Che cosa è accaduto a Comunione e liberazione? Il movimento, fondato negli anni Cinquanta con un approccio rivoluzionario da don Luigi Giussani, è rimasto fedele a sé stesso? Mentre crollavano i muri e cambiava la Chiesa, Cl ha continuato a dare forza alla sua presenza. Anche politica. Sino a diventare, essa stessa, un pezzo di potere. Rischiando così di intaccare il suo codice di educazione alla fede. Come se contassero di più gli applausi del Meeting ad Andreotti, a Berlusconi o a Formigoni, rispetto all'azione stessa della Fraternità. Di questo rischio si era avveduto quasi profeticamente Giussani. E su questo fronte si è impegnato il suo primo successore: don Julián Carrón. Un biblista pescato direttamente in Spagna dal prete di Desio. Ossia al di fuori della cerchia degli italiani. Ci voleva un teologo dell'Estremadura per portare la rivoluzione: basta collateralismi e assist al centrodestra. No ai Family day e alle piazze divisive. Un cambiamento che ha prodotto tensioni nella pancia di Cl, in particolar modo con la famosa lettera su Roberto Formigoni, in cui Carrón chiede perdono a nome del movimento. Ora il sacerdote che ha guidato la Fraternità dal 2005 al 2021 si tiene in disparte. Le sue dimissioni sono arrivate dopo il commissariamento da parte del Vaticano dei Memores domini e le nuove regole sulla governance dei movimenti. Il timone è passato a Davide Prosperi, professore dell'Università Bicocca di Milano, che si ritrova a gestire un'eredità difficile. Restano però gli interrogativi. Un cristiano impegnato ha bisogno del potere? Bisogna aggrapparsi alla legge per proteggere i valori? Come comportarsi di fronte alle chiese vuote o alla richiesta di maggiori diritti da parte degli omosessuali? Di fronte al gender o all'eutanasia? È appena iniziata una terza vita del movimento, raccontata in questo libro attraverso la voce e gli scritti dei protagonisti.
Contenuto
Mai come in questo caso è vero che la guarigione è stata il frutto di un'alleanza medico-paziente. Giovanni Ruggiero, giornalista di Avvenire, e Antonio Ascione, epatologo, hanno raccontato insieme l'avventura della malattia, del trapianto di fegato e della «vittoria». Lo hanno fatto in un libro intenso, commovente, composito, in cui le voci narranti si alternano: ora il paziente malato con tutte le sue emozioni, ora il medico, più tecnico nelle descrizioni, ma dotato di una indescrivibile carica di umanità. Ed è proprio questa la cifra dominante di questo bel libro.
Autore
Giovanni Ruggiero, giornalista, in questa vicenda è l'ammalato. Inviato del quotidiano «Avvenire», ha viaggiato raccontando tante storie. Ma il viaggio più importante è questo della sua malattia. Antonio Ascione è il medico-epatologo. Da oltre quaranta anni segue ammalati di fegato prima al Cardarelli e ora all'ospedale Fatebenefratelli di Napoli. Ha sempre curato con grande impegno la comunicazione con i pazienti.
Attraverso un itinerario storico tra i grandi autori del pensiero occidentale, questo volume ripercorre il tema della giustizia, dall'antichità a oggi, e ne ripropone l'attualità. Il percorso consente di ragionare sul significato della vita buona e su come sia possibile creare una cultura pubblica capace di assumere e superare i conflitti e i dissensi che inevitabilemnte si manifestano. L'ideale di una società giusta, infatti, non si ottiene mirando semplicemente al massimo dell'utilità o della libertà di scelta per i singoli individui. Una società giusta esige un forte senso della comunità. È necessario allora trovare il modo di dedicarsi al bene comune e contrastare le concezioni che si limitano all'aspetto privato, coltivando la giustizia in una logica sana di solidale fraternità.
L'esperienza del Trascendente è così radicata nel cuore dell'uomo da costituire di per sé un fortissimo incentivo allo studio delle sue manifestazioni. In questa prospettiva il presente lavoro tratta il fenomeno religioso nella sua affascinante complessità, analizzando la sua varietà di simboli, miti, riti e dottrine che definiscono quel volume di esperienza che fa dell'uomo essenzialmente un homo religiosus. Il contributo, quindi, si propone di cogliere all'interno dell'amplissima pluralità di manifestazioni dell'Assoluto gli elementi unificanti, servendosi degli strumenti offerti dalla fenomenologia della religione, che ha il compito di comparare e di interpretare tali fatti così come essi si esprimono ("appaiono") all'interno della coscienza dell'uomo. La conclusione è l'esigenza indistruttibile che gli uomini hanno di legare la loro vita a qualcosa di superiore e di sacro, che è una costante storica e non si estingue neppure in contesti di forte secolarizzazione, come quello dell'uomo contemporaneo. Questi, anzi, sembrerebbe aver ancor più bisogno del sacro rispetto all'uomo arcaico, perché, diversamente dal suo antenato, la prospettiva di fondo della sua cultura è oggi ancor più precaria. Pur essendo evoluto e forte di un progresso scientifico e tecno-logico senza precedenti, infatti, l'uomo contemporaneo non solo non sa più andare oltre le barriere del tempo e della mortalità, ma non sa più dare senso e significato alla sua avventura storica, pagando a caro prezzo la disintegrazione dello slancio mistico.
«Il dialogo interreligioso, prima ancora di essere discussione sui temi della fede, è una "conversazione sulla vita umana" e crea relazioni più fraterne tra noi. "Accogliere" non equivale semplicemente ad "accettare" o a "tollerare" la presenza d'altri fuori da qualsiasi legame sociale, culturale e religioso. "Accogliere" vuol dire anche "ricevere" e "condividere" un dono, nella consapevolezza che l'altro è per me sempre un fratello, una sorella, perché tutti siamo figli e figlie di un solo Padre che è nei cieli in quell'unico spazio che è la terra abitata da tutti». dalla Prefazione del card. Crescenzio Sepe Nel tempo della globalizzazione e delle frammentazioni abbiamo bisogno come singoli e come comunità di un criterio etico fondamentale relazionale. Le religioni mondiali non possono fare un passo indietro proprio oggi di fronte a questa necessità storica. Temi quali la libertà religiosa, il dialogo fraterno, l'accoglienza reciproca, l'incontro tra le diverse identità culturali e religiose acquistano il carattere di urgenza proprio nella condivisione di luoghi abitati dai diversi. La Chiesa deve avvertire questo impegno come fondamentale e spazio concreto dell'annuncio evangelico, avvicinando ogni cultura e ogni religione con "simpatia", ponendosi tra di esse come lievito di fraternità.
L'immagine dell'apostolo Giovanni, il discepolo dell'amore, che nel Cenacolo reclina il capo sul petto di Cristo, è forse quella che meglio descrive il compito di ogni discepolo del Signore. Se il sacerdote vuole essere un "uomo per gli altri", non deve dimenticare che lui appartiene prima di tutto a Cristo. Egli è nato nel Cenacolo, quando il Signore, spezzando il pane e benedicendo il vino dell'Ultima Cena con i suoi discepoli, anticipava con quei segni la sua offerta d'amore sull'altare della Croce. Ogni sacerdote non deve dimenticare che il suo "destino" è unito in modo imperscrutabile allo stesso "destino" del suo Maestro. Egli è stato chiamato ad essere anche ministro dell'Eucaristia in mezzo ai suoi fratelli ripresentando prima di tutto Cristo nella sua vita: non è forse questo che rende "bella" la vicenda di ogni sacerdote? Non è forse questo che rende esaltante il desiderio di donare completamente la propria vita nel servizio ai fratelli, come ha fatto Gesù?
Se di una povertà oggi il nostro mondo soffre, è quella di non essere cosciente di essere povero di domande essenziali. Il pensatore se ha una missione, è quella di aiutare a domandare, a portare cioè l'uomo a far affiorare alla coscienza le domande di sempre, quelle sul senso della propria vita, sul destino del mondo, sul fine della storia, sul presente, sull'avvenire, sull'aldilà. Cercare itinerari, aprire la mente (e perché non anche il cuore) alla possibilità che la risposta possa esserci data se cerchiamo in modo autentico, è il compito di ciascun uomo, quanto più di un pensatore credente. Insieme, credenti e non credenti possono stare "sulla soglia", lì dove la risposta cercata può essere invocata e attinta in un Altro. La ragione da sola non può nulla ed è debole se non è illuminata e sostenuta dalla fede. Anche il non credente allora può provare a schiudere le sue domande sul Novum che sorprende e che ci viene incontro come Donum.