Il libro propone un’analisi del rapporto tra Kazimir Malevic -l’artista che più di ogni altro ha affrontato il problema della visione dell’invisibile- e la dimensione estetico-filosofica dell’icona. Dopo aver ripercorso i fondamenti teologici e spirituali di questa grande tradizione dell’Oriente cristiano, l’Autore prende in esame l’opera del fondatore del Suprematismo a partire dal celeberrimo Quadrato nero -uno dei miti e dei riti istitutivi dell’arte moderno-contemporanea- e di questa vera e propria ultima icona fornisce una lettura che corre in parallelo con il De visione dei (1453), uno straordinario scritto del filosofo e teologo Nicola Cusano, che di quell’opera seminale sembra paradossalmente rappresentare il commento anticipato. Nell’opera di Malevic assume nuova vita il problema artistico e teologico-filosofico dell’icona. Ciò significa che in realtà le avanguardie non operano una tabula rasa (la “parola d’ordine” con la quale sempre si sono autopresentate) della cultura artistico-filosofica precedente, ma che l’intreccio tra appartenenza e modificazione si anima anche in quei casi ove più enigmaticamente evidente ci si offre il tratto dell’azzeramento radicale, della rielaborazione più innovativa.
I saggi raccolti in questo volume ruotano intorno al tema della iconografia e della rappresentazione simbolica delle istituzioni caritative fra Medioevo ed Età Moderna. Attraverso le immagini le istituzioni presidiano luoghi, evocano attività e sottendono programmi etico-religiosi. Lo sfaccettato fenomeno della solidarietà viene così illuminato concentrandosi non sulla dimensione istituzionale ma sulla presentazione visiva dei progetti caritatevoli, sulla raffigurazione di situazioni da riparare e di uomini e donne da sostenere. Miniature, sculture, architetture hanno da un lato dato volto e identità a istituzioni nate per sostenere e realizzare specifiche "opere di bene" (dalla liberazione dei prigionieri alla dotazione delle fanciulle povere), da un altro hanno cercato di catturare l'attenzione e il consenso degli spettatori, per convincerli a fare il bene. Si tratta di operazioni niente affatto scontate e che richiedevano e richiedono il ricorso a una comunicazione efficace e originale, coinvolgente e commovente, a rafforzamento di promesse, o di minacce, rese più allettanti o terribili e comunque convincenti da elementi estetici che oggi in qualche caso ammiriamo senza sapere che erano parole di un discorso complesso, volto a motivare alla partecipazione alla vita comunitaria a partire dalla condivisione delle necessità dei meno privilegiati.