Le lettere di Bar Kokhba sono documenti storiografici di grandissimo interesse che in vario modo consentono una visione più chiara della vita, anche quotidiana, della Giudea dei primi due secoli dopo Cristo. Eccezionali questi scritti sono pure per risalire alla persona stessa del leader della seconda rivolta giudaica contro i romani, sorta e soffocata nel sangue nel breve volgere di tre anni (132-135 d.C.). Nel volume curato da Corrado Martone, specialista di Qumran, dopo un'introduzione storica nella quale vengono inquadrate le vicende che ebbero per protagonista Bar Kokhba e i suoi seguaci e in cui s'illustra la vitalità di questa figura nella tradizione giudaica antica fin nella società israeliana odierna, di ogni lettera si presentano il testo in lingua originale, la traduzione e un commento storico e linguistico. Due appendici completano il volume, una prima dedicata a un testo rinvenuto solo in anni recentissimi e in circostanze non chiare, anch'esso riconducibile al periodo della seconda rivolta, la seconda all'importanza che i testi qui raccolti hanno per la ricostruzione della storia del testo biblico.
L'archivio di Babatha - piccola possidente giudea vissuta agli inizi del II sec. d.C. - è costituito da documenti in greco, aramaico e nabateo. Al momento della scoperta nei primi anni 60 del secolo scorso, i documenti si trovavano nella borsa che Babatha aveva portato con sé in un antro del Deserto di Giuda, ove si era rifugiata e aveva trovato la morte nei torbidi connessi con la rivolta di Bar Kokhba (132-135 d.C.). Principalmente inerenti a transazioni economiche e alle vicende legate alla tutela del figlio Yehudah, i documenti consentono uno sguardo unico sulla vita della donna e sui conflitti della società in cui visse, travagliata da profonde trasformazioni giuridiche e amministrative, come anche sociali e culturali. Alla traduzione in italiano dei documenti dell'archivio e del contratto matrimoniale di Babatha, il volume affianca i testi originali in greco e aramaico, preceduti da un'introduzione approfondita in cui si presenta l'origine e il contesto della scoperta, lo stato degli studi, le caratteristiche dell'archivio e dei singoli documenti alla luce delle indagini.
Piramidi erette verso il cielo, tombe scavate nella profondità della terra, sarcofagi, mummie, libri dei morti e rituali funerari infiniti sono all'origine dell'idea che l'Egitto fosse il più prossimo dei portali di accesso al mondo dei morti. Dietro questo Egitto si nasconde una società di gente comune, che se non trovò spazio in discussioni teologiche e testi religiosi, d'altro canto viveva di cose concrete e quotidiane come possono essere il pane per mangiare o il denaro per vivere. E queste persone erano solite scrivere ai propri defunti per ottenere beni materiali, per questioni di denaro, di eredità, di furti, di malattie, tradimenti, salute, fecondità, ecc. In queste lettere non c'era nulla di solenne; erano lettere irriverenti che venivano deposte nelle tombe, riaperte di continuo a ogni nuova richiesta, e miravano a scuotere il defunto dal suo sonno eterno. Nell'antologia curata da Gianluca Miniaci, oltre a lettere di questo tipo sono raccolti e commentati altri testi che raccontano di fantasmi, di morti e di spiriti, di formule di protezione e metodi per respingere i fantasmi, e anche una storia "senza fantasmi" in cui l'anonimo autore, disilluso da un mondo ultraterreno che non si vede, s'interroga sulla reale prosecuzione della vita oltre la morte.
Le Esposizioni di Afraate sono uno dei testi più importanti della letteratura siriana. Composte tra il 336 e il 345 d.C., rappresentano la più antica opera datata prevenuta in questa lingua e forniscono un interessante e variegato panorama della chiesa in Persia nel IV secolo. L'autore appartiene a un particolare gruppo ecclesiale, tipico di questa regione, denominato "membri del patto" e composto da consacrati che vivono solitari o in piccole comunità, senza che per questo siano staccati dal resto della chiesa, ed è a questi che egli rivolge le sue esortazioni alla preghiera, al digiuno, alla perseveranza e alla carità. Tratto tipico dell'opera sono le frequenti citazioni sia dall'Antico sia Nuovo Testamento, a dimostrazione della formazione eminentemente biblica di un autore che d'altro canto non mostra il minimo interesse né per la filosofia greca né per le controversie cristologiche che travagliavano la sua epoca.
Il secondo volume, con cui l'opera è conclusa, comprende le esposizioni 11-23, dedicate, tra l'altro, alla circoncisione, alla Pasqua, al Sabato, al Messia, alla persecuzione, ecc.
Il volume si chiude con utili indici parziali