È diffusa l'opinione che Dio sia già sceso almeno una volta sulla terra per venirci a cercare, accettando per questo, lui, re del cielo, di giacere bambino in una grotta. Spetta a noi adesso andare a cercarlo. Ed è così che l'uomo da sempre costruisce templi per incontrare Dio. Dov'è Dio? Dalla più remota antichità e dai recessi più profondi dell'inconscio, il suo silenzio ci ha parlato in infiniti modi. Lo abbiamo colto nei misteri della natura e nelle meraviglie dell'arte tutte le volte che, al di là dei limiti del visibile e del comprensibile, abbiamo visto una luce e sentito vibrare il suono della sua potenza. Prendendo le mosse dalla ricerca di un divino immaginato e sperato, questo libro approda alle immagini concrete di come Dio si sia proposto nelle opere dell'uomo, in quelle forme architettoniche spesso perdute, malintese e dimenticate del santuario, del tempio, della sinagoga, della cattedrale, della moschea. Un percorso drammatico e intenso verso i luoghi dell'eterno a misura d'uomo.
Notre-Dame, una chiesa, ma anche il cuore di Parigi e un'icona che supera i confini della Francia. A un anno dal rogo che ha distrutto la Cattedrale e commosso il mondo, Franco Cardini ne fa la protagonista del suo nuovo libro: un'interprete solo apparentemente senza voce della storia d'Europa che ha assistito a molti grandi eventi nel corso dei secoli e può quindi raccontarci il Vecchio continente dal Medioevo a oggi. In una cavalcata affascinante l'autore parte dalle sponde della Senna per portarci a esplorare un miracolo della tecnica, un monumento polimorfo distrutto e ricostruito più volte, un'enciclopedia di simboli alchemici, un orologio solare, riscoprendo il romanzo omonimo di Victor Hugo, i grandi passaggi e protagonisti della storia (dalla Rivoluzione Francese a Napoleone e Hitler) ma anche noi stessi. Perché, benché più volte riprodotta e falsificata, Notre-Dame resta un simbolo unico capace di agire ancora nella storia europea.
"All'inizio ci sono i peregrini, i crucesignati diretti a Gerusalemme, che recano cucita o ricamata sulla spalla o sul petto, oppure sulla bisaccia, una croce. Iter e peregrinatio: la crociata nasce come pellegrinaggio armato diretto verso Gerusalemme. Ai tempi della prima crociata, l’intento di liberare dall’occupazione musulmana le terre in cui era nato Gesù si accompagnò certo a un grande fervore spirituale, ma vi furono anche altri fattori decisivi: la possibilità, per le repubbliche marinare, di conquistare il controllo di rotte e porti strategici; per il papato, l’occasione di aumentare il proprio prestigio a scapito dell’Impero; per i sovrani laici, la possibilità di convogliare nella crociata masse insofferenti e vassalli riottosi; il desiderio di avventura, molto sentito nella società feudale, e il richiamo delle ricchezze dell’Oriente. Un potente affresco che tesse, in un’unica narrazione, una storia lunga della crociata che giunge fino ai giorni nostri."
Il testo che viene qui presentato è lo scritto autobiografico di Guiberto di Nogent, abate vissuto in Francia tra l'xi e il xii secolo. Riveste un particolare interesse storico poiché costituisce una vera e propria miniera di notizie sui fatti di quell'epoca, di cui si sono avvalsi soprattutto storici come il Guizot, che lo incluse tra le fonti della sua monumentale raccolta in ben trenta volumi «pour servir à l'histoire de la France». "La mia vita" fu scritta in età avanzata, quando Guiberto aveva già compiuto sessantanni; è suddivisa in tre libri, redatti non di seguito ma in tempi successivi, per quanto ravvicinati: il primo nel 1114, gli altri due fra il 1115 e il 1116. Nel complesso potrebbe sembrare un'opera alquanto discontinua, mancante di un piano organico, ma ciò non toglie nulla al suo interesse; anzi, per l'autore questo andamento costituisce uno stimolo a presentare un'infinità di situazioni, eventi, personaggi, esperienze interiori ed esteriori in un quadro composito che, per esplicita e ripetuta dichiarazione, vuol essere «oggettivo». Un reperto che ci restituisce, come in un'istantanea, tutta la ricchezza e la varietà di un Medioevo nient'affatto «oscuro».
Un protagonista della storia cristiana, italica e mediterranea tra antichità e Medioevo; un fondatore della cultura medievale e uno dei «padri storici», insieme con Benedetto da Norcia, del monachesimo occidentale; un «classico» della letteratura latina di un'età difficile e complessa, che tuttavia a torto e semplicisticamente sono in troppi a definire «oscura». Calabrese di Squillace, di origine forse siriaca, Flavio Magno Aurelio Cassiodoro Senatore (490 ca.-583 ca.) ha attraversato con la sua lunga vita l'intero VI secolo, che nella pars Occidentis dell'Impero - privata del suo sovrano - si aprì con la coraggiosa e generosa proposta di convivenza goto-latina di Teodorico e si chiuse col grande e innovatore pontificato di Gregorio Magno. Politico e funzionario alla corte di Teodorico, profondamente impegnato nel lavoro di pubblico amministratore, Cassiodoro non si lasciò travolgere dal fallimento dell'esperienza di governo gota e dalla guerra «greco-gotica» che ne seguì. La sua esperienza di governo e la sua saggezza sono immortalate nella raccolta delle Variae, edita nel 537. Il centro monastico Vivarium, da lui fondato nella maturità presso la natia Squillace, rappresentò, assieme a Montecassino, un faro e un modello culturale da cui è sorto il Medioevo latino e quindi l'Europa.
Ambrogio è, con Gerolamo e Agostino, il fondatore della Chiesa latina emersa, dopo Costantino, dal buio e dal sangue dell'era delle persecuzioni, assurta poi, con Teodosio al rango di unica religione ammessa nell'Impero. Arrivato a Milano con un prestigioso incarico di governo - secondo la tradizione, elevato a furor di popolo alla cattedra episcopale - trasferì nella sua funzione di vescovo il santo orgoglio che gli derivava dall'appartenere alla più alta nobiltà dell'Urbe e impiantò con forza sul tronco dell'Impero, al posto della pax deorum che lo avrebbe eternamente protetto, la croce del Cristo. Fu inflessibile nel combattere eretici, ebrei e pagani; Impose che l'ara della vittoria fosse tolta dall'aula senatoria; umiliò perfino il grande Teodosio ricordandogli che anche l'imperatore era membro della Chiesa ma non aveva il diritto né di guidarla, né di controllarla. Senza il fondamento del suo pensiero, forse, mai si sarebbe sviluppata una teoria egemonica del papato sulla Chiesa. Leggendo di lui, a volte ci si domanda dove fosse quella carità sulla quale peraltro ha saputo scrivere pagine bellissime. La sua grandezza fu davvero sublime e tormentosa.
Questo saggio vuole ricondurre alla concretezza della storia il mito dei Templari, della loro genesi e del ruolo fondamentale e carismatico che ebbe nei confronti dell'Ordine del Tempio il santo, uomo di cultura e uomo politico che fu Bernardo di Chiaravalle. Per comprendere tutto questo in modo adeguato è necessario vedere e capire come è nata e in cosa all'inizio consistesse quella che noi, spesso genericamente, chiamiamo "cavalleria". Inoltre l'autore illustra il fenomeno del cosiddetto "templarismo", nato nel XVIII secolo che si è trascinato fino al giorno d'oggi sfociando nel Il Codice Da Vinci di Dan Brown.