ENZO BIANCHI (Castel Boglione, Monferrato, 1943) è fondatore e priore della Comunità Monastica di Bose. Direttore di «Parola, Spirito e Vita», membro della redazione della rivista internazionale di teologia «Concilium», è autore di numerosi testi, tradotti in molte lingue, sulla spiritualità cristiana e sulla grande tradizione della Chiesa, scritti tenendo sempre conto del vasto e multiforme mondo di oggi. Collabora a «La Stampa», «Repubblica», «Avvenire», «Luoghi dell'infinito» e, in Francia, a «La Croix», «Panorama» e «La Vie». Tra i suoi libri ricordiamo Adamo dove sei? (1994), Apocalisse di Giovanni (1990, n.e. 2000); Pregare la Parola (1974, n.e. 1994), Il radicalismo cristiano (1980), Vivere la morte (1983, n.e. 1996), Da forestiero (1995), Altrimenti (1998), Non siamo migliori (2002), Dare senso al tempo (2003), Le parole della spiritualità. Per un lessico della vita interiore (1999, n.e 2003), Cristiani nella società (2003, n.e. 2007), Vivere la domenica (2005), Una vita differente (2005), La differenza cristiana (2006), Ero straniero e mi avete ospitato (2006), Vivere è Cristo (2006).
Terra sconosciuta in cui ci inoltriamo lentamente, paese aspro da attraversare e da conquistare, la vecchiaia ha le sue grandi ombre, le sue insidie e le sue fragilità, ma non va separata dalla vita: fa parte del cammino dell'esistenza e ha le sue chances. È il tempo di piantare alberi per chi verrà. Vecchiaia è arte del vivere, che possiamo in larga parte costruire, a partire dalla nostra consapevolezza, dalle nostre scelte, dalla qualità della convivenza che coltiviamo insieme agli altri, mai senza gli altri, giorno dopo giorno. È un prepararsi a lasciare la presa, ad accettare l'incompiuto, ad allentare il controllo sul mondo e sulle cose. Nell'inesorabile faccia a faccia con il corpo che progressivamente ci tradisce, Enzo Bianchi invita tutti noi ad accogliere questo tempo della vita pieno, senza nulla concedere a una malinconica nostalgia del futuro, ma anzi trovando qui l'occasione preziosa di un generoso atto di fiducia verso le nuove generazioni.
Ispirata al Vangelo secondo Marco, questa contemplazione della Passione di Gesù, che dalla Via Crucis della condanna a morte diventa la Via Lucis della sua risurrezione, contiene anche poesie di cristiani e di non cristiani, tutti in attesa di un volto trasfigurato, tutti con una domanda nel cuore:«Cosa posso sperare?». Solo Gesù Cristo è capace di rispondere a questa domanda.
"Ormai vecchio, guardando al mio passato, mi accorgo che il cammino dell'imparare a morire è stato il cammino dell'imparare a vivere, nella convinzione che ciò che si è vissuto nell'amore resterà per sempre. Solo l'amore innesta l'eternità nella nostra vita mortale. Che senso può avere nel nostro tempo la domanda sull'aldilà? Nell'epoca della morte rimossa o spettacolarizzata in un flusso di immagini che la esibiscono e la dissacrano, quale significato possiamo attribuirle? Su questa terra che tanto amo, ho sempre cercato l'eternità." Con queste parole Enzo Bianchi, instancabile cercatore di senso, apre una meditazione poetica e non dogmatica sulla più ineludibile delle domande - su quel limite capace di dare senso alla vita di ciascuno - per approdare a una risposta centrata sull'amore, sulla sua forza come trama del mondo e delle relazioni con gli altri, e quindi come ragione di speranza anche dopo la vita terrena. Un libro appassionato, carico di fiducia, in cui la morte si apre alla vita.
Un appassionato commento spirituale ove esegesi, tradizione rabbinica e cristiana si intrecciano continuamente. Enzo Bianchi ricorda con la sua straordinaria vivacità che la Bibbia è Parola di Dio da leggere nello Spirito Santo, per se stessa, e che l'unica cosa da prendere in serio conto è l'amore di Dio e la vicinanza a Lui.
Tutti credono in qualcosa, a qualcuno, perché è impossibile vivere altrimenti. Eppure oggi sembra difficile proporre il «credere» oltre un superficiale ottimismo che non richiede autentiche adesioni o cambiamenti e un velato cinismo che riveste tutto di una nota di grigio. La fede del credente come la fede del non credente affrontano insieme questa nebbia, cercando una via che permetta la fiducia come assenso al mondo. Questi due modi di credere possono essere diversi sotto molti aspetti, ma accolgono e combattono la medesima sfida. Il monaco Enzo Bianchi e la filosofa Laura Boella non si sottraggono al confronto e cercano di mostrare come, al di là delle differenze, tutti possono e devono chiedersi quale fede, quale credito vogliono dare alla vita e all'amore. Introduzione di Andrea Decarli.
Prefazione di Giovanni Filoramo
E. Bianchi - F. Sbardella, La parola al non-detto
Prassi del silenzio
E. Bianchi, Silenzi e omissioni in nome del Buddha. Codifica del non-detto nei codici monastici cinesi
M.C. Giorda, Il silenzio è il lessico famigliare monastico? L'esperienza dei monaci del Dominus Tecum
A. Herrou, Dall'atmosfera «calorosa e rumorosa» alla quiete. Uso moderato di linguaggio e silenzio presso i monaci taoisti oggi in Cina
F. Sbardella, Silenzi e non-detti. Controllo discorsivo nella clausura cattolica contemporanea (Francia, 2006-2014)
Narrazioni del silenzio
S. Boesch Gajano, Voci nel silenzio. Clamori demoniaci e armonie angeliche nell'agiografia altomedievale
M. Garzaniti, Le forme del silenzio. Narrazione agiografica e istruzione spirituale negli scritti del patriarca bulgaro Eutimio (1320/1330- ca. 1402/1409)
D. Campo, Raccontare il silenzio. Lo spazio interiore descritto dai monaci buddhisti cinesi
Iconografie del silenzio
N. Celli, Il silenzio nei dettagli. La formazione dell'iconografia del Vimalakirt?nirde?a nell'arte cinese del V e VI secolo
F. Marcattili, Silentium denuntiat. Veli e bavagli tra modelli greci e tradizione romana
Parole e silenzio
A. Iacovella, Silenzio e linguaggio emblematico nel Kitâb Kashf al-Asrâr 'an Hukm al-Tuyûr wa'l-Azhâr di 'Izz al-Dîn al-Muqaddasî
I. Cariddi, La dialettica del silenzio nel Racconto dell' Oasita eloquente e nella letteratura sapienziale egiziana di Medio Regno
G. Pellegrini - F. Squarcini, Le dighe e il contadino. Sul silenzio, la parola e la semiosi del dividere nella metodica degli Yogasutra
La Chiesa oggi che cosa annuncia? Una moltitudine di dottrine che si tenta di imporre a forza di insistere o il Vangelo? Che cosa vuol dire concretamente che l’annuncio del Vangelo deve implicare un nuovo protagonismo dei battezzati? Quali sono i momenti privilegiati dell’annuncio del Vangelo? Omelia e catechesi sono realmente al servizio dell’annuncio del Vangelo? Tutta l’evangelizzazione è fondata sulla Parola di Dio ascoltata, meditata, vissuta, celebrata, testimoniata? A tutte queste domande vuole rispondere il volume di Enzo Bianchi, fondatore della Comunità di Bose, che ha letteralmente consacrato la vita al servizio dell’annuncio del Vangelo. Soffermandosi in modo particolare sul terzo capitolo dell’Evangelii gaudium, il testo mette in evidenza come tutto il popolo di Dio deve essere protagonista dell’annuncio del Vangelo, che la Chiesa non
ha altro compito se non quello di essere testimone credibile del Vangelo. Per fare ciò occorre, come nota papa Francesco, «avere la certezza che Dio ci ama, che Gesù Cristo ci ha salvati, che il suo amore ha sempre l’ultima parola» (EG 151).
Ci sono storie, nei Vangeli, che a distanza di duemila anni sanno ancora sorprenderci e provocarci, perché sono capaci di farci osservare la realtà da una prospettiva inattesa. L’eredità che lasciano è rivoluzionaria e scardina i pregiudizi e la concezione tradizionale di giustizia: famiglie in crisi, poveri sempre più poveri e ricchi sempre più ricchi, lavoratori stanchi e modi diversi di amare e vivere la preghiera. Tra le parabole evangeliche, Enzo Bianchi ne ha scelte quattro tra le più note e, muovendosi con agilità tra passato e presente, ci consegna un’appassionata rilettura di quelle che restano ancora oggi pagine aperte dei Vangeli. In esse la parola si fa rivelazione del volto di Dio, guidandoci in profondità, fino al centro del suo cuore colmo di misericordia, che significa amare in grande. Per ricordarci che è attraverso la parola di Cristo che l’amore di Dio si trasferisce all’umanità, trasformandone per sempre l’esistenza. Un libro da leggere e rileggere, per scoprirne ogni volta un nuovo, imprevisto messaggio.
«Il pane di ieri è buono domani», dice per intero il proverbio. Con la bussola di queste parole Enzo Bianchi racconta storie e rievoca volti della propria esistenza: il Natale di tanti anni fa e la tavola imbandita per gli amici, il suono delle campane nella veglia dell'alba e il canto del gallo nel silenzio della campagna, i giorni della vendemmia e la cura dell'orto.
Trova il momento della solitudine e quello della veglia, accoglie la vecchiaia come una stagione che arriva alla vita.
Ogni racconto è la tappa di un cammino sapienziale che parla dell'amicizia, della diversità, del vivere insieme, dei giorni che passano e della gioia.
Della vita di ogni uomo in ogni tempo e terra del mondo.
L'angoscia di fronte alla domanda: «che tempo fa?» è certo più forte quando un semplice evento atmosferico può distruggere in pochi minuti un anno di lavoro. Allora non è poi così strano vedere il parroco del paese incedere nella tempesta, il piviale viola scosso dal vento, fendere l'aria con l'aspersorio dell'acquasanta e implorare con voce ferma Dio di fermare la grandine: «Per Deum verum, per Deum vivum...»
In un mondo sempre più abitato da suoni nuovi e pervasivi è facile perdere, o non udire, le voci antiche che scandivano lo scorrere del tempo: il canto del gallo all'alba, il rintocco delle campane che annunciava momenti lieti o tristi, il grido dell'acciugaio e il richiamo del venditore ambulante di carta da lettere. Suoni quotidiani, destinati a tutti.
Il cibo, a ben guardare, oltre che un nutrimento necessario è anche qualcosa di cui si deve «aver cura». La tavola è luogo di incontro e di festa e la cucina è un mondo in cui si intrecciano natura e cultura. Preparare il ragù può diventare allora un momento di meditazione e la bogna càuda un vero e proprio rito in cui gli ingredienti che la compongono rappresentano uno scambio di terre, di genti, di culture. A dispetto di ogni localismo (anche culinario) tutti i cibi infatti, anche i più nostrani, sono carichi di debiti con l'esterno e con chi, in terre lontane, ha coltivato le materie prime, le ha fatte crescere e le ha raccolte.
Dentro ciascuno di questi ricordi, e in tutti quelli che compongono il libro, c'è un senso esatto della vita in cui la memoria personale e individuale sfuma nella storia universale o meglio, senza forzature, si fa memoria collettiva.
Sono storie del «tempo che fu» ricche di personaggi singolari, di aneddoti curiosi, di comandamenti nati dalla saggezza popolare e offerti dai padri ai figli, di momenti duri, sofferti e solitari, di volti e di parole che restano a lungo impressi nella memoria. Sono storie piene di amore per la terra. E insieme rappresentano insegnamenti di fede, di amicizia, del vivere insieme, dell'ospitalità. Meditazioni sulla vita, sulla morte, sulla gioia, sulla vecchiaia, e sulla ricchezza della diversità.
Spinto dall'urgenza di affrontare i fenomeni attuali dell'immigrazione e dell'integrazione, Enzo Bianchi cerca nella Bibbia risposte complesse e non condizionate da facili pregiudizi. È etico, infatti, accogliere senza poter fornire casa, pane, vestiti e, soprattutto, una soggettività e una dignità nel nostro corpo sociale? Partendo dal presupposto che l'accoglienza non è solo soccorso in caso di emergenza, e ricordando che i cristiani sono stati nella storia "stranieri e pellegrini" che hanno dovuto subire l'ostilità e addirittura la persecuzione, analizza la condizione dello straniero per riscoprire le origini dell'ospitalità e dell'apertura, che sono al centro dell'etica cristiana. "Vedere gli stranieri" non è solo il centro tematico dell'intervento pronunciato da Enzo Bianchi al Senato, contenuto in questa nuova edizione, ma un invito all'ospitalità come dono inatteso. Non solo una condivisione degli spazi, ma una qualità aggiunta ad essi, in una logica di concittadinanza dove l'esigenza principale è imparare a riconoscere il prossimo come valore umano inestimabile.