«È vero, principe, che una volta avete detto che il mondo sarà salvato dalla bellezza?». È la celebre domanda che risuona nel romanzo "L'idiota" di Dostoevskij. Ma di quale bellezza si parla? Come è noto, lo scrittore russo si è alimentato alla Filocalia, dove i Padri monastici hanno insegnato che Dio è bellezza, e che questa ha assunto un volto e un nome in Gesù di Nazaret. Il mondo non si salva allora per un ideale e neppure per un'etica che per quanto alta quando entra nella storia affoga. No, solo in Cristo morto e risorto l'uomo torna a vivere. Di questo ne sono stati umili testimoni i monaci, i quali ci hanno lasciato la loro diuturna ricerca della Bellezza nei loro scritti, nelle regole di vita e persino nelle opere che hanno edificato. Il seguente volume ha voluto attingere a questa tradizione per l'uomo d'oggi che su mille strade sente ancora salire prepotente dal cuore l'interrogativo capitale: «Bellezza, dove sei?».
I Maestri del Talmud hanno sempre ricordato, sebbene sia caduto sovente nell’oblio, che il popolo ebraico non è il popolo del Libro ma il popolo che interpreta il Libro. E qui si evidenzia un dato importantissimo per ogni lettore delle Scritture: la parola di Dio va sempre interpretata. Di più, la Commissione Vaticana, nel documento sull’Interpretazione delle Scritture, ha ribadito significativamente che la lettura fondamentalista della Bibbia altro non è che un suicidio della ragione.
Ha scritto Serge Viderman: «Sappia il lettore che egli non è lo spettatore affascinato o tediato di una storia fatta altrove e con la quale non ha nulla da spartire. Sapendo che il testo gli parla di lui e della sua storia, gli apparirà immediatamente la pluralità dei significati possibili. Il lettore apprenderà che il testo gli reca, in un linguaggio cifrato che non potrà che essere decifrato da lui, il soffio notturno della sua vita più lontana, sepolta, indicibile»…
Quando ci si accosta alla parola di Dio e la si lascia risuonare in tutta la sua bellezza e forza si è anzitutto sorpresi per la sua attualità, per gli orizzonti che dischiude, per la prossimità di Dio a cui ci introduce.
Sandro CAROTTA (1962), monaco benedettino presso l’Abbazia di Praglia (PD) collabora con alcune riviste di spiritualità e presta il servizio della Parola a quanti frequentano il Monastero. Ha pubblicato: Il silenzio. Voci e volti nella Bibbia (2019); Il libro dell’Amore. Leggere il Cantico dei Cantici (2020); Il Qoelet. Attualità e provocazione (2021).
Libro agile che offre a credenti e non credenti una riflessione profonda a partire dalle principali domande che nascono dalla forza del desiderio e che aprono al mistero di Dio. La base di partenza è il Vangelo di Giovanni, un testo privilegiato per andare alla ricerca di Gesù e in cui trova anche eco quella domanda che da sempre Dio rivolge a ognuno di noi: «Adamo, dove sei?» (Gen 3,9).
«Ormai riconosco a occhi chiusi uno scritto di don Sandro: partenza sempre dal testo biblico, con ampi riferimenti agli originali in ebraico e in greco, poi via, verso un'attualizzazione ad ampi orizzonti sui grandi temi dell'uomo. Il tutto in brevi paragrafi, accessibili a tutti, con una ricchezza di citazioni che può all'inizio disorientare il lettore, ma in realtà lo attira dentro il testo e lo conduce a mettersi a sua volta in gioco, insieme all'autore. Perché il leggere è sempre un itinerario, un movimento che si compie anche restando fermi a tavolino: vuol dire riflettere, confrontarsi, interpretare, assumere un contenuto per la propria vita» (dalla Prefazione di Maria Manuela Cavrini, clarissa). L'autore ribalta l'usuale punto di vista della Bibbia sulla donna offrendo al lettore una ermeneutica del testo in cui la donna, troppe volte sempre e solo Eva, Maddalena o la Vergine Maria, si riscatta da sola in quanto figura viva, sostenuta da un approccio insolito e scomodo, perché contesta con lucidità e determinazione il potere e i soprusi del patriarcato. In questo saggio appassionato non smette mai di chiedere voce, stimolando riflessioni che travalicano l'ambito puramente religioso e teologico per parlare al sociale, al politico, all'umano.
«La Bibbia è una grande sala parto», ha affermato la rabbina francese Delphine Horvilleur. E, difatti, gran parte dei libri biblici sono generalmente racconti di «estrazione», in cui si tratta di uscire da una matrice per incamminarsi verso la piena consapevolezza della propria identità vocazionale. Così è anche per il Libro dell'Esodo, dove si narra non solo una liberazione dalla schiavitù ma una vera e propria nascita, quella di Israele, popolo reso capace di stringere Alleanza con Dio ai piedi del Sinai. Queste pagine vogliono aiutare il lettore a divenire pienamente se stesso. Solo la persona - ossia chi ha imparato a dire «io» - mette in movimento l'essere e impara a dire «tu». E così fiorisce la vita nelle sue mille iridescenze luminose. È questo il passaggio/esodo che una notte Gesù di Nazareth propose ad uno scettico Nicodemo. Rinascere dall'acqua e dallo Spirito è sempre possibile per tutti. Venire alla luce non è mai troppo tardi quando ci si lascia attrarre dall'Uomo esaltato sulla croce.
Il rischio dell'uomo moderno, assediato dal rumore, continuamente distratto dai messaggi sonori e visivi, derubato persino della sua interiorità, è quello della perdita della propria umanità. È urgente perciò recuperare il valore del silenzio, che fa parte della struttura stessa dell'uomo quanto la parola. Nel silenzio, l'uomo ritrova se stesso, la sua intima forza vitale, la postura del suo essere; ritrova il prossimo, con il quale instaurare rapporti di empatia e solidarietà; incontra Dio, nel quale scopre il senso autentico della sue opere e dei suoi giorni. In questo volumetto, quindi, l'autore compie una sorta di itinerario all'interno delle Scritture e cerca di portare in luce il tema del silenzio che le attraversa.
Con Abramo, Dio riprende la storia della salvezza dopo la tragica dispersione di Babele. Il primo grande patriarca diviene così l'archetipo dell'uomo chiamato a ritrovare se stesso. Ciò richiede però un lungo cammino, che porta anzitutto alla scoperta di sé, della propria identità vocazionale, di chi ci è prossimo e, non da ultimo, di Dio, nel quale si scopre il senso dei giorni e delle opere.Abramo, per ritrovarsi, dovrà lasciare la sua terra, i suoi beni e i suoi legami familiari; dovrà lasciare - in una parola - ogni sicurezza. Ma questa rinuncia aprirà per lui un cammino di fecondità insperata. Egli diverrà infatti una «benedizione» per tutte le genti. L'esodo proposto al patriarca è perciò un invito a crescere verso il compimento di sé secondo il disegno di Dio. Il cammino di Abramo - paradigmatico per ogni credente - diviene così la sfida che Dio ripropone continuamente a ogni uomo affinché divenga soggetto responsabile della propria storia.
Sant'Atanasio di Alessandria, vescovo e teologo, considerava il Salterio un «libro degli affetti», un testo che consente di riconoscere gli infiniti registri dell'anima. I salmi, infatti, sono lo specchio dei sentimenti: da un lato ci rivelano il nostro stato interiore, dall'altro i moti più negativi che richiedono risanamento e maturazione.«Il libro dei Salmi - secondo Atanasio - possiede una sua propria grazia meritevole di particolare attenzione; oltre a tutto quello in cui vi è comunione e relazione con gli altri libri, ha anche questo di meraviglioso, che riporta impressi e scritti in esso i moti di ciascuna anima e il modo con il quale essa cambia e si corregge».
Presentazione di Raniero Cantalamessa. Postfazione di Cristiana Dobner.