La vicenda Moro costituisce un caso internazionale per eccellenza. Ancora da raccontare nei suoi risvolti più oscuri. Tra gli anni Sessanta e Settanta la politica estera morotea, soprattutto quella mediterranea, e il disgelo nella politica interna tra Dc e Pci rappresentarono un pericolo gravissimo per gli equilibri mondiali. Sulla base di documenti desecretati a Londra e a Washington (e delle recenti acquisizioni dell'ultima commissione d'inchiesta parlamentare sul caso Moro), Giovanni Fasanella dimostra che una parte delle amministrazioni Usa, con gli inglesi e la complicità a vari livelli e in fasi successive di Francia, Germania e Unione Sovietica insieme con Cecoslovacchia e Bulgaria, avevano interessi convergenti a fermare Moro. Come confermano anche le testimonianze di ambasciatori e politici dell'epoca riportate in questo libro. L'autore riesce a saldare testimonianze e documenti inediti, offrendoci una ricostruzione completa del contesto internazionale e delle complicità interne in cui maturò il delitto Moro.
Quando c'era Lui, il Duce, non solo i treni arrivavano in orario, ma si poteva lasciare aperta la porta di casa, perché l'ordine e la legalità erano così importanti da valere persino il sacrificio della libertà... L'immagine di un potere incorruttibile, costruita da una poderosa macchina propagandistica, ha alimentato fino a oggi il mito di un fascismo onesto e austero, votato alla pulizia morale contro il marciume delle decrepite istituzioni liberali. Ma le migliaia di carte custodite nei National Archives di Kew Gardens raccontano tutta un'altra storia: quella di un regime minato in profondità dalla corruzione e di gerarchi spregiudicati dediti a traffici di ogni genere. A Milano, Mario Giampaoli, segretario federale del Fascio, e il podestà Ernesto Belloni si arricchiscono con le mazzette degli industriali e con i lavori pubblici per il restauro della Galleria, coperti dall'amicizia col fratello di Mussolini. Il ras di Cremona Roberto Farinacci conquista posizioni sempre più importanti tramite una rete occulta di banchieri, criminali e spie. Lo squadrista fiorentino Amerigo Dumini tiene in scacco il governo con le carte sottratte a Giacomo Matteotti dopo averlo assassinato - che provano le tangenti pagate alle camicie nere dall'impresa petrolifera Sinclair Oil. Utilizzando i documenti della Segreteria Particolare di Mussolini e quelli britannici desecretati di recente, gli autori ricostruiscono l'intreccio perverso tra politica, finanza e criminalità nell'Italia del Ventennio.
Nella storia d'Italia, le zone oscure sono presenti fin dalle origini, dall'Unità. A fronte di un Risorgimento celebrato retoricamente dalla storiografia ufficiale, i documenti raccontano degli aiuti dati a Garibaldi dalla massoneria, del ruolo delle potenze straniere, della "guerra sporca" combattuta dall'esercito piemontese contro le popolazioni meridionali. Altrettante ombre si allungano sulla morte di Cavour, l'assassinio di Umberto I, le bombe del 1922 che spianarono la strada alle Camicie nere. Con i due volumi qui riuniti, "1861" e "Intrighi d'Italia", gli autori iniziano a demolire le leggende e le menzogne di Stato e a scrivere una cronistoria meno lacunosa e opaca.
L'Italia colonia dell'impero britannico. Ecco le prove della guerra senza quartiere condotta per tutto il Novecento dalla diplomazia di Sua Maestà per controllare l'opinione pubblica italiana in funzione degli interessi economici e politici inglesi. Una guerra segreta perché combattuta con mezzi non convenzionali tra nazioni amiche e, per una lunga fase della loro storia, persino alleate. Invisibile ma non meno dura delle altre. E nella quale la stampa, la radio, la televisione, l'industria editoriale e dello spettacolo hanno avuto un ruolo preponderante. Il libro di Cereghino e Fasanella lo dimostra, prove (inedite) alla mano: la loro ricostruzione si basa su documenti del governo, della diplomazia e dell'intelligence del Regno Unito, rapporti confidential, secret e top secret declassificati in tempi recenti e a disposizione di giornalisti e studiosi. Basta consultarli, e le scoperte non mancano. Come lo schedario annualmente aggiornato dei "clienti" italiani (almeno mille negli anni Settanta) utili alla causa inglese, che viene in parte presentato in Appendice. Ma, al di là dei nomi coinvolti, ciò che è importante è riconsiderare la storia recente italiana dalla parte degli inglesi, il cui ruolo è sempre stato ritenuto secondario rispetto agli americani. Un grosso sbaglio. Se questi ultimi agivano esclusivamente in funzione anticomunista, gli inglesi combattevano anche "contro" quegli italiani...
Il caso Moro continua a far parlare di sé perché ancora troppe verità sono state negate. Questo libro prova a offrire una pista inedita eppure ampiamente verificata attraverso le storie di personaggi in apparenza lontani, in realtà collegati dalla medesima catena di eventi. Seguendo la storia del direttore d'orchestra Igor Markevic e dei grandi personaggi del Novecento (Cocteau, Berenson, Nizinskij, Nabokov, Chaplin, Béjart, Ben-Gurion, Vlad), si intravede un filo rosso che dalla Parigi degli anni Trenta arriva dritto fino all'omicidio Moro, passando per salotti brulicanti di spie, diplomatici internazionali, avventurieri, regine della mondanità e regine vere, grandi massoni e banchieri, politici potenti e faccendieri. Francia, Stati Uniti, Unione Sovietica, Israele, Inghilterra, Spagna, e finalmente l'Italia, Firenze e Roma. Qui la storia di Markevic si incrocia con quella della famiglia Caetani e del loro palazzo. Qui è stato trovato il cadavere di Aldo Moro. Secondo Giovanni Pellegrino, presidente della Commissione stragi, e sulla base dell'indagine condotta dai due autori, proprio Markevic potrebbe essere l'intermediario delle trattative tra Brigate rosse e servizi segreti di vari paesi che avvennero in quei drammatici giorni per la liberazionedi Moro. L'autopsia rivelò che lo statista fu praticamente ucciso sul posto, perciò la sua ultima prigione doveva trovarsi a non più di cinquanta metri.
La letteratura sulla Grande guerra è così ampia che tutto sembra sia già stato scritto. Invece Giovanni Fasanella e Antonella Grippo, superando le secche delle ricostruzioni ufficiali e delle celebrazioni per il centenario, hanno scoperto nuovi, interessanti elementi avventurandosi su un fronte poco esplorato se non, addirittura, segreto: quello dell'intelligence civile, militare e diplomatica, che ha combattuto una "guerra nella guerra", inserendosi nel gioco geopolitico delle nazioni più potenti. Per la prima volta, in uno scontro militare è indispensabile conoscere il nemico e indirizzare l'opinione pubblica. Ecco perché, anche in Italia, nella delicata fase della neutralità, si sviluppano lo spionaggio e il controspionaggio, con la loro rete di agenti segreti, agenti d'influenza e infiltrati. Gli autori ricostruiscono alcune delle storie più interessanti della nostra intelligence, quelle degli irredentisti che lavorano clandestinamente per strappare il Trentino agli austriaci, degli ambasciatori di ingegno capaci di spostare gli equilibri politici, dei "corvi" del Vaticano che congiurano a favore degli imperi centrali. La loro inchiesta, basata su informative riservate, diari privati e memorie dei personaggi più o meno noti che si muovono sul palcoscenico, conduce il lettore nelle trincee e nei palazzi del potere, nei tribunali e negli uffici dove si studiano i cifrari. Una cronaca che fa riemergere gli episodi più oscuri e le pagine censurate della nostra Storia...
Questo libro apre uno squarcio importante nella storia del nostro paese e risponde a quesiti altrimenti indecifrabili che nemmeno le inchieste giudiziarie sono riuscite a chiarire del tutto. A cominciare dal delitto Matteotti (1924) per arrivare alla morte di Mattei (1962) e di Moro (1978). Ogni volta che gli italiani hanno provato a decidere del proprio destino, gli inglesi sono intervenuti. Ora i documenti desecretati, che i due autori hanno consultato negli archivi londinesi di Kew Gardens, lo dimostrano. Da quelle carte emerge con chiarezza che non è Washington a ordire piani eversivi per l'Italia, come si è sempre creduto, ma soprattutto Londra, che non vuol perdere il controllo delle rotte petrolifere e contrasta la politica filoaraba e terzomondista di Mattei, Gronchi, Moro e Fanfani. Il petrolio però non è il solo problema. Per gli inglesi anche i comunisti sono un'ossessione. Tanto da contrastarli con ogni mezzo. Persino arruolando schiere di giornalisti, intellettuali e politici per orientare l'opinione pubblica e il voto degli italiani. Finché si arriva al 1976, l'anno che apre al PCI le porte del governo. A Londra progettano un golpe. Ma l'ipotesi viene alla fine scartata a favore di un'altra "azione sovversiva". Si scatena così un'ondata terroristica che culmina nell'assassinio di Aldo Moro.
Non basta la verità giudiziaria. Nel mare di accuse e veleni che continuano a inquinare i processi in corso sulla trattativa Stato-mafia, con particolare riferimento alle morti di Falcone e Borsellino, e che hanno addirittura coinvolto indirettamente il presidente della Repubblica, è necessario provare a spostare il nostro angolo visuale e fare un passo indietro. La storia ci viene in aiuto per capire che cosa sta succedendo. La partita è troppo grossa perché possa rimanere nelle aule di un tribunale. In gioco è la Repubblica italiana, il nostro Stato. Entrambi nati con l'appoggio fondamentale della mafia. L'autore spiega come e perché. Dalla vittoriosa cavalcata di Garibaldi aiutato dai picciotti siciliani durante la spedizione del 1860 agli omicidi impuniti d'inizio secolo che contaminano il tessuto economico-finanziario, all'alleanza col fascismo che si limitò a contrastare la manovalanza armata. Poi il patto di sangue con gli angloamericani nel 1943 per indirizzare la pace, seguito dagli omicidi e dalle stragi del dopoguerra perché la sinistra non avesse il sopravvento al Sud, fino alle tragiche vicende oggetto degli attuali processi. Difficile ammetterlo, però è così: la mafia è stata una risorsa decisiva per lo Stato italiano sin dai suoi albori unitari offrendo appoggio anche militare a chi vigilava sul controllo "democratico" del paese e talora a chi sosteneva veri e propri disegni eversivi. La magistratura non ce la può fare da sola a spaccare questa crosta spessa di bugie e inganni...
Nel 1912 Giovanni Giolitti raccomandava "molta prudenza nell'aprire gli archivi del nostro Risorgimento", perché "non è bene sfatare leggende che sono belle". Comprensibile, forse, in un Paese ancora giovane e fragile. Purtroppo, per molti aspetti, il suo monito è stato preso alla lettera per un secolo intero e l'effetto si è esteso ben oltre i confini del racconto (epico) dell'Unità d'Italia. Così, pur con qualche virtuosa eccezione, la storiografia ufficiale e, per ricaduta, la divulgazione scolastica hanno spesso preferito accontentarsi di una versione edulcorata dei fatti, che nulla spiega di cosa sia poi diventato il nostro Paese. Eppure la dittatura dei poteri forti, il ricorso all'assassinio politico, gli usi impropri e deviati dei servizi segreti, la "trattativa" con la criminalità organizzata e altri vizi italici contemporanei hanno radici e precedenti proprio in quel pezzo del nostro passato. In questo libro gli autori hanno ricostruito alcuni fra i più interessanti misteri d'Italia, lungo un arco di sessant'anni dai giorni dell'Unità, attingendo a documenti inediti, atti giudiziari mai consultati dagli storici e preziosi archivi stranieri. Dalla "morte per salasso" di Cavour alle trame oscure dietro il regicidio di Umberto I, dall'avventura coloniale in Libia voluta dai poteri economici fino alla strage del teatro Diana a Milano, la storia d'Italia rivive in un succedersi di eventi che hanno proiettato le loro ombre inquietanti fino a oggi.
L'indicibile della storia italiana. La domanda di fondo è: perché l'Italia dal 1969 è stata funestata dal terrorismo e dalla violenza politica con centinaia di morti e migliaia di feriti? Perché solo nel nostro paese? Tutte le inchieste giudiziarie hanno dato finora molta importanza al ruolo dei servizi segreti deviati, della P2, della Cia. Risultato: nessuna verità giudiziaria, nessuna verità storica. Rosario Priore, il magistrato che si è occupato di eversione nera e rossa, di Autonomia operaia, del caso Moro, di Ustica, dell'attentato a Giovanni Paolo II, qui prova a rispondere cambiando completamente scenario. E strumenti di analisi. Grazie ad anni di ricerche, testimonianze, prove, carte private, incontri con ex terroristi, agenti segreti e uomini politici anche stranieri, Priore ricostruisce uno scenario internazionale inedito per spiegare il terrorismo e la strategia della tensione in Italia, testimoniando la verità che finora nessuno ha potuto certificare attraverso le sentenze. Colpita la manovalanza (e non sempre), la giustizia si è infatti dovuta fermare senza arrivare a scoprire il livello più alto dei responsabili. Siamo stati in guerra, senza saperlo. L'egemonia del Mediterraneo, il controllo delle fonti energetiche ci hanno messo in rotta di collisione con l'asse franco-inglese che non ha mai sopportato il nostro rapporto privilegiato con la Libia. Ecco chi era il terzo giocatore dopo Urss e Stati Uniti.
Aspetta un nuovo duce.
Ha leggi ferree. Dilaga nelle
periferie urbane, nei centri
sociali, nelle curve degli stadi,
nel web e nei gruppi
studenteschi. Tra miti lontani
e nemici vicini, l’urlo della
destra xenofoba e razzista.
“È nel sonno della pubblica coscienza che maturano le dittature.”
Alexis de Tocqueville
Ogni tanto, sull’onda di un episodio di violenza, si torna a parlarne. La destra della destra, che non ha mai tagliato i legami con il passato nazifascista, è in continua espansione. Mentre l’ala istituzionale s’incamminava verso posizioni liberal-democratiche, una frangia multiforme ha proseguito senza deviare. E se negli stadi le teste rasate continuano a punteggiare le tifoserie, per le strade delle nostre città gli skinheads ostentano croci celtiche, svastiche e macabri simboli fin troppo eloquenti. Respingono il diverso. Minacciano. Picchiano. Talvolta uccidono. Una massa sommersa che lavora sul campo, insidia i capisaldi storici della sinistra, ne infiltra gli spazi vitali. E si organizza militarmente per combattere una nuova guerra civile, etnica e razziale. In tutto il mondo.
L’orda nera racconta le nuove sigle, i luoghi, gli idoli, i riti, la storia e i miti di un movimento complesso, che conosce il web e cavalca il rock, che professa il rifiuto della globalizzazione, del cosmopolitismo, della contaminazione. In nome di una identità da affermare sopra tutto, da difendere a ogni costo. Per cui morire.
Perché un imprenditore con strapotere mediatico come Silvio Berlusconi è arrivato alla guida di una nazione democratica? Perché l'Italia è l'unico Paese dell'occidente dove i contrapposti schieramenti politici si considerano nemici? Giovanni Pellegrino risponde a queste domande, indagando le zone d'ombra della nostra storia repubblicana. La storia inquietante di una guerra civile mai conclusa: tra fascisti e antifascisti prima, comunisti e anticomunisti poi; e ancora, in tempi recenti, tra garantisti e giustizialisti, berlusconiani e antiberlusconiani. Una frattura che di fatto ha generato due Italie e dato luogo a frange di ottuso estremismo.