La scrittura frammentaria, rapida e, nello stesso tempo, incisiva di questi libretti di sala rispecchia fedelmente gli spettacoli di Paolo Poli, il cui teatro è fatto di parodie di romanzi o di commedie dell'Ottocento e del primo Novecento. Capace di suscitare ilarità con una grazia lontana dallo snobismo, dalla pubblicità e dalla moda, egli si muove tra i capisaldi della morale Liberty (la mamma, la guerra e il sentimento), fruga tra i romanzi d'appendice, per esempio le opere di Carolina Invernizio, e porta in scena La Vispa Teresa per criticare l'ottocentesco, selvaggio «consumo di virtù». Poli avanza con disinvoltura «nel magazzino del ciarpame di casa nostra» e in quello dei suoi ricordi personali: i dischi a settantotto giri, il fez da balilla, il cinema muto, il tip-tap, l'oratorio delle monache, il teatro dei burattini e il settimanale a fumetti per ragazzi. Il segreto del suo fascino, ha scritto Natalia Ginzburg, «è proprio nella maniera nobile, civile e intelligente con cui tocca, esamina ed esprime la volgarità rimanendone pienamente immune». Perché non siamo mai tanto comici come quando ci prendiamo molto sul serio.
Se fossimo in una favola, Paolo Poli sarebbe insieme Biancaneve e la strega, il lupo e Cappuccetto Rosso, l'orco e Pollicino. Un'esistenza consacrata a vivere gli opposti senza neppure provare a conciliarli, al doppio senso elevato a forma d'arte: tra canzonette e canzonacce, monologhi e duetti, balocchi e mossette, parrucche e scarpine, divise militari e frac. In "Sempre fiori, mai un fioraio", tra una passeggiata romana e una serie di pranzi - sempre nello stesso ristorante -, Paolo Poli racconta a Pino Strabioli e ai lettori, che quasi per magia diventano spettatori, i suoi ottant'anni da "regina" delle scene: dall'infanzia funestata dal fascismo e dai preti sino all'ultima calata di sipario.
Il volume comprende nove saggi che indagano incroci tematici e strutturali tra palcoscenico e racconto in ambito per lo più italiano, ovvero tra grandi cicli narrativi e riscontri degli stessi sulla scena. Si va dalla presenza e persistenza lungo i secoli della sottana del prete, della figura dell'ingenuo e del duello tra carta e ribalta. Si prosegue poi con prelievi nel territorio pirandelliano operati da Eduardo e Pasolini, quindi ritratti monografici sui due Levi, Primo e Carlo, e su Gadda, sempre nello scambio tra racconto e plot drammaturgico.
L'animazione teatrale è un'attività espressiva, ludica e cognitiva non solo propedeutica all'attività teatrale, ma anche alla corretta gestione da parte del bambino e del ragazzo del proprio corpo e delle sue espressioni, verso gli altri e nell'ambiente. A partire dalla loro lunga esperienza di ricercatori e di operatori "sul campo". Paolo Beneventi e David Conati hanno scritto a quattro mani una guida in cui spiegano come "fare animazione teatrale" costituisca un approccio globale al sapere e alla conoscenza, ricollegabile alle più recenti acquisizioni della psicologia dell'età evolutiva, in grado di rispondere a una serie di esigenze proprie dei bambini. In particolare, sottolineano il carattere non settoriale e specialistico di questa attività e la possibile e proficua "convivenza", nella pratica, del lavoro sul corpo con l'utilizzo della tecnologia: dalla televisione al computer, dai videogiochi a internet. Questa nuova edizione, ampliata e aggiornata dagli autori alla luce degli sviluppi culturali e tecnologici degli ultimi anni, affronta tematiche e approfondimenti inediti relativi all'animazione teatrale: dalle esperienze interculturali al ruolo del bambino "attore sociale", dalla presenza sempre più massiccia nella vita di tutti i giorni delle nuove tecnologie al modo in cui integrarle e condividerle nelle attività educative.
"Cosa mi attirava di Molière, nelle sue prime farse e soprattutto ne Il medico per forza? La figura del ciarlatano, i meccanismi del potere, un uomo che finge di essere ciò che non è e induce tutti gli altri a crederci. Poi ho aggiunto la realtà odierna del nostro Paese. [...] La satira di Molière mette bene in luce come il potere (che può essere anche nelle mani di un finto medico) non solo si approfitta del più debole, ma lo convince anche che si stia lavorando per lui, e bene!"
"Questo volume raccoglie le sceneggiature di tre film tra i più intensi e poetici di Pasolini: opere che al loro apparire suscitarono entusiasmi, discussioni e polemiche. Nel Vangelo secondo Matteo (1964) Pasolini esplora la figura sociale di Cristo e il rilievo storico del suo messaggio, dipingendo un Gesù più feroce contro i ricchi che contro i duri di cuore. Nell'Edipo re (1967), la tragedia di Sofocle viene riletta in una luce inedita: la vicenda del sovrano di Tebe segna l'imporsi dei tempi circolari della vita e del mito su quello lineare della storia. In Medea (1969) Pasolini rappresenta nuovamente il conflitto tra una visione religiosa e una visione illuminista e razionalista del mondo." (dalla prefazione di Morando Morandini)
Dal sommario: un teatro borghese (intervista a Luca Ronconi), il corpo del testo (intervista a Stanislas Nordey), cronologia (a cura di Nico Naldini), nota all'edizione. Teatro: da "La sua gloria", da "Edipo all'alba", "I Turcs tal Friul", appendice a "I Turcs tal Friul", da "I fanciulli e gli elfi", "La poesia o la gioia", "Un pesciolino", "Vivo e coscienza", "Italie magique", "Nel '46!", progetto di uno spettacolo sullo spettacolo, "Orgia", appendice a "Orgia", "Pilade", appendice a "Pilade", "Affabulazione", appendice a "Affabulazione", "Porcile", appendice a "Porcile", "Calderon", "Bestia da stile". Traduzioni: "Orestiade", appendice a "Orestiade", "Antigone", "Il vantone", appendice a "Il vantone", bibliografia.