Nei saggi raccolti in questo volume, Jürgen Habermas indica la via di una cultura che superi la polarizzazione inconciliabile tra laicità e religione per il tramite di un accertamento riflessivo dei confini, sia della fede sia della scienza. La convivenza, nella tolleranza e a parità di diritti, di comunità religiose inconciliabili nelle loro visioni del mondo, e di queste con la comunità dei non credenti, è possibile solo se tutti i membri della collettività sono disposti a considerarsi reciprocamente liberi ed eguali nella loro cittadinanza politica.
Se il pensiero filosofico contemporaneo ha decretato la morte della metafisica, è ancora possibile un discorso etico? Due secoli dopo la "Fondazione della metafisica dei costumi" di Kant, Habermas riflette sulla ragione pratica in vista di quella che potremmo definire la 'fondazione post-metafisica dei costumi'.
Gli ultimi decenni hanno visto sorgere un tema completamente nuovo: le società europee già ampiamente secolarizzate si sono trovate di fronte alla rinnovata vitalità di movimenti e fondamentalismi di natura religiosa. Per la filosofia ciò comporta una sfida doppia. Come teoria politica normativa, la filosofia deve rivedere quell'idea di stato secolarizzato che voleva espellere dalla sfera pubblica politica le comunità religiose, confinandole nel privato. Come "custode della razionalità", non può non chiedersi cosa significhi il fatto che nel cuore delle società moderne rifioriscano - quali produttive figure dello spirito - confessioni e dottrine religiose già radicate in arcaiche pratiche di culto. La sorprendente contemporaneità della religione sfida la cultura laica: fin dall'illuminismo la filosofia si era schierata dalla parte delle scienze, e aveva finito o per trattare la religione come un oggetto oscuro e bisognoso di spiegazione o per "razionalizzarla". Dobbiamo allora chiederci: come deve comportarsi una filosofia che si vede venire incontro la religione non più come una figura del passato, ma come una - sempre opaca, ma per il momento di nuovo attuale - figura del presente?
L'Unione economica e monetaria è stata disegnata secondo le concezioni ordoliberali del patto di stabilità e progresso. È stata pensata come l'elemento portante di una costituzione economica che avrebbe dovuto stimolare, oltrepassando le frontiere nazionali, la libera concorrenza degli attori del mercato e organizzare regole vincolanti per tutti gli Stati membri, neutralizzando le differenze di competitività esistenti nelle varie economie. Sennonché l'ipotesi che bastasse una libera e regolata concorrenza per raggiungere un benessere egualmente distribuito si è rivelata presto sbagliata. Disattese le condizioni ottimali per una moneta unica, le diseguaglianze strutturali delle varie economie nazionali hanno finito per aggravarsi; e continueranno ancora ad aggravarsi, finché la politica europea non la farà finita con il principio per cui ogni Stato nazionale deve decidere sovranamente da solo, senza guardare agli altri Stati associati.
"Vorrei richiamare l'attenzione su alcuni aspetti di quella sostanza normativa della democrazia che dobbiamo oggi difendere dalle tendenze che vorrebbero trasformarla in una semplice maschera costituzionale dei meccanismi di mercato. Si tratta infatti di capire che cosa noi vogliamo salvare e recuperare nella costellazione posnazionale di una società mondiale in via di formazione." (dalla prefazione di Jurgen Habermas). Una delle opere principali del grande filosofo tedesco, una grande sintesi sul rapporto tra etica, morale e diritto.