Parte del complesso dedalo di storie che compone la "Commedia umana", questa novella è stata inserita da Balzac tra le "Scene della vita parigina". Protagonisti sono la bella Claudine, vecchia gloria dell'Opéra, e il suo sfuggente amante, La Palférine, principe della bohème. Con divertito cinismo Balzac segue la parabola di una passione cieca, mai corrisposta, scandita dalle acrobazie amorose di una donna testarda e indimenticabile.
Il romanzo, pubblicato in origine come feuilleton, uscì in forma completa nel 1843. In quest'opera Balzac mostra a pieno le sue doti narrative e descrittive, concentrandosi su intrighi, complotti e avvincenti colpi di scena, inseriti in una Parigi sapientemente delineata, carica di paesaggi e ambientazioni affascinanti. La storia parte da un fatto di cronaca realmente accaduto: il rapimento del conte Dominique Clement de Ris da parte di alcuni agenti di Fouché, ministro della polizia al tempo di Napoleone. Attraverso diverse vicissitudini viene tratteggiata, con grande abilità e dovizia di particolari, la società francese dell'epoca, in un noir in cui storia e politica si intrecciano alla perfezione. Il magistrale stile di Balzac conduce a un finale amaro, che fa indubbiamente riflettere, offrendo spunti interessanti anche al lettore odierno. Introduzione di Pietro Paolo Trompeo.
Si conclude l'edizione nei Meridiani dei testi più significativi della "Commedia umana": dopo gli otto romanzi che hanno decretato il successo di Balzac narratore pubblicati nel primo volume e i due capolavori proposti nel secondo, qui la curatrice Mariolina Bongiovanni Bertini ha selezionato opere che illustrano i più diversi interessi di Balzac. Si va dal celebre "Cugino Pons", storia di un colto e sfortunato collezionista di opere d'arte e della sua imponente raccolta, al "Giglio nella valle", romanzo d'amore e morte, di virtù e di passione contrapposte sullo sfondo di un paesaggio le cui descrizioni sono veri e propri pezzi di bravura; da "Una passione nel deserto", racconto lungo sull'amicizia fra un ufficiale perso nel deserto e una pantera, non priva di risvolti sensuali che fecero rabbrividire la critica contemporanea, ai "Proscritti" che vedono protagonista Dante Alighieri, esule a Parigi e seguace di un singolare Sigieri di Brabante molto vicino a Balzac; dalla vicenda fantastica del "Capolavoro sconosciuto" i cui personaggi si fanno portavoci delle teorie balzachiane sull'arte, al non meno fantastico e misterioso "La pelle di zigrino"; si approda infine al filosofico "Séraphîta", dove le teorie mistiche di Swedenborg rielaborate da Balzac trovano forma romanzesca fra abbaglianti panorami norvegesi.
Honoré de Balzac, padre del realismo e del romanzo francese, svela nel "Trattato della vita elegante" (1830) la sua natura di dandy, di amante del bello e di cultore delle apparenze e della raffinatezza. Lo stile, la mondanità, le norme sociali, il lavoro e il denaro, la grazia e i capricci passano sotto il piglio da acuto sociologo di Balzac, che in questo libro si diverte a spiazzare e provocare il lettore - che non potrà non restare stupito - con la sua ironia e le sue sagaci osservazioni sulla società. Un saggio deliziosamente pungente e mondano in cui la moda si fa pretesto per una critica sottile della società, che dalle etichette e dalle apparenze si lascia ancora oggi drasticamente influenzare.
La novella,ambientata all'inizio dell'Ottocento e scritta in prima persona, si apre con una sontuosa festa da ballo presso la villa della ricchissima famiglia parigina dei Lanty, a cui partecipa assieme alla voce narrante una giovane dama, e dove a un certo punto compare un bizzarro centenario, goffo di modi e inquietante.Tutti i membri della famiglia mostrano grande premura verso di lui, mentre gli ospiti formulano le ipotesi più stravaganti sulla sua reale identità. Il narratore promette alla fanciulla di svelarle presto il mistero e la sera successiva, nell'appartamento di lei, inizia a narrare la storia di Ernest-Jean Sarrasine. Costui, a metà del Settecento, è un giovane focoso e turbolento che per il suo talento artistico viene preso sotto l'ala protettrice del famoso scultore Bouchardon. Si trova a Roma per perfezionarsi nella sua arte quando, una sera a teatro, si innamora follemente della cantante Zambinella. Ma troppo tardi fa una scoperta tragica e ridicola: la Zambinella in realtà è, secondo l'uso teatrale del tempo, un castrato. Accecato com'è dalla passione, Sarrasine non si rassegna all'evidenza e la rapisce, ma irrompono sulla scena gli uomini del cardinale Cicognara, protettore del cantante, e lo uccidono. La fanciulla, dopo aver ascoltato tutta questa storia, ancora non capisce quale sia il nesso tra il mistero dello sconosciuto di casa Lanty e la vicenda di Sarrasine, finché il narratore non le svela l'enigma racchiuso nella persona del vecchio.
Sono qui presentati due piccoli "gioielli" creati dalla maestria di Balzac. "Il colonnello Chabert", portato sullo schermo nel 1943 e ancora nel 1994, è un racconto che si addentra nel cuore umano, rivelandone le vette e gli abissi. Chabert è morto da eroe, in battaglia; ma dieci anni dopo ricompare, per morire una seconda volta... Una spirale narrativa inaspettatamente moderna, quasi pirandelliana, tra colpi di scena e avvocati, si avvolge su se stessa fino a un amaro finale. Il breve racconto giovanile che completa il volume compone insieme, in un amalgama perfetto e calibrato, atmosfere di terrore, di suspense e di intensa suggestione spirituale.
"Le capacità analitiche di Balzac si dispiegano nel 1833 per la prima volta compiutamente con Eugènie Grandet. In questo romanzo capitale, i temi del denaro, dell'avarizia, dell'ambizione sociale, da una parte, della pura e infelice passione amorosa, dall'altra, emergono in primo piano, con un vigore sino a quel momento sconosciuto alle lettere francesi" (Giorgio Mirandola).
Il Meridiano propone due romanzi di vaste proporzioni e di assoluto fascino, nei quali la tecnica balzachiana del "ritorno dei personaggi" mette in scena il bel poeta Lucien de Rubempré. Nel primo, "Illusioni perdute", le vicende di Lucien, volubile e sventato, cerca fortuna, affidandosi alla propria penna, a Parigi, dove, dopo un breve periodo nella Boheme studentesca del Quartiere latino, si lascia sedurre dal brillante ed effimero mondo del teatro e del giornalismo. In "Splendori e miserie delle cortigiane", la sua storia prosegue tra l'appartamento della cortigiana Esther, redenta dall'amore per Lucien, i teatri e i salotti dell'aristocrazia, per concludersi nelle tetre celle della Conciergerie, in una Parigi popolata da furfanti, cupa e dissoluta.
Gli ultimi mesi del 1833 sono per Balzac (1799-1850) un momento privilegiato di vitalità e di fervido slancio creativo. È durante questa felice stagione che il grande scrittore compone Eugénie Grandet, uno dei vertici qualitativi assoluti del romanzo francese dell'Ottocento, ammirato fin dal suo primo apparire per la straordinaria vitalità psicologica dei personaggi e per la stupefacente concretezza con cui è tratteggiato lo sfondo sociale. Nato come una delle Scene della vita di provincia e inizialmente concepito come una novella destinata a una rivista letteraria, incentrata sulla piccolezza dell'animo di certi affaristi che popolavano la campagna francese nel periodo successivo alla Rivoluzione, il libro andò sempre più ampliandosi.
"Il capolavoro sconosciuto" di Honoré de Balzac rappresenta un vero e proprio mito letterario, che ha tra l'altro suscitato riflessioni ed emozioni profonde nelle menti di numerosi protagonisti del Novecento. In effetti da Cézanne a Picasso, da Hofmannsthal a Rilke, da Henry James a Benedetto Croce, da Ernst Robert Curtius a Italo Calvino, molti sono gli interpreti che hanno meditato su questo testo, concentrandosi sul suo protagonista, il pittore Frenhofer, un genio quanto mai travagliato che sembra profetizzare l'astrattismo e l'informale. E se "Il capolavoro sconosciuto" può considerasi una sorta di tragedia della pittura contemporanea, il racconto "Pierre Grassou" che viene pubblicato qui di seguito, ne rappresenta l'amara commedia.