È un Levi-Strauss innamorato profondamente della civiltà giapponese quello che i lettori ritrovano in questo volume che raccoglie testi scritti tra il 1979 e il 2001. Molto sappiamo delle antiche civiltà egizia, greca e romana ma ancora pochissimo delle tradizioni e i costumi delle popolazioni delle isole nipponiche. Levi-Strauss ci mostra come il Giappone sia stato e sia un ponte culturale tra l'Europa e l'area del Pacifico, conducendoci attraverso fatti storici, miti e abitudini di una terra lontana.
Le due conferenze inedite riunite in questo libro danno testimonianza della parola pubblica del più celebre antropologo francese e ci consentono di valutare il posto che il pensiero di Montaigne occupa nel percorso intellettuale di Lévi-Strauss, offrendo una visione nuova dell’opera dell’antropologo.
Nel 1937 Lévi-Strauss è a Parigi e dà una conferenza stupefacente: collocandosi sotto l’egida di Montaigne, proclama il carattere rivoluzionario dell’antropologia. Ma questa conferenza è importante anche per un altro motivo: attesta l’esistenza, finora sconosciuta, di un momento diffusionista nella riflessione del grande antropologo.
Nel 1992, in uno dei suoi ultimi interventi pubblici, Lévi-Strauss torna a parlare della sua ammirazione per Montaigne e ci lascia intravvedere l’aspetto che, ai suoi occhi, connette Montaigne a Rousseau.
"Ho cercato la mia strada molto a lungo. In etnologia sono un completo autodidatta. Una prima rivelazione l'ho avuta per ragioni inconfessabili: smania d'evasione, desiderio di viaggiare." Queste parole di Claude Lévi-Strauss riassumono il senso di "Tristi Tropici", resoconto delle spedizioni compiute dall'autore nel Mato Grosso e nella foresta amazzonica. Quando Lévi-Strauss, nel 1934, arrivò a Sào Paulo per ricoprire la cattedra di sociologia all'università, il suo interesse per l'antropologia era ancora una passione non concretizzata. Una volta giunto in Brasile, la curiosità per le culture indigene e il desiderio di visitare un paese in gran parte inesplorato lo spinsero a organizzare una serie di ricerche "sul campo". Entrò così in contatto con le tribù autoctone, potè conoscerne direttamente le usanze e la vita quotidiana. Di ritorno da quel lungo viaggio, Lévi-Strauss lasciò calare il silenzio su quell'esperienza: non una parola che ricordasse le difficoltà, i rischi che gli incontri con civiltà indigene gli avevano procurato. Quindici anni più tardi, decise di raccontare ciò che aveva visto e vissuto. E nel 1955 uscì questo saggio, che cambiò per sempre i destini dell'antropologia ma che è soprattutto un racconto vivo dove si intrecciano descrizioni degli uomini e della natura, aneddoti, considerazioni filosofiche e narrazione dell'avventura quotidiana del ricercatore.
Strutturalismo ed ecologia, Razza e cultura, Le lezioni della linguistica, Pitagora in America, Riflessioni sulla libertà: basta scorrere i titoli dei saggi contenuti in questa raccolta per apprezzare la varietà di spunti e contenuti. Una raccolta di testi critici la cui unità consiste, più che nei temi trattati, nel metodo d'indagine: «lo sguardo da lontano» è, infatti, per Lévi-Strauss «ciò in cui consiste l'essenza e l'originalità dell'approccio etnologico». Un testo fondamentale dell'etnoantropologia, ma anche un lucido esempio di una mente sempre aperta e libera, di chi «trova sempre un'angolazione nuova per raggiungere l'essenza di ogni concetto e di ogni problema».
Le "Lezioni giapponesi", tenute da Lévi-Strauss nel 1986, sono dedicate all'antropologia di fronte ai problemi del mondo moderno. Il testo, inedito nell'originale francese, conosce la sua prima edizione in lingua occidentale. Dalla lettura di queste pagine emerge un Lévi-Strauss in presa diretta con alcuni dei problemi fondamentali del nostro tempo, esaminati con lo spirito dell'antropologo che sa di essere un uomo di cultura di formazione occidentale a confronto con la cultura e la storia di un Oriente geograficamente e spiritualmente estremo, come quello nipponico. Il libro dispiega sinteticamente la portata complessiva degli esiti principali delle ricerche condotte da Lévi-Strauss: esiti che qui incontrano la prova dell'attualità, oltre che - come nella migliore tradizione antropologica - la prova dell'alterità radicale di usi, pratiche, credenze, lo sguardo da lontano trovando di che spaziare da un meridiano culturale all'altro: dall'Occidente all'Asia orientale. Prefazione di Salvatore Abbruzzese.
Omaggio al grandissimo antropologo che il 28 novembre 2008 ha compiuto cent'anni, quest'intervista, raccolta dagli scrittori Silvia Ronchey e Giuseppe Scaraffia, tocca tutti i suoi temi che sono anche i temi del nostro tempo: estetica, letteratura, clonazione umana, razzismo, la famiglia nella società contemporanea... Intense sono le pagine dedicate ad argomenti più intimi: al senso del sacro, alla morte e, non ultima, all'amata scimmietta Lucinda.
"La nostra scienza è giunta alla maturità il giorno in cui l'uomo occidentale ha cominciato a rendersi conto che non avrebbe mai capito se stesso, finché sulla faccia della terra, una sola razza, o un solo popolo, fosse stato da lui trattato come oggetto. Solo allora l'antropologia ha potuto affermarsi per quello che è: un'impresa, che rinnova ed espia il Rinascimento, per estendere l'umanesimo a guisa dell'umanità. Permetterete dunque, che le mie ultime parole siano per quei selvaggi, la cui oscura tenacia ci offre ancora modo di assegnare ai fatti umani le loro vere dimensioni: quegli Indiani dei tropici, e i loro simili sparsi per il mondo, che mi hanno insegnato il loro povero sapere in cui consiste, tuttavia, l'essenziale delle conoscenze che voi mi avete incaricato di trasmettere ad altri; e verso i quali ho contratto un debito di cui non mi sentirei liberato nemmeno se, al posto in cui mi avete messo, potessi giustificare la tenerezza che mi ispirano, e la riconoscenza che ho per loro, continuando a mostrarmi quale fui fra loro, e quale, fra voi, vorrei non cessare di essere: loro allievo, e loro testimone."
Per Claude Lévi-Strauss, le qualità sensibili - crudo e cotto, fresco e putrido, bagnato e bruciato - possiedono, al pari del linguaggio, una logica, linee di sviluppo e regole. Sono segni che costituiscono sistemi simbolici e rivelano la struttura di una società. Così, partendo dallo studio di un mito indigeno del Brasile, l'autore individua nel fuoco un elemento di mediazione fra uomo e natura, fino a stabilire un'equazione fra "cotto" e "socializzato". Questo metodo di analisi trova nella musica il suo esempio migliore: i miti, infatti, vengono trattati in sequenza e nelle loro relazioni reciproche come i movimenti di una sinfonia.
Alcuni dei temi affrontati in questo libro: il rapporto tra natura e cultura, il problema dell'incesto, lo scambio ristretto e quello generalizzato, le regole sociali, endogamia, esogamia, poligamia, il principio di reciprocità, l'organizzazione dualistica della vita sociale, il bambino e il primitivo, il matrimonio e la filiazione, patrilinearità e matrilinearità, i matrimoni tra cugini, prossimità biologica e sociale, lo scambio matrimoniale, gli esempi australiano, cinese, indiano, le strutture complesse e il matrimonio moderno.
Fin dai primissimi anni Cinquanta, Claude Lévi Strauss levò la sua voce nel nascente dibattito sul problema del razzismo. Lo fece con "Razza e storia" dove attribuiva al carattere etnocentrico proprio della civiltà occidentale la responsabilità della nascita delle teorie naziste. A suo parere era essenziale rifiutare l'idea del primato dell'Occidente. Queste riflessioni furono sviluppate e corrette nell'intervento, datato 1971, dal titolo "Razza e cultura". I due scritti sono stati raccolti in questo volume e stupiscono per la tragica attualità di quanto denunciano. In appendice viene presentata l'intervista rilasciata da Lévi Strauss nel giugno 2000 a Marcello Massenzio.
Quando certe abitudini secolari crollano, quando certi tipi di vita scompaiono, quando certe vecchie solidarietà rovinano, certamente capita con frequenza che si produca una crisi di identità. Lévi-Strauss pone l'esigenza di trattare la questione interrogandosi, da una parte, sul modo in cui, in seno alla nostra civiltà, discipline diverse formulano e tentano di risolvere il problema dell'identità, attraverso l'analisi di quel che ciascuna disciplina intende con "identità". Dall'altra confrontando con queste concezioni dell'identià quelle che alcune società esotiche si costruiscono. Risulta evidente come, a dispetto della lontananza spaziale e della diversità dei contenuti culturali, nessuna società considera come acquisita un'identità sostanziale.