Spettri, mostri, cadaveri rianimati, oscure profezie. Il libro di Flegonte, per la prima volta tradotto in italiano dal greco, è un'appassionata narrazione delle leggende "horror" che, negli strati sotterranei della cultura razionalistica in apparenza dominante, popolavano la Roma imperiale. Un testo, quello di Flegonte, di interesse antropologico e letterario, che fa emergere molto efficacemente l'importanza degli oracoli e delle credenze popolari ai tempi dell'imperatore Adriano. Punto di massima concentrazione è il tema del ritorno dei defunti in carne e ossa nel mondo dei vivi, articolato in tre versioni diverse nelle storie principali del libro. Storie cosi affascinanti che verranno riprese da Flegonte, molti secoli dopo, e non senza fraintendimenti, nell'immaginario moderno e romantico. L'autore, un liberto greco alla corte di Roma, è stato più famoso ai suoi tempi per le "Olimpiadi", una cronologia degli antichi giochi sportivi con tutti i nomi dei vincitori nelle varie discipline, di cui però non rimangono che frammenti. Se il suo "Libro delle meraviglie", opera teoricamente minore, ha avuto maggior fortuna è perché ha saputo intercettare gusti e pulsioni dei suoi contemporanei e dei posteri, più e meglio di molti altri "libri di meraviglie" e di letteratura sensazionalistica che hanno popolato le storie della letteratura antica e medievale.
La recente scoperta di un manoscritto ha permesso di ricostruire in versione integrale quattro importanti scritti di Galeno, qui presentati in traduzione italiana corredata di un ampio commento. Il primo, "L'ordine dei miei libri", propone un percorso sistematico di lettura dei trattati galenici, ed è anche il primo organico "piano di studi" in medicina nella storia della scienza occidentale. Il secondo, "I miei libri", racconta le circostanze in cui vennero composte le opere di Galeno, presentando uno straordinario spaccato della vita intellettuale romana. Il terzo, "Le mie opinioni", è un testamento dottrinale: l'ultimo importante documento del grande pensiero filosofico-scientifico classico poco prima della sua crisi. Il quarto, "L'imperturbabilità", è una testimonianza inedita della catastrofe prodotta nel patrimonio librario romano dall'incendio del 192, e illustra la forza d'animo con cui Galeno affrontò gli enormi danni subiti in quel frangente.
«L'antica sapienza racchiusa nelle opere letterarie romane e greche, e parimenti i più illustri insegnamenti dei popoli antichi devono essere ritenuti quasi aurora annunziatrice del Vangelo, che il Figlio di Dio, “arbitro e maestro della grazia e della scienza, luce e guida del genere umano” ha annunciato su questa terra». Sono le parole dell’incipit della Veterum Sapientia, che invitano a guardare al passato, al depositum d’un patrimonio culturale davvero unico, con l’occhio di colui che vuol affrontare l’oggi ma con la ricchezza di tutto ciò che l’ha preceduto e con l’esperienza acquisita nel frattempo.
Il 50° della Veterum Sapientia (1962-2012) ha offerto un banco di prova per raccogliere il testimone ricevuto e per rilanciare l’attenzione sulla missio che i promotori della cultura classica sono chiamati a svolgere. Da qui l’articolazione degli studi in quattro sezioni: a) l’evento di una Costituzione; b) gli orizzonti interculturali sollecitati dalla lingua latina; c) le sfide nell’attualità; d) il ruolo dell’Accademia “Vivarium Novum”.
Quali prospettive possono scaturire da tutto questo percorso? Il convegno ha permesso di cogliere segnali incoraggianti: non sono poche le istituzioni
accademiche e gli agenti culturali che curano la promozione delle lingue classiche e la diffusione della cultura che in esse s’è espressa.
Tra i promotori della cultura classica emergono in particolare la Santa Sede e il Pontificium Institutum Altioris Latinitatis. La prima è l’unica istituzione al mondo che adopera il latino come lingua ufficiale per la pubblicazione dei suoi documenti. Attraverso la rete capillare delle sue strutture educative, può preparare operatori culturali in grado di conoscere, apprezzare e valorizzare la lingua latina. Per questo
ha dato vita all’Institutum cui compete la responsabilità di adempiere i compiti affidati dalla Veterum Sapientia, soprattutto in ordine alla formazione di professori competenti e appassionati delle lingue classiche e di specialisti che possano mettere le loro abilità nelle istituzioni ecclesiali che custodiscono il patrimonio culturale espresso in lingua latina.
La promozione del latino passa attraverso un’adeguata didattica delle lingue classiche. Anche in questo campo si scorge con nitidezza la diffusione del
cosiddetto “metodo natura”, che ha intelligentemente recuperato l’antica “via degli umanisti” attualizzandola con i risultati migliori della glottologia contemporanea.
Senza contrapposizioni con il metodo filologico affermatosi negli ultimi centocinquanta anni, le nuove metodologie potranno attirare un numero sempre crescente di discenti e abilitarli alla lettura personale e meditata del patrimonio espressosi in lingua latina.
Perché studiare il latino e il greco? La risposta è di fondamentale importanza: per poter leggere l’immenso patrimonio di testi che si è espresso in queste lingue ed entrare spiritualmente in dialogo con i cittadini d’una respublica litterarum che, nel caso del latino, ha adoperato questa lingua stupenda per meditare sulle questioni che stanno a cuore agli uomini d’ogni generazione e latitudine. Si tratta d’una
paideia che eleva e ingentilisce l’anima. E il mondo d’oggi ne ha bisogno perché il futuro delle prossime generazioni passa anche attraverso l’antica e sempre nuova humanitas.
I Greci non ebbero un libro sacro. Espressero la loro visione della vita attraverso il libero gioco dei miti, che circolavano oralmente in un intreccio di versioni spesso contraddittorie: un sistema solo in apparenza caotico, ma in realtà coerente e animato da inesauribile energia fantastica. Di ciò da conto questa antologia in due volumi: Guidorizzi ha infatti costruito un percorso strutturato attraverso i miti usando parole e racconti degli antichi. Ne risultano dei capitoli collegati tra loro che offrono una visione complessiva del mito e dei suoi valori culturali e religiosi.
Gli Acarnesi sono la prima commedia conservataci del giovane Aristofane, quando Atene è impegnata nel quinto anno di guerra contro Sparta. La commedia mostra già tutta la maestria compositiva e linguistica del grande comico. La traduzione rispecchia efficacemente la vivacità della scrittura aristofanea con il variare dei ritmi, i continui scarti stilistici, i giochi allusivi e manipolatori della lingua. L'introduzione e il commento accompagnano il lettore alla scoperta della complessa partitura drammaturgica che si rivela a un'attenta considerazione del testo.
Questo volume è uno dei risultati del progetto di ricerca "Commento storico alla Biblioteca di Diodoro", ideato da gruppi di ricerca attivi nel campo della storia antica appartenenti alle Università di Bologna, di Milano (Università Cattolica del Sacro Cuore), di Pavia e di Firenze e cofinanziato dal MIUR. Il progetto prevede di completare il commento complessivo della Biblioteca, compresi i libri frammentari, nel corso di alcuni anni. Benché lo storico-epitomatore siciliano abbia raccolto nella critica moderna il peggio, dal sarcasmo all'insulto, che si possa dire di uno storico e benché sia certo che egli non ha fatto molto per evitarlo, i suoi libri meritano ancora largamente di essere letti e studiati: ciò vale per i periodi storici per i quali Diodoro è di fatto la nostra unica fonte, ma anche per quelli meglio conosciuti, a proposito dei quali ci ha conservato preziose informazioni sia integrative sia alternative. L'appoggio di un commento che finora - con qualche eccezione notevole - è mancato costituisce uno strumento imprescindibile.