"Ho visto il male e ho cercato di trovarne le cause". Così scrive Rousseau a Charles Bordes riferendosi al suo Discorso sulle scienze e sulle arti. In questa ricerca, che prende le distanze dal dogma cristiano così come da tutti gli altri precedenti tentativi di risolvere il problema, Rousseau ha impegnato l'intera sua riflessione e si può dire, senza esagerare, che intorno a essa si dispone, come un filo rosso, tutta la biografia intellettuale del ginevrino. Non solo la filosofia ne viene coinvolta, ma l'esistenza stessa di Jean-Jacques, e stanno a dimostrarlo gli scritti autobiografici, dalle Confessioni ai Dialoghi alle Fantasticherie del camminatore solitario.
Questo libro cerca di seguire, nell'intero arco della produzione di Rousseau, il dipanarsi di un tema sul quale nel Settecenti si è intessuto un fitto e articolato confronto, che ha trovato un importante punto di condensazione in occasione del terremoto di Lisbona, tragicamente abbattutosi sulla città il giorni di Ognissanti del 1755. Da tale confronto provengono interrogativi che ancora provocano e stimolano non solo la filosofia, ma chiunque abbia interesse a chiarificare il senso ultimo della sua esistenza.
Come ragione e fede debbono convivere nell'esperienza religiosa del cristiano? Come possono cooperare in quell'essenziale compito che consiste nell'incarnazione della Parola entro la vicenda storica, che è costituita non solo dai grandi eventi, ma anche dalla quotidianità, dai gesti, dalle decisioni, dalla testimonianza di ogni giorno? Come può attuarsi oggi la fatica della mediazione tra fede e storia di fronte alle questioni scottanti della crisi della democrazia, della globalizzazione, della convivenza di culture e fedi diverse nell'ambito di una società che è stata definita "multiculturale"? Quali lo spazio e quali i limiti della tolleranza, quale il rapporto tra Stato e mercato in una dinamica dell'economia che non può più essere contenuta nell'ambito dei confini nazionali? Quale significato è attualmente possibile conferire a termini come "vocazione", "responsabilità", "testimonianza"?
Sono questi alcuni degli interrogativi che questo libro affronta, invitando alla riflessione e al confronto tra quanti sono intenzionati a ricercare una forma giusta di coabitazione, sia nel nostro Paese, sia in quel
complesso e pluralistico luogo che è diventato il mondo.
Come si possono conciliare, da una parte, l'insegnamento delle tre religioni monoteistiche secondo cui il mondo ha avuto origine da un libero atto creativo di Dio e la serie degli istanti che compongono il tempo cosmico possiede un inizio assoluto e, dall'altra parte, il messaggio di Aristotele che vede il mondo come eterno e il tempo cosmico come infinito? Questa domanda si è posta nel momento in cui il corpus arisotelicum è penetrato nelle tre comunità religiose e ne è stata riconosciuta la radicalità teoretica. Questo libro esamina le diverse risposte fornite, in campo ebraico e cristiano, alla domanda relativa al grado di conciliabilità del messaggio cosmologico aristotelico con le istanze dei testi religiosi.