sontag in Unguided Tour e il recente Dieci inverni, che restituisce l'immagine della Venezia studentesca, quella dei giovani, quella squattrinata, lontana dai palazzi.
Come nasce la musica all'interno della produzione cinematografica? Quali sono le strategie compositive del musicista chiamato a commentare le immagini in movimento? Cosa accade nelle complicate fasi della post-produzione quando la musica viene montata con i rumori e i dialoghi? Come viene trattata la colonna sonora quando un film è restaurato oppure edito nei supporti in dvd che oggi affollano il mercato? Questo libro intende offrire una risposta a tali quesiti, nella convinzione che questa sia la necessaria premessa per ascoltare in maniera consapevole la musica di un film. Il testo è articolato in dieci capitoli che ripercorrono le fasi dell'allestimento della musica in un film, partendo dai primi scambi di opinioni fra regista e compositore per giungere alla scrittura, al montaggio e missaggio. I capitoli finali, invece, sono riservati alla produzione discografica della musica per film, ai problemi del restauro e ai percorsi che portano questi brani a far parte di spot pubblicitari, sigle televisive, programmi concertistici o balletti.
"Mi affascina tutto. Sono curioso di tutto. Non mi innamoro di nulla. Detesto raffinarmi. Sono libero di fare quello che voglio. Non ho ispirazione, che trovo una cosa bestiale. Resto lucidamente critico... Credo nella tenerezza. La società oggi è inutilmente crudele." Una racolta di scritti sul lavoro di Rossellini e di interviste poco note ma significative, rilasciate durante tutta la sua lunga carriera.
Il volume è il punto di arrivo - quasi compiuto e quasi sistematico - di una riflessione estetica che accompagna costantemente, a partire dai primi anni trenta, la nota attività di Ejzenstejn regista e teorico del cinema.
La "Teoria generale del montaggio" fu scritta nel corso del 1937 ed è rimasta per molto tempo medita. Si tratta della più ampia e audace ricognizione sul montaggio che Ejzenstejn abbia mai concepito: il cinema resta il suo referente esemplare, ma l'indagine si muove con grande libertà nei più diversi campi della produzione artistica, con illuminanti incursioni nell'antropologia e nell'estetica filosofica. Ne risulta un quadro interpretativo capace di gettar luce non solo sui fondamenti teorici e sull'evoluzione storica del montaggio ma anche sulle prospettive, ancor oggi in larga parte inesplorate, di una cultura dell'audiovisivo.